Attualità

PROCREAZIONE ASSISTITA. Sempre più labile la tutela dell’embrione

Paolo Guiducci lunedì 10 maggio 2010
L’orizzonte della medicina riproduttiva, già di per sé tutt’altro che sereno, un anno dopo la sentenza della Consulta (n.151/2009) che ha giudicato parzialmente incostituzionali i commi 2 e 3 dell’articolo 14 della legge 40, appare oggi ancora più increspato. E nell’applicazione della legge 40 così modificata sono già evidenti ulteriori segni di confusione: anziché tutelare il bilanciamento tra la madre e il neoconcepito embrione, il destino di quest’ultimo è sempre più opinabile «caso per caso» secondo il giudizio del medico. È uno dei «risultati» emersi durante il 2° Congresso unificato delle otto società scientifiche italiane di medicina della riproduzione che si è concluso ieri a Riccione. La Consulta ha cancellato l’obbligo di creare al massimo tre embrioni, e di trasferirli in utero tutti in una volta, decretando «l’autonomia e responsabilità del medico nello stabilire il numero necessario di embrioni da impiantare – ha ricordato Filippo Ubaldi, responsabile del centro G.en.e.r.a. – e il ricorso al congelamento di quegli embrioni prodotti ma non impiantati per scelta medica». Quando il medico valuta che è meglio impiantare un embrione alla volta, che fine fanno gli altri embrioni prodotti, soprattutto nel caso in cui già il primo impianto si risolva in una gravidanza? Secondo quanto è emerso dal questionario riguardo alle strategie dei Centri sulla procreazione medicalmente assistita (Pma), presentato durante il convegno, 39 centri hanno iniziato a congelare ovociti dopo la sentenza, mentre 14 non congelano. Al questionario hanno risposto 128 centri sui 196 contattati «ma senza completare del tutto le schede» ha rilevato Paola Anserini (Ospedale S. Martino di Genova). «Riscontriamo nei pazienti una forte preoccupazione sul futuro degli embrioni in soprannumero, il futuro degli embrioni congelati» ha ammesso Andrea Borini (Tecnobios di Bologna). Per quanto riguarda i risultati della Pma dopo la sentenza, il 50% dei centri dichiara un miglioramento, mentre per il 29,2% sono rimasti invariati e il 20,8% non esprime giudizio, perché non ritiene di aver dati comparativi significativi. Sul tasso di gravidanze multiple, il 40% circa dei centri afferma che è invariato, il 26,6% non è ancora in grado di valutare gli effetti e solo il 26,6% afferma che è diminuito. «Se la riduzione del tasso di gravidanze multiple doveva essere uno dei fattori positivi della modifica della legge, mi pare che ciò non si sia verificato» fa notare Eleonora Porcu, responsabile del Centro di fecondazione del Policlinico Sant’Orsola di Bologna. E durante il convegno è emerso che anche gli orientamenti dei centri sul numero degli ovociti da inseminare sono tutt’altro che univoci.Fanno discutere anche i risultati di uno studio realizzato da tre centri di medicina della riproduzione: Humanitas di Milano, Tecnobios procreazione di Bologna e G.en.e.r.a. di Roma. Il gruppo di studio ha valutato 6.976 cicli di trattamento per fecondazione in vitro. Secondo Filippo Ubaldi si è osservato «un aumento di gravidanze riproduttive passando dal 20,2 al 22,2% e una riduzione degli aborti, dal 24,1 al 20,4%». Tradotto in numeri, sempre secondo Ubaldi, «dopo la sentenza 151 sarebbe possibile una gravidanza in più ogni 52 trattamenti». Poiché in Italia si eseguono circa 40mila trattamenti l’anno, «si ha un aumento – è la teoria di Ubaldi – di più di 700 bambini ogni anno». Un risultato scientificamente quantomeno dubbio, ottenuto proiettando in maniera impropria i numeri di soli tre centri sul resto delle cliniche italiane (circa 200, dei quali il 48,4% privati, il 40% pubblici, i restanti convenzionati), che in materia di Pma si comportano in maniera molto differente. Anche sul numero delle gravidanze c’è qualche riserbo: l’aumento dal 20,2% al 22,% è una variazione statistica davvero significativa? «E qual è il prezzo da pagare? – si chiede Enrico Masini, responsabile servizio maternità difficile della Associazione Papa Giovanni XXIII –. La legge garantisce l’embrione, ma la diagnosi preimpianto finalizzata a selezionare l’embrione migliore da impiantare, porta come conseguenza il congelamento e l’abbandono, quando non direttamente l’eliminazione, degli embrioni scartati».