Attualità

I dimenticati. Rosarno, primi passi delle istituzioni

Antonio Maria Mira mercoledì 10 dicembre 2014
​Per il ghetto di Rosarno si muovono il Viminale e la Procura di Reggio Calabria. Mentre il sindaco della cittadina, Elisabetta Tripodi, denuncia «lo scaricabarile delle istituzioni che ci lascia soli». E il vescovo di Agrigento, monsignor Franco Montenegro, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni accusa: «Passa il tempo e la storia non cambia. Questo ci deve preoccupare».Il dramma dei lavoratori africani nella Piana di Gioia Tauro, a cinque anni dalla rivolta di Rosarno, denunciato ieri da Avvenire, provoca, dunque, le prime reazioni. «Non avevo avuto nessuna segnalazione – ci spiega Mario Morcone, direttore del Dipartimento per l’immigrazione del ministero dell’Interno –. Ricordo bene la tendopoli, ma non sapevo della fabbrica occupata. La situazione è sicuramente grave e chiederò urgentemente notizie al prefetto di Reggio Calabria». E si mette in movimento anche la magistratura reggina. «Chiederò di raccogliere informazioni, non possiamo restare fermi di fronte al dramma di queste persone – riflette il procuratore Federico Carfiero de Raho –. Soprattutto per capire le responsabilità e i ritardi nell’accoglienza». Intanto le Forze dell’ordine della zona, Polizia e Carabinieri, stanno monitorando quotidianamente la situazione degli insediamenti dei migranti. «Siamo sempre in allerta – ci spiegano – ma non possiamo fare molto di fronte al fiume di migranti che arrivano». Si cerca soprattutto di evitare tensioni coi locali, ricordando quanto accadde 5 anni fa. «Ma si può solo rintuzzare», aggiungono amaramente. Tamponare le falle, così monsignor Montenegro, commenta amaramente: «Noi riflettiamo quando ci sono i  morti ma perché i vivi non ci fanno riflettere? I vivi che abbiamo salvato dal mare dove finiscono? Il tempo passa e tutto resta com’è perché non è l’uomo al centro delle nostre attenzioni ma il denaro, il profitto». E riflette sull’attualità. «Dopo quello che abbiamo letto sarebbe ora di smetterla di dire che la Chiesa fa i soldi con gli immigrati. Sono altri ad averlo fatto». Accuse molto nette quelle di Montenegro. «Li salviamo dal mare, diamo un piatto e un tetto, quando c’è, ma questo non basta se non è accompagnato da un lavoro di fantasia. Non siamo capaci di dare il di più che poi è il giusto. La nostra accoglienza è stitica».Davvero si fa molto poco, come conferma il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi. «La lezione non è servita alle istituzioni. Siamo sempre allo scaricabarile. Nessun fondo se non quelli del comune. Avevamo attivato degli sportelli ma servono poco quando c’è un problema di sopravvivenza e quindi abbiamo dirottato qui tutto quello che abbiamo che, purtroppo, è poco». Progetti ce ne sono ma vanno a rilento. Il lavoro per il centro di accoglienza da realizzare con fondi del Viminale su un bene confiscato (avrebbe dovuto ospitare 150 persone) è stato bloccato un anno fa da un’interdittiva antimafia, ma poi l’impresa ha vinto il ricorso al Tar. Ora riprenderanno le attività, ma ci vorranno ancora molti mesi. «E poi – chiede il sindaco – chi pagherà i costi di gestione?». E ci vorrà tempo anche per i 34 alloggi per altre 150 persone: «Abbiamo chiesto i finanziamenti nel 2011 ma solo quest’anno li abbiamo potuti appaltare. Per realizzarli ci vorranno 2-3 anni. Tutti tempi lunghi mentre manca la stagionalità. La Regione ci aveva promesso nel 2011 di realizzare dei campi con container in altri comuni della Piana per evitare di concentrarli in uno solo. Ma non ho visto alcun passo in avanti. E anche quest’anno siamo all’emergenza».