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Migranti. Sea Watch segreto di Stato. Viminale e Infrastrutture: no accesso agli atti

Nello Scavo e Massimiliano Perna venerdì 8 marzo 2019

Inizia, finalmente dopo una lunga odissea, lo sbarco a Catania dei 47 migranti a bordo della Sea Watch. È il 31 gennaio 2019 (Ansa)

Nel Paese dei misteri irrisolti anche la sorte dei migranti rischia di diventare un “segreto di Stato”. Non sarà infatti possibile sapere chi, nello scorso gennaio, ha dato l’ordine di bloccare a Siracusa la nave umanitaria Sea Watch, né chi e perché ha impedito lo sbarco immediato dei 15 minorenni, dirottando poi il vascello verso il porto di Catania.

La conferma dello stato di riservatezza degli atti arriva dal Viminale, che ha respinto la richiesta di divulgazione dei documenti depositati presso il ministero delle Infrastrutture. Intorno al caso, dopo che Avvenire aveva documentato la smentita del ministero che esclude sia mai stato dato l’ordine di «porti chiusi», è stato eretto un muro di gomma. Nei giorni scorsi il Viminale aveva assicurato che da Salvini, contrariamente alle reiterate dichiarazioni pubbliche, non era mai partito alcun ordine di stop alle navi umanitarie né alcun «divieto di sbarco».

Non restava che interpellare il dicastero guidato da Danilo Toninelli, competente per la Guardia costiera e i porti. Ma la nuova richiesta di accesso ai documenti è stata respinta. Motivo? «La tipologia di atti richiesti non è soggetta a pubblicazione obbligatoria». Così il capo di gabinetto del ministro Salvini ha risposto all’istanza «indirizzata – viene precisato nella risposta – anche al ministero delle Infrastrutture», a cui era stata originariamente rivolta. Nella missiva, che reca la data del 26 febbraio, viene escluso per il caso Sea Watch l’obbligo di divulgazione delle informazioni.

Secondo la legge richiamata nello scambio di documenti tra l’avvocato Alessandra Ballerini, che aveva chiesto trasparenza per contro di Adif (Associazione Diritti e Frontiere), e il prefetto a capo del gabinetto del ministro, viene invocata la norma che giustifica il rifiuto alla conoscibilità per «la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; la sicurezza nazionale; la difesa e le questioni militari; le relazioni internazionali; la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; il regolare svolgimento di attività ispettive». In quale di queste categorie rientri il caso della Sea Watch e dei minorenni bloccati a bordo per 13 giorni non è dato da sapere.

Indirettamente, però, una cosa il Viminale la conferma. Se nei giorni scorsi era stata negata l’esistenza di deliberazioni riconducibili al ministro Matteo Salvini, adesso viene implicitamente riconosciuto che le decisioni furono prese formalmente dal ministero delle Infrastrutture. Una circostanza che di fatto esenta Salvini, che aveva dato “indicazioni politiche”, da responsabilità che eventualmente ricadrebbero su Toninelli.

La gestione dei 15 minori non accompagnati e l’omissione dello sbarco immediato (come previsto dalle norme per i minorenni non accompagnati) potrebbe avere seguiti giudiziari. Da uno scambio di comunicazioni tra la prefettura di Siracusa, il Tribunale dei minori di Catania e il Comune di Siracusa risulta, infatti, che la scelta di trasferire la nave al porto di Catania, dopo giorni alla fonda davanti al “Porto rifugio” siracusano, sarebbe stata assunta dal Comando generale delle Capitanerie di porto, che dipende dal ministero delle Infrastrutture. Disposizione necessaria «in ragione della presenza di minori a bordo».

A scriverlo è proprio la prefettura aretusea in una nota trasmessa il 31 gennaio (giorno dello sbarco) al Tribunale per i minorenni di Catania. Eppure ventiquattr’ore prima lo stesso tribunale aveva inviato i decreti di affido dei 15 minori ai Servizi sociali del Comune di Siracusa, che immediatamente aveva individuato e messo a disposizione 4 strutture del circondario. Invece, nessuno viene fatto sbarcare e in serata la Sea Watch, dopo una settimana di attesa in Sicilia, riceve l’ordine di procedere verso Catania. Una decisione, come sostiene il prefetto Luigi Pizzi in uno dei documenti ottenuti da Avvenire, dovuta alla mancanza di strutture di prima accoglienza idonee. Una carenza che però non risulta, vista la disponibilità certificata dal Comune e che sorprende anche il Tribunale che proprio dall’ente locale aveva ricevuto l’elenco dei centri di accoglienza.

«Non c’era nessun bisogno che intervenisse il tribunale per far sbarcare i minori. La legge è chiara: andavano fatti sbarcare subito», dice Sandra Zampa, ex parlamentare del Pd e autrice della legge sui minori non accompagnati votata nella precedente legislatura con il sostegno del M5s. L’intervento del tribunale dei minorenni ha confermato l’efficacia delle norme, «interrompendo – spiega Zampa – l’omissione che si stava compiendo».