Attualità

Gioco patologico. Azzardo, 2 miliardi sottratti al fisco

Nello Scavo martedì 2 dicembre 2014
Due miliardi di euro. Esentasse e totalmente al di fuori dal circuito economico italiano. Una fuga di capitali travestita da gioco d’azzardo. Sono almeno seimila i 'centri trasmissione dati' che dietro a questa generica dizione celano dei punti scommesse collegati a network esteri, privi della concessione dei Monopoli di Stato. La Guardia di finanza è riuscita a chiuderne quasi duemila. Ma è una lotta impari, perché basta un computer collegato a internet per moltiplicare all’infinito questi 'corner', di solito nascosti nei bar, in tabaccherie e perfino in qualche distributore di carburante.  In una delle prime formulazioni della Legge di Stabilità era previsto un condono per questi gestori, che non si possono definire illegali fino a quando non si esprimerà definitivamente il Consiglio di Stato e la Corte europea di giustizia. Secondo i proprietari di questi «centri raccolta » il concetto giuridico di «monopolio di Stato» e dunque di attività economica «in concessione» è in conflitto con la normativa comunitaria. Al contrario, i sostenitori del controllo diretto dello Stato affermano che ogni Paese membro su queste materie può regolarsi secondo le proprie norme. Intanto a guadagnarci, più che i campioni delle carte bollate, sono i padroni del jackpot. Risiedono nel Regno Unito, negli Usa, in paradisi fiscali extra Ue, a Malta o in fortini inespugnabili nei confini dell’Unione, come il Lussemburgo. Secondo un alto ufficiale della Guardia di finanza, le postazioni possono fruttare non meno di duemila euro al giorno. Vincite (poche) a parte, per i gestori è un buon affare: niente tasse costi di gestione minimi. Dal 2012 i gestori dei centri autorizzati hanno deciso di mappare la rete non in regola, segnalando la 'concorrenza' al sindacato d’appartenenza. Due anni erano stati 'censiti' 4.000 punti scommesse, contro i circa 6mila autorizzati, ma negli ultimi mesi i 'corner' collegati a piattaforme estere potrebbero avere superato l’intero network illegale. Stime che anche secondo gli analisti della Gdf non sono lontane dal vero. Nei giorni scorsi il Comandante della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo, ha risollevato la questione davanti alla Commissione parlamentare sull’anagrafe tributaria. Nel corso dell’audizione a Palazzo San Macuto, Capolupo ha spiegato quale sia lo sforzo delle Fiamme gialle in questo settore «oramai fortemente infiltrato dalla criminalità organizzata», che riesce a riciclare capitali illeciti con estrema facilità. Tanto più se, attraverso i centri scommesse non autorizzati, è possibile perfino non pagarci le tasse.  A coprire la fuga dei capitali c’è poi l’italianissima burocrazia. Una delle modalità attraverso le quali la Guardia di finanza può intercettare movimenti di denaro sospetti, elusione fiscale, riciclaggio di proventi illeciti, è il controllo delle banche dati. Il gioco d’azzardo non ne è escluso. I gestori dei punti scommesse collegati con reti estere, ad esempio, vengono pagati attraverso carte di credito e bonifici internazionali. Certamente, non in contanti. Anche i giocatori per potersi collegare con i casinò fuori confine devono usare strumenti di pagamento elettronici. Basterebbe monitorare questi flussi di denaro o gli investimenti di chi ne beneficia per poter far scattare l’allarme. Ma «ancora oggi il sistema integrato delle banche dati non è completato», ha denunciato il generale Capolupo davanti alla commissione parlamentare. «La mancata interoperatività delle singole banche dati non è tanto dovuta a incomprensibili banche dati quanto, in alcuni casi, a preclusioni operative ». A tal punto che «c’è una banca dati dell’Agenzia delle Entrate alla quale non abbiamo accesso a 360 gradi e questo non lo capisco». Una notizia che farà felici i furbetti delle slot.