Attualità

La riforma. Scuola, Renzi sfida la protesta

Arturo Celletti mercoledì 27 agosto 2014
​Dieci parole ripetute sottovoce. «È una sfida complicata, è una stagione difficile, ma salveremo l’Italia. Abbiamo responsabilità che ci fanno tremare i polsi, ma andremo avanti insieme e alla fine vinceremo noi». Renzi "accarezza" la delegazione di deputati del Pd arrivata a Palazzo Chigi per un primo confronto sul tema scuola. Sono ore complicate, Renzi vede tutti e sente tutti. Per preparare il consiglio dei ministri di venerdì. E il consiglio Ue di sabato a Bruxelles. «La linea è giusta. Giusti sono i temi messi in agenda, giusto è l’orizzonte temporale». Il premier per qualche istante si ferma a riflettere. Poi ripete, con altre parole, un concetto messo nero su bianco in una lettera inviata per l’apertura della festa dell’Unità in programma da oggi e che si chiuderà domenica 7 con la partecipazione proprio del premier. «Le priorità le abbiamo ben chiare. Non accetto lezioni», ripete Renzi. E subito detta un secondo messaggio confermando che «non c’è nessun rallentamento»; che la sfida è andare avanti; che l’obiettivo sono i mille giorni, è chiudere la legislatura «dopo aver salvato e cambiato l’Italia». A Palazzo Chigi si lavora senza soste. L’inquilino di palazzo Chigi si interroga in silenzio sulle «piccole polemiche» innescate da Ncd sull’articolo 18. A tratti ammette il fastidio. «È il momento di fare, non di marcare un territorio», ripete. I temi si accavallano nei pensieri e negli incontri del presidente del Consiglio. E intanto a qualcuno non sfugge il no di Angelino Alfano all’invito del Pd per la festa dell’Unità. Questioni marginali. Nella testa del capo del governo ci sono la riforma della giustizia, lo Sblocca Italia, la nomina di Federica Mogherini e l’inevitabile revisione della squadra di governo, ma soprattutto c’è la scuola. «Provano a frenare, ma non hanno capito che non è, e non sarà, una riforma calata dall’alto. Non hanno capito che sarà l’Italia a decidere...». Renzi sospira e, sottovoce, svela, un progetto che nei prossimi sei mesi prenderà forma: «La riforma andrà in consiglio dei ministri solo nelle linee guida per poi aprirsi a settimane di consultazione. Con insegnanti, studenti e cittadini. «Una grande consultazione porta a porta», confida e conferma Renzi. È il messaggio a sindacati, insegnanti, studenti. Il Paese rumoreggia, la protesta sale, ma Renzi non molla e a palazzo Chigi, davanti ai suoi, insiste: «La scuola è la vita dei nostri figli e ora va ricostruita, va riprogettata... È una sfida terribile perchè l’eredità che ci hanno lasciato è drammaticamente pesante, ma ora andiamo avanti. E non ci fermeranno piccoli interessi e vecchi scontri». Il premier mette in fila i punti chiave della riforma: merito, professionalità dei docenti, autonomia degli istituti. «Vedrete anche sulle materie dei singoli percorsi scolastici ci saranno tante novità di rilievo», ripete in una sala stranamente silenziosa. E subito chiarisce: «Non imporremo la nostra visione, faremo scegliere al Paese. E di più: coinvolgeremo il Parlamento, ascolteremo le commissioni, valuteremo proposte e suggerimenti». A metà pomeriggio la delegazione Pd (ci sono i parlamentari democratici delle commissioni Cultura di Senato eCamera e il sottosegretario con delega alla scuola, Roberto Reggi) lascia in silenzio Palazzo Chigi. «Continuamo a lavorare», ripetono chiudendosi la bocca. Renzi è sempre lì, nella roccaforte del governo. La giornata è frenetica. Il premier trova anche il tempo per incontrare il segretario regionale dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini e affrontare il nodo della candidatura alla Regione. Si vota in autunno e per la successione a Vasco Errani è favorito Daniele Manca sindaco di Imola e vicino a Bersani. Come dire: oggi le cose che contano sono le riforme, è il governo centrale, non una sfida tutta interna al Pd per la guida di un comune o di una Regione. Renzi è tutto sul consiglio dei ministri e a tarda sera mette la testa sulla giustizia e sullo Sblocca Italia. Un provvedimento - stando alle bozze girate (e anche smentite da Palazzo Chigi) che punta a rimettere in moto cantieri fermi e a semplificare procedure e burocrazia. Poi la Giustizia. Il ministro Andrea Orlando si è preparato sia per riformare la parte civile sia quella penale, prescrizione e intercettazioni incluse. Ma - secondo fonti della maggioranza ascoltate dalle agenzie di stampa - è probabile che venerdì sarà approvata solo la parte sul civile con cui il governo dichiara guerra alla mole di procedimenti arretrati. E punta ad attrarre investitori anche stranieri affrontando quella lentezza della giustizia da sempre sotto i riflettori.