Attualità

Intervista. Don Soddu (Caritas): «Accusavano la Chiesa e speculavano»

Paolo Lambruschi venerdì 5 dicembre 2014
Davanti alle intercettazioni che rivelano come la cupola romana puntasse ad arricchirsi con la gestione dei centri per migranti e i campi rom, gli ultimi, definiti più remunerativi della droga, la Caritas italiana non ci sta, e attraverso il direttore don Francesco Soddu reagisce e chiama in causa il mondo della cooperazione e i paradossi di una politica che accusava di buonismo la Chiesa e poi lucrava sui più deboli.Don Soddu, l’inchiesta "mafia capitale" porta alla luce i legami tra un certo sottobosco politico e un sistema mafioso che speculava sui più poveri. Qual è stata la sua reazione?In questi anni spesso le comunità cristiane, le Caritas diocesane, la stessa Caritas italiana hanno subito l’accusa di "fare i soldi" sulla pelle degli immigrati. A volte addirittura di favorire con la propria azione i flussi migratori e, quindi, i profitti. Lo scenario che oggi abbiamo davanti agli occhi si presenta diverso:  persone - in molti casi vicine a forze politiche che utilizzavano la questione immigrazione a fini elettorali - avevano, loro sì, organizzato un sistema di potere tale da produrre un illecito guadagno sulla pelle delle persone immigrate, rom, senza casa. Generando sostanzialmente un doppio incasso, elettorale ed economico dall’altra. Paradossale lo scenario che si palesa: all’ombra di politiche governative sull’immigrazione, restrittive e contrarie, talvolta, al diritto internazionale si sviluppavano invece forme di utilizzo distorto e criminale delle risorse dedicate, alimentando un sistema di potere parallelo al primo. Quali sono i rischi che si ripeta oggi?Il governo emergenziale dei fenomeni apre la strada a procedure straordinarie, ma potenzialmente rischiose, perché rendono più semplice l’infiltrazione criminale. Pur distinguendo ciò che è scelta doverosamente tempestiva dall’inquinamento affaristico, dobbiamo domandarci se una vera politica sulla immigrazione - pluriennale e sussidiaria  - sia in grado di ridurre  i rischi di replicare quanto è successo. I fatti oggetto dell’inchiesta si riferiscono soprattutto alla gestione dell’emergenza Nordafrica del 2011, in cui il governo fece la scelta di decretare lo stato di emergenza e "far saltare" tutte le procedure ordinarie di assegnazione di servizi per gli stranieri. Ma gli attori di allora non sono quelli attuali. Anche se il flusso dei migranti arrivato quest’anno è straordinario rispetto al passato, non è stato decretato nessuno stato di emergenza, perciò è stato possibile ricorrere a bandi per l’assegnazione dei servizi.Non ritiene necessaria una riflessione ampia anche sul rapporto dell’intero sistema di cooperazione con la questione morale?Certo, anche il mondo della cooperazione deve porsi la questione di verificare al proprio interno comportamenti e collusioni volontarie o involontarie. Chi riduce la questione a poche mele marce, non costruisce i presupposti per una azione di verifica che riduca i margini a gestioni non ispirate a criteri di solidarietà e legalità. Bisogna aspettare la conclusione dell’iter processuale per tirare le somme: ma frasi del tipo "si fanno più soldi con l’immigrazione che con la droga", lasciano il segno. Vorrei che su questo si aprisse un confronto serio nel mondo della cooperazione, per comprendere se le logiche economiche abbiano prevalso sul resto.Non c’è il rischio di un aumento della xenofobia?Si e non si deve cedere alla tentazione di farsi cavalcare da provocazioni scandalose in questa fase, in cui la situazione generale rende i migranti un facile capro espiatorio. Distinguiamo, pensando alle migliaia di operatori e volontari che ogni giorno nei servizi Caritas e di molte altre realtà ecclesiali ascoltano, accompagnano, cercano di dare risposte concrete ai bisogni dei meno tutelati. Così come occorre distinguere la fatica delle persone che vivono in condizioni problematiche in territori difficili e la loro rabbia, da quelli che strumentalizzano tutto ciò. Anche in questo caso vi è una questione morale da porre senza reticenze: i diritti fondamentali, la vita e il dolore e la paura delle persone non possono essere sfruttati per tornaconti politico-affaristici da nessuno.