Attualità

LA SFERZATA DEL QUIRINALE. Napolitano: voto no, ma serve salto di qualità

Angelo PIcariello martedì 21 dicembre 2010
«Continuerò a sollecitare la continuità della vita istituzionale e di una legislatura al cui termine mancano più di due anni». Aveva fatto sapere, Giorgio Napolitano, che il suo punto di vista sulla risoluzione della crisi sarebbe stato esplicitato nel tradizionale discorso alle Alte Cariche. E così è andata. «Sempre che, beninteso, vi sia la prospettiva di un’efficace azione di governo e di un produttivo svolgimento delle attività delle Camere», precisa. Lo scioglimento anticipato delle Camere è «un’improvvida prassi tutta italiana da cui speravamo esserci liberati», alla quale è «tenuto a resistere nell’interesse generale», insiste. Per evitare un «vuoto politico» derivante da «un durissimo scontro elettorale». E conferma la contrarietà a ipotesi di ribaltoni: «Intendo attenermi a regole e prassi costituzionali, tenendo ben conto della volontà del corpo elettorale».Alle sue spalle ci sono i presidenti delle Camere e della Consulta. Il presidente del Consiglio ascolta seduto al lato destro, accanto al presidente del Senato, Renato Schifani, che aveva introdotto, mentre Gianfranco Fini - di questi tempi - è seduto dal lato opposto. «Il presidente della Repubblica ha spezzato una lancia per la continuità del governo. Questo significa che è in sintonia con quello che noi abbiamo ritenuto e riteniamo che sia l’interesse del Paese», dirà poi soddisfatto Silvio Berlusconi, attorniato dai giornalisti durante il brindisi augurale successivo, nel corso del quale si è intrattenuto anche per alcuni minuti in colloquio cordiale con Napolitano.Il discorso del capo dello Stato è stato in realtà una sferzata a tutta la politica, per invitarla a un «salto di qualità». A una «comune consapevolezza» da cui, constata con rammarico, «siamo lontani». Ma difende con forza, Napolitano, le sue prerogative: «Poco importa che le si possa beceramente sminuire a parole», dice con chiaro riferimento a chi aveva teorizzato di volersene «fregare». Parla di «distacco ormai allarmante tra la politica, istituzioni e forze sociali e culturali, in un Paese che – sottolinea – continua a dare tante prove di senso di responsabilità, dinamismo, coesione e solidarietà». È in gioco «la dignità della politica», sottolinea Napolitano con davanti i vertici dello Stato, ma anche delle istituzioni economiche, da Emma Marcegaglia a Mario Draghi. «C’è stanchezza verso la chiusura in se stesso del mondo politico», verso la «quotidiana gara delle opposte faziosità», verso il «muro di incomunicabilità tra maggioranza e opposizione».Lascia intendere, però, che il voto di fiducia non lo considera rassicurante, in sé, visto l’esiguo margine, per perseguire l’obiettivo di un’azione di governo che non sia mero tirare a campare. La sua preoccupazione è, non da ieri, una risposta adeguata alle domande che la crisi economica impone. Considera positivo e giusto che il governo rivendichi i sintomi positivi di tenuta del sistema-Paese, come ad esempio per il minore nostro indebitamento delle famiglie. «Ma non si può illusoriamente girare attorno alla necessità di un impegno forte e continuativo per ridurre il debito pubblico».Per fronteggiare le difficoltà, «la conquista a partire dal 1994 di un’effettiva democrazia dell’alternanza», non deve essere di ostacolo, auspica il capo dello Stato, a costruire risposte bipartisan per fronteggiare la difficile situazione economica. L’invito è a guardare, in Europa, «a Paesi con sistemi fondati su schemi bipolari e bipartitici», che stanno sperimentando soluzioni più condivise. In particolare, sul nodo del debito pubblico, «possibile – si chiede come sconfortato Napolitano – che su questa questione non si pensi a una sede di riflessione e ricerca bipartisan?». Parla dell’euro come «storica e irrinunciabile conquista». C’è bisogno di più Europa, per fronteggiare la crisi, quindi, e chiede che il nostro Paese sia «in prima fila», per uscire «da una situazione in cui è apparso a rischio, anche per imprudenti esternazioni, il destino dell’euro se non della stessa Ue».«Stabilità, coesione, capacità di visione», che erano state auspicate anche dal presidente Schifani, all’inizio della cerimonia.