Attualità

NUOVE REGOLE. Scioperi nei trasporti, via alla riforma

Eugenio Fatigante giovedì 26 febbraio 2009
Il Consiglio dei ministri ha riscritto le norme sul diritto di sciopero nei trasporti. Nonostante il richiamo della Cgil al governo a «stare attento», una riunione presieduta (assente Berlusconi) dal ministro "anziano" Altero Matteoli ha approvato il disegno di legge delega in 5 articoli e 4 pagine, basato sul punto che in futuro uno sciopero potrà essere proclamato da un sindacato dotato, nel settore, "di un grado di rappresentatività superiore al 50%". Dopo le critiche sindacali è stata poi aggiustata, ma non cancellata, l’alternativa del referendum preventivo: l’astensione potrà infatti essere decisa anche da sigle che superano il 20%, purché sottoposta a consultazione che registri un consenso di almeno il 30% dei lavoratori. Arrivano poi il principio dell’adesione preventiva del lavoratore nei "servizi di particolare rilevanza" e quello, controverso, dello sciopero "virtuale" (entrambi saranno regolamentati nei contratti collettivi), oltre a multe fino a 5mila euro per le proteste selvagge, al divieto di blocco di strade e aeroporti e a nuove modalità per la revoca di scioperi già annunciati. Il governo ha votato all’unanimità, forte della convinzione, affermata dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, di «non poter stare a guardare» una situazione come quella descritta l’altro giorno dal Garante nella relazione, «con 500 scioperi l’anno, una media di 2 al giorno». Resta il problema di far digerire questa legge alla Cgil. Ma a Epifani, sempre Sacconi replica che parlare di autoritarismo del governo è «assolutamente fuori luogo»; e che, comunque, «c’è la disponibilità a continuare il dialogo», tanto più che con il testo varato «è evidente che una grande organizzazione sindacale come la Cgil possa decidere da sola la proclamazione di uno sciopero».Intanto, però, la mossa del governo produce l’effetto di far compattare il Pd, che a una sola voce dice no al ricorso alla delega. Mentre l’Udc, con il leader Pier Ferdinando Casini, riconosce che «ci devono essere dei limiti» nei trasporti, dove spesso gli scioperi hanno «superato l’inciviltà», e il Pri di Francesco Nucara definisce «equilibrato» il provvedimento. Sull’altra sponda, invece, Rifondazione con Paolo Ferrero è convinta che il governo voglia «cominciare da qui per mettere in discussione il diritto di sciopero su scala nazionale» e si spinge fino a rievocare i piani della loggia massonica P2.Proprio il ricorso alla legge delega (con un anno di tempo, dall’entrata in vigore del ddl, per far scrivere al governo i decreti delegati), viceversa, è stato esibito in conferenza stampa da Sacconi come un «ulteriore strumento di coinvolgimento delle parti sociali». Il governo, insomma, sembra convinto che non ci sia alcuna forzatura, specie dopo la rinuncia di Sacconi al disegno originario di intervenire a 360 gradi, restringendo il campo d’azione al solo terreno minato dei trasporti. «Abbiamo scelto un percorso molto cauto», ha concluso il ministro, con Matteoli pronto a ricordare che ora il testo «è migliorabile» in Parlamento. Per Renato Brunetta, titolare della Funzione pubblica, si tratta di «una grande azione di riformismo» che ha «il consenso dei cittadini». Di una «scelta di buon senso» ha parlato Claudio Scajola (Sviluppo economico); e per Maurizio Gasparri il testo «rispetta tutti i lavoratori, in particolare i cittadini».Il volto conciliante del governo non mitiga però le asprezze dell’opposizione. A partire da Massimo D’Alema, per il quale lo sciopero «non è materia su cui si interviene con una delega, ma del resto il governo o fa decreti o chiede deleghe». Lo strumento è contestato pure da Pierluigi Bersani («Non è buono affidare al governo materie così delicate»), Enrico Letta («Il diritto di sciopero va regolamentato, e non compresso, attraverso la concertazione») e Tiziano Treu. E per l’ex Cisl Pier Paolo Baretta il testo è «oggettivamente un precedente» che potrebbe anticipare futuri interventi a più ampio raggio.