Attualità

NON PROFIT E FISCO. «Se arriva l’Imu chiudiamo i battenti»

Francesco Dal Mas lunedì 19 novembre 2012
In questi giorni di ritardata 'estate di San Martino', ai piedi dell’altopiano del Cansi­glio, l’inverno non fa paura. I 97 bambini della scuola d’infanzia ed i 18 dell’asilo nido di Cappella Maggiore giocano in una tavolozza di colori, quelli più tipici dell’autunno delle colli­ne trevigiane. Ma don Giulio Fabris, presidente della scuola, trema per altri rigori: quelli l’Imu, in particolare, che potrebbero tradursi in una doccia gelata di ben 22.500 euro. L’Imu, insie­me ad altri tributi, caricherebbe su ogni bam­bino un supplemento di 300 euro. Dovrebbero pagare le famiglie, ma la parrocchia non inten­de scaricare su loro questo nuovo e, per ora. e­ventuale, onere. E allora? «Speriamo nel gover­no », risponde don Giulio. E con lui anche Gian­carlo Frare, della Fism trevigiana.Il rischio di chiusura? È uno spettro che non vogliono nem­meno considerare. La scuola paritaria dell’in­fanzia è quella della parrocchia di Santa Maria Maddalena, a Cappella Maggiore, una delle più importanti della provincia di Treviso. L’ultimo bilancio, quello del 2011, è stato chiuso con 329.784 euro di uscite, 322.397 euro di entrate, una perdita d’esercizio di 7.386 euro. Le spese annoverano 248.312 euro per il personale (di cui 181.692 di retribuzioni, il resto di contribu­ti e Tfr), 7.820 per consulenze, collaborazioni, prestazioni didattiche (specificamente 4.755), escursioni e gite scolastiche (1.155). E inoltre 16.25 euro per l’acquisto di generi alimentari per i bambini, 2.243 euro per materiale didatti­co, 4.242 per materiali di consumo, di cui 1.037 di pulizia. E ancora: 12.316 euro di combustibile, 57 di me­dicinali. Come in ogni edificio che si rispetti, ci vogliono le manutenzioni. Ed ecco 5.002 euro di riparazioni. L’amministrazione impone spe­se per 13.630 euro, di cui 7.997 di prestazioni Ced, 1.059 per convegni e corsi di aggiorna­mento, ed altro ancora. C’è poi da pagare il telefono (662 euro), il cano­ne Internet (104), le spese postali (195), la can­celleria (360), i libri e i giornali (134). E come di­menticare il servizio di derattizzazione? Ben 379 euro. Gli oneri finanziari e tributari ammonta­no a 10.576 euro. E, infine, il capitolo delle im­poste, tasse e diritti camerali: 8 euro di Tosap, 141 di accantonamento Irap, 153 di imposta di bollo. Per ammortamenti la scuola impegna 4.382 euro. In totale, dunque, 329.784 euro. Tan­te uscite, quante entrate? Purtroppo no. I 'rica­vi' – anche se è improprio chiamarli così nel ca­so specifico – sono pari a 322.397 euro. La cifra più consistente (173.552 euro) è quella rappre­sentata dalle rette. I contributi ammontano a 143.214 euro, di cui 41.803 dal Ministero della pubblica istruzione, 26.433 dalla Regione, 74.977 dal Comune di Cappella Maggiore. I proventi straordinari, offerte comprese, si limitano a 5 mila euro. La perdita, dunque, è di 7.386 euro. L’anno scor­so è stata mitigata da un contributo straordi­nario della parrocchia di 5 mila euro. Senza que­sto 'aiutino' il disavanzo complessivo sarebbe stato di 12 mila euro. E se arrivasse l’Imu? La sti­ma sugli immobili della scuola e del nido pre­vederebbe un aggravio di circa 22.500 euro, qua­lora il Governo e il Parlamento non predispon­gano una normativa che escluda gli edifici adi­biti a scuola pubblica paritaria da tale imposta.Questa imposta, se dovesse essere applicata, comporterebbe un ulteriore appesantimento di bilancio per le scuole paritarie che, nel cor­so del 2012, hanno già registrato l’aumento del­le retribuzioni del personale in forza dell’ac­cordo ponte sul Contratto nazionale scaduto. Contratto, si badi, che nel 2013 dovrà essere ri­negoziato con i rappresentanti sindacali e com­porterà ulteriori incrementi salariali. «Per la scuola paritaria di Cappella Maggiore quindi – precisa Giancarlo Frare – si prevederebbe un ri­sultato negativo di 34.886 (12.386 + 22.500) eu­ro pari a 300 euro a bambino, che la parrocchia, come si diceva, non vorrebbe scaricare sui ge­nitori, già costretti a pagare un contributo per mandare i propri figli alla scuola paritaria. E questo perché le famiglie con maggiori diffi­coltà non sarebbero più in grado di pagare e si finirebbe per perdere la caratteristica origina­ria e fondativa delle nostre scuole materne pa­ritarie che da sempre accolgono tutti i bambi­ni. La maggior parte, in questi anni, si sono ri­trovate nella stessa situazione di quella di Cap­pella Maggiore. Bilanci in rosso più o meno profondo, ma nessuna voglia di mollare. A me­no di tasse davvero insostenibili come l’Imu».Per quanto riguarda poi l’Irap, le nostre asso­ciazioni – come informa Michele Dimiddio del­l’Agesc – stanno richiedendo da tempo alla Re­gione di non applicarla all’attività educativa sen­za scopo di lucro, ma la richiesta continua ad es­sere disattesa. Tale imposta assorbe circa un quarto del contributo che la Regione stessa (be­neficiaria dell’Irap) eroga alla scuola. L’imposta viene applicata utilizzando come base di cal­colo il costo del personale che incide per il 75% del totale dei costi per il funzionamento della scuola.