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Intervista. Bentivogli (Fim-Cisl) «Sciopero? Gloriosa sconfitta»

Francesco Riccardi venerdì 14 novembre 2014
«Renzi non sarà la Thatcher, ma Cgil e Fiom assomigliano molto ai minatori inglesi. Avviati come loro a un’eroica lotta e a una gloriosa sconfitta. Noi non abbiamo alcuna intenzione di votare i lavoratori alla sconfitta o di far loro perdere il poco lavoro che c’è». Marco Bentivogli, 44 anni, è da ieri il nuovo segretario generale dei metalmeccanici Cisl. Eletto in mattina con 134 sì su 143 votanti, marca subito le distanze e sembra parlare un linguaggio nuovo nel sindacato. Eppure oggi i 'cugini' della Fiom-Cgil scendono in piazza contro il Jobs act e la manovra. Perché voi no? Perché non sposiamo in tutto la politica del governo, ma distinguiamo ciò che è positivo da ciò che è negativo. E uno sciopero in questo momento non ha senso. L’articolo 18 contro i licenziamenti illegittimi è una tutela importante, mentre la discussione che sta avvenendo su questo è 'un’arma di distrazione di massa' dai problemi veri e che prescinde dal merito stesso. Rispetto la scelta della Fiom e di chi si asterrà dal lavoro. Ritengo però l’iniziativa sbagliata, così come lo sciopero generale proclamato dalla Cgil. Sono risposte rituali e automatiche alle chiusure del governo, di cui il governo stesso finisce per alimentarsi per giustificare le sue chiusure. Mi permetto di consigliare a Fiom e Cgil di sottrarsi ai regolamenti di conti a sinistra. E al governo e ai media un maggiore discernimento, fare attenzione alle diverse posizioni sindacali senza appiattirle. Al momento dell’elezione ha parlato di «sindacato 2.0». Cosa vuol dire? Significa anzitutto uscire dalle troppe ritualità di cui il sindacato è prigioniero. Ma soprattutto vuol dire porsi come strategia principale l’inclusione. Degli invisibili, dei generi e delle generazioni. Ci sono migliaia di precari a cui il sindacato non ha dato parola e che ha anche poco ascoltato. Dobbiamo cambiare la nostra organizzazione per farcene carico, ma soprattutto modificare le nostre politiche contrattuali per includerli. dobbiamo dare loro parola e rappresentanza o regaleremo intere generazioni al populismo e all’indifferenza. Finora la posizione del sindacato è stata troppo riferita a chi è dentro: dobbiamo invece aprirci a chi sta fuori. A cominciare dai giovani, di cui solo 1 su 10 si iscrive al sindacato. Ci sono squilibri da sanare. Ad esempio quali? Guardiamo alla previdenza: giusto difendere e favorire chi fa lavori davvero usuranti. Ma non per tutti è così. Eppure per i pensionati con meno di 65 anni si spendono oggi 80 miliardi di euro su 240 miliardi di spesa complessiva. Questo in un Paese che per la scuola, l’università e la formazione spende 70 miliardi. Siete pronti a puntare con decisione sulla contrattazione aziendale? Anche prevedendo che possa sganciarsi dal contratto nazionale? La contrattazione aziendale va certamente messa al centro e sviluppata. Sempre però dentro la cornice del contratto nazionale. I due livelli sono una ricchezza. Da parte nostra siamo pronti a eliminare tutte le ridondanze per evitare che ci siano sovrapposizioni. E soprattutto non possiamo più mantenere 400 contratti nazionali. Vanno accorpati e semplificati.