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Il ministro. Speranza: «Sanità, più accesso alle cure. È finita la stagione dei tagli»

Viviana Daloiso giovedì 31 ottobre 2019

Attese infinite, mancanza di personale e di risorse, disuguaglianze drammatiche tra le regioni. Se c’è un tema su cui – in queste ore di fibrillazione per il governo Conte bis dopo la batosta del voto umbro – la maggioranza non si è ancora divisa, è quello della sanità. Che si trova nel nostro Paese alla prova di una sfida epocale: quella di essere ancora in grado di garantire il diritto universale alle cure sancito dalla Carta costituzionale. E proprio alla Carta, quasi instancabile, torna tutte le volte il ministro della Salute Roberto Speranza quando gli viene presentato il conto di almeno dieci anni di mancanza di coraggio nelle politiche sanitarie del Paese, che hanno portato a risultati pesantissimi nella vita concreta degli italiani: oltre 6 milioni di persone che hanno rinunciato del tutto a curarsi, 2 dei quali addirittura non acquistano nemmeno i farmaci. E un sistema pubblico che rischia di deflagrare davanti alla prospettiva di un’emorragia di medici e specialisti nei prossimi 5 anni.

Ministro, partiamo proprio dalla situazione della nostra sanità. L’intervento sull’abolizione del superticket, un suo cavallo di battaglia da prima del suo insediamento, ha il merito di aver subito preso in considerazione uno dei nodi più critici: quello della diseguaglianza nell’accesso alle cure. Serviranno interventi più strutturali per invertire la rotta, qual è il suo progetto?
Intanto va detta una cosa in premessa, il nostro sistema sanitario universale è tra i più significati modelli del mondo e di questo dobbiamo essere orgogliosi. Certamente, si può e si deve lavorare ogni giorno per migliorarlo a partire dal grande tema della riduzione delle disuguaglianze. Ed è questa una delle ragioni dell’abolizione del superticket, una vera e propria tassa sulla salute. Dieci euro in meno sulle visite specialistiche a partire dal primo settembre del 2020 che permetteranno a tanti, che oggi non possono permettersi di accedere alle cure, di curarsi come dovrebbero. Qui, però, mi consenta una precisazione.

Prego.
I nostri padri costituenti ci hanno trasmesso un’eredità straordinaria per quanto riguarda la salute. L’articolo 32 della Costituzione, al primo comma così recita: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti". Sono parole luminose che delineano, da sole, una visione oltre che un orizzonte programmatico. Noi lavoreremo tutti i giorni affinché la realtà vissuta quotidianamente dai cittadini sia quanto più vicina possibile all’enunciato della nostra carta fondamentale. E quest’anno al fondo sanitario nazionale andranno ben due miliardi in più rispetto al 2019, oltre ai due miliardi già stanziati per l’edilizia sanitaria (con l’obiettivo del rinnovamento delle infrastrutture) e per le nuove tecnologie. Si tratta di risorse significative, che serviranno a migliorare il nostro servizio sanitario nazionale.

Un altro problema gravissimo è quello della carenza di medici. Nel 2024 il sistema sarà travolto da un vero e proprio tsunami. Anche qui, come pensa di intervenire? Aumento delle borse di studio, abolizione del numero chiuso? Tante regioni per esempio stanno procedendo per conto loro, da chi ricorre ai non specialisti a chi assume i pensionati...
Dalle Regioni in questi mesi si è levato un vero e proprio grido di dolore a cui va dato ascolto. Ed è con le Regioni e con le rappresentanze sociali che andranno trovate le soluzioni volte a rendere le politiche sul personale, più flessibili rispetto al passato, e più adeguate e rispondenti alle esigenze che arrivano dalle nostre comunità, dagli ospedali e dai territori.

A proposito di regioni, sul tavolo del ministero è rimasto il nodo del Patto per la Salute. Cosa significa, concretamente, non aver trovato ancora un accordo ormai dallo scorso marzo? Quali i tempi?
Il Patto per la salute è il prossimo passo che servirà al nostro servizio sanitario nazionale per affrontare le sfide del futuro, a partire dalla carenza di personale appunto. Avrebbe dovuto essere approvato il 31 marzo di quest’anno. Sono al lavoro sin dal giorno del mio insediamento in una relazione istituzionale corretta con le Regioni per accelerarne la definizione. Il confronto è in corso e mi auguro possa avere esito positivo nel più breve tempo possibile.

Il taglio della Sanità negli ultimi anni ha penalizzato, tra i tanti ambiti, quello della riduzione del danno da tossicodipendenze. "Avvenire" negli ultimi mesi ha mostrato attraverso diverse inchieste come la droga (e l’abuso di sostanze e alcol, specie tra i giovanissimi) sia tornata ad essere una piaga drammatica del Paese, e lo dimostrano anche i fatti di Roma di questi giorni. Oggi appena un tossicodipendente su tre riceve le cure adeguate, e i Sert sono stati "asfaltati" in termini di personale e risorse. Per non parlare dei contributi al lumicino per le comunità. Che fare?
E’ arrivato il momento di affermare che la stagione dei tagli alla Sanità è definitivamente chiusa e che ogni euro messo in salute non è una semplice spesa ma un investimento sulla qualità della vita delle persone. Quello delle tossicodipendenze è un problema delicatissimo. Due miliardi in più nel fondo sanitario nazionale devono significare risorse dedicate alle prestazioni sanitarie inerenti le tossicodipendenze. Inoltre, ricordo che da febbraio 2017 la riduzione del danno è entrata a far parte dei Lea. Sono state avviate campagne informative rivolte ai giovani proprio sugli effetti delle droghe e, insieme al Miur, è stato siglato un accordo sulla formazione dei docenti sulle sostanze stupefacenti con il coinvolgimento degli studenti. Continueremo ad operare con determinazione anche su questo importante fronte.

In merito invece alla recente pronuncia della Consulta sul suicidio assistito, cosa pensa della posizione dei medici, che si sono detti contrari a dare la morte ai pazienti anche nel caso fossero proprio questi ultimi a chiederla?
Siamo di fronte a una sentenza che va naturalmente rispettata. Nel suo discorso di insediamento, il Presidente del Consiglio Conte è stato però chiaro, esprimendo una posizione che io condivido: non ci sarà un’iniziativa del governo in materia. È il Parlamento che dovrà affrontare una questione così delicata. In quella discussione emergeranno tutte le sensibilità di cui il legislatore dovrà tenere conto.

Lei, ministro, non si è ancora espresso apertamente sulla spinosa questione dei vaccini. A che punto è il disegno di legge che doveva riformare la legge Lorenzin? Lei che ne pensa dell’argomento? Obbligo sì o obbligo "flessibile"?
La mia posizione sui vaccini è molto chiara. Dinanzi ad una materia che ha a che fare con la salute delle persone, ed in modo particolare con quella dei nostri figli, vanno abbassate le bandiere dei partiti. E va riconosciuto il primato della scienza. Con questo spirito seguirò tutte le iniziative parlamentari in materia.