Attualità

Il caso Savoini. Da Trump a Putin fino agli attacchi "sovranisti" al Papa

Nello Scavo sabato 13 luglio 2019

Vodka e Cola. Trump e Putin. La Piazza Rossa e il Muretto di Alassio. Il sultano di Ankara e l’assalto a papa Francesco. Giancluca Savoini non guardava solo al Cremlino. È lui che insiste sulla necessità di un nuovo asse Mosca-Washington. È lui che nel 2016 intravede nel golpe contro Erdogan una manovra dei bacucchi imperialisti - «non essendo riusciti a ripetere l’operazione Gheddafi» - contro il riavvicinamento tra il Bosforo e il Baltico. Certo non una parabola da "imbucato speciale".
Sentite qui. «L’Italia? È diventato il Paese di riferimento della rivolta nazional-populista contro le élite. La cancelliera Merkel? Il suo «Reich» è finalmente prossimo alla caduta. Donald Trump? Continuerà a difendere gli interessi Usa nel mondo, ma basta con la Guerra fredda alla Russia. Vladimir Putin? Un ex del Kgb che ha abbracciato la causa nazionale e la Chiesa ortodossa e perciò viene demonizzato dalle élite europee e americane. George Soros? Quelli come lui sono il nemico numero uno di tutti i populisti». Così un entusiastico Savoini sintetizzava su Libero del 4 luglio 2018 l’intervista concessagli da Steve Bannon. L’ammirazione del leghista di Alassio per il guru yankee ha i toni di una rapsodia. «Le sue risposte sono taglienti e decise come il suo carattere», scriveva il presidente dell’associazione culturale "Lombardia-Russia".
Il 26 marzo 2017, oltre un anno prima del colloquio su Libero con Bannon, Savoini aveva preparato il terreno intervistando per lo stesso quotidiano l’ex sacerdote dei Legionari di Cristo, Thomas D. Williams, considerato l’ufficiale di collegamento di Steve Bannon a Roma. Ed è in quella trascrizione che affaccia forse per la prima volta in modo plateale l’uso della religione quale collante sovranista. «Ritengo che le forze della secolarizzazione – rispondeva Williams a Savoini – stanno cercando di mettere in imbarazzo chi ha fede, chi crede in Dio e si fida di Lui, come se fosse un essere ignorante e poco moderno».


Il bisogno del "Gott mit uns" è una vera ossessione per queste nuove leadership. Il "Dio con noi", dopo le suggestioni di Williams espresse quando non molti avrebbero scommesso sull’internazionale populista, viene ribadito un anno dopo da Bannon proprio nell’intervista a Savoini: «Le élite europee e americane odiano Putin perché è un nazionalista che ha abbracciato la Chiesa ortodossa e ha il sostegno della società civile russa». Poco dopo si apprenderà del tentativo dei Bannon Boys di prendere casa, attraverso l’Istituto Dignitatis Humanae, nella Certosa di Trisulti per continuare nella campagna contro papa Francesco. Un’operazione finita come in una sceneggiatura per Totò: alcuni atti bancari depositati dai bravi ragazzi con passaporto Usa risulteranno «fraudolenti». Risultato: niente Certosa. Non bastasse, pochi giorni fa è arrivato l’addio del cardinale Burke, prima ritenuto capo spirituale dei sovranisti e descritto come leader dell’opposizione a Bergoglio. In una nota dello scorso 26 giungo, dimettendosi dall’istituto bannoniano, Burke ha precisato di non essere d’accordo «con un certo numero di dichiarazioni di Mr. Bannon riguardo alla dottrina e alla disciplina della Chiesa Cattolica Romana». Il tentativo di usare un porporato per dividere i fedeli e la curia vaticana, tenendo insieme Putin e Trump, passando per le ambizioni di Salvini, è rimandato. Niente caviale, vin santo e hot-dog, e chissà che anche di questo non diranno che è solo colpa di Savoini.