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LE NUOVE DROGHE. Il giudice Salvini: «Dal gioco benefici per Stato e crimine»

Antonio Maria Mira giovedì 5 gennaio 2012
​«La criminalità organizzata coglie come possibile fonte di arricchimento il consumo di massa del gioco d’azzardo, proprio come la droga. Intercetta questa dipendenza e la favorisce. E lo Stato, purtroppo, non coglie la pericolosità di questo fenomeno. Anzi ne trae vantaggi economici». A parlare è Guido Salvini, magistrato che di gioco se ne intende. È lui, infatti, gip a Cremona, ad aver seguito l’inchiesta sul calcio scommesse. Spiega di «concordare pienamente con quanto detto dal cardinale Bagnasco in merito al fatto che la dipendenza da gioco è assimilabile al fenomeno della droga». E lo collega, da un lato, «a quegli aspetti virtuali che sono tipici della nostra società, come l’economia finanziaria, anch’essa un mondo che si basa sull’azzardo» e dall’altro a «un’incertezza sul futuro che porta a una diffusione di comportamenti autolesionistici, soprattutto nelle persone più modeste, che sperano di essere i fortunati vincitori ma che in realtà impoveriscono ulteriormente la propria situazione». Il suo è un atto d’accusa molto forte. In primo luogo contro le scelte pubbliche di puntare molto sul gioco. «Penso che sia fortemente discutibile che lo Stato tragga dei benefici economici da fenomeni che poi portano a comportamenti illeciti che è costretto a combattere. Le concessioni - spiega - portano denaro nella casse pubbliche ma creano poi delle devianze che finiscono per dover essere riparate dallo stesso Stato». Non meno forte le critiche sulla pubblicità. «Giudico poco morale che un noto giocatore sia testimonial addirittura di un sito internet di videopoker, perché ha un’influenza che può essere molto negativa su chi già inizia ad essere vittima di questi comportamenti». Da qui parte l’allarme per «la ricaduta sul piano penale di fenomeni di dipendenza di massa. Come dimostrano le due inchieste che ho seguito, una sulla ’ndrangheta e quella sul calcio scommesse». Parole chiare e esempi precisi. «Quando nascono d’incanto nuovi bar, quasi sempre con macchinette e licenze per videogiochi, si deve sentire puzza di bruciato. Spesso servono soprattutto a riciclare i capitali  della ’ndrangheta o di altre organizzazioni mafiose. E a farlo fruttare. La famiglia Valle-Lampada, nell’hinterland milanese, era dedita sistematicamente all’usura nei confronti di imprenditori, ma poi, tramite una società che aveva il nome accattivante di "Peppone giochi", aveva diffuso in tantissimi locali e bar queste famigerate macchinette». La conferma dello strettissimo legame tra usura e gioco. «Inoltre - aggiunge - di per sé il gioco espone all’usura in quanto,  perso ogni controllo, il desiderio di rivincita porta ad indebitamenti sempre maggiori che posso sfociare sia nelle rapine che nel ricorso agli usurai per poter giocare ancora. Esiste un nesso psicologico, anche perché in fondo il gioco e l’usura sono due forme di dipendenza». Dei protagonisti nell’inchiesta sul calcio scommesse non parla, ma il sistema che descrive è tremendo. «Da un lato abbiamo sistemi criminali, anche internazionali, che intercettano le scommesse come fonte di investimento e di guadagno. Abbiamo poi calciatori, magari a fine carriera, abituati a una vita di agi, che colgono il gioco come occasione per rimanere nel giro, mettere a frutto le loro conoscenze arricchendosi di nuovo. E poi ci sono giocatori malati di scommesse. Proprio questi sono la punta dell’iceberg di una grande massa di persone dipendenti da questo vizio. Qui un intervento della criminalità  ha gioco facile perché trova un terreno molto cedevole». Il tutto in un sistema che considera questi reati «poco riprovevoli, forse perché l’impressione è che il giocatore faccia male soprattutto a se stesso. Un po’ come il consumatore di stupefacenti. Ma alle spalle di questo esercito di vittime che possono arrivare anche alla distruzione di una famiglia o al suicidio, ci sono realtà che lo sfruttano, purtroppo grazie anche alla compiacenza dei mezzi di comunicazione di massa. Io penso che, ad esempio, i programmi in tv di videopoker siano altamente pericolosi. Per questo servirebbe una regolamentazione più severa della pubblicità così come avviene per altri settori come il tabacco». Ma anche «aumentando le pene per tutti quei comportamenti che sono, non solo di induzione alla scommessa, ma portano ad alterare tutti i fenomeni su cui si scommette, creando un vero e proprio fenomeno di insider trading, soprattutto nel calcio».