Attualità

'NDRANGHETA. L'arcivescovo di Reggio Calabria: «Riprendiamoci le feste religiose»

Antonio Maria Mira mercoledì 14 settembre 2011
Le feste religiose «sempre più spesso» sono di fatto diventate «proprietà di gruppi, alle volte mafiosi». Per questo «è urgente e indifferibile che la comunità cristiana si riappropri delle feste religiose». Parole molto chiare quelle dell’arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Vittorio Mondello, presidente della Conferenza episcopale calabra. L’occasione è l’omelia che ieri ha rivolto alla città per la Festa della Madonna della Consolazione, ma viene dopo un crescendo di polemiche e prese di posizione culminate lo scorso 30 agosto con l’intimidazione nei confronti del parroco di Gioiosa Ionica, don Giuseppe Campisano.Un gravissimo atto commesso dopo alcune importanti iniziative sul fronte della legalità promosse dalla parrocchia e da Libera in occasione della festa di San Rocco. In uno degli incontri si era parlato proprio del rapporto tra feste religiose e ’ndrangheta con la partecipazione, oltre al parroco, del vicario delle diocesi di Oppido-Palmi, don Pino De Masi, del prefetto di Vibo Valentia, Luisa Latella, del magistrato della Dda di Reggio, Roberto Di Palma.Sul sagrato della chiesa, come Avvenire ha raccontato, erano risuonate frasi come «non è possibile conciliare Vangelo e ’ndrangheta», «la ’ndrangheta ha solo disvalori», «le tradizioni buone sono prevaricate da quelle meno buone». E gli “emissari” delle cosche locali erano andati a protestare da don Giuseppe. Dopo una settimana gli spari a pallettoni contro la sua auto. Attentato nettamente condannato dal vescovo di Locri, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, sia nell’immediatezza del fatto che successivamente (vedi altro articolo).Più volte i vescovi calabresi sono intervenuti per denunciare gli interessi delle cosche sulle feste religiose. Anche con iniziative molto forti, come per la festa della Madonna della Montagna a Polsi nella Locride, per quella dell’Affruntata a Sant’Onofrio nel Vibonese o della Madonna dei Poveri a Seminara nella Piana di Gioia Tauro. Posizioni che erano già emerse con chiarezza nel convegno "È cosa nostra. Una pastorale ecclesiale per l’educazione delle coscienze in contesti di ’ndrangheta", organizzato nel 2007 dalle Caritas diocesane calabresi. E che ora vengono ribadite dall’arcivescovo di Reggio Calabria.«Il vero problema delle feste religiose – dice il presidente dei vescovi calabresi – non è la festa religiosa in sé, ma l’aver tollerato che questa lentamente passasse dall’essere manifestazione della fede del popolo cristiano al diventare una impresa, più o meno redditizia, affidata o accaparrata da gente lontana dalla Chiesa, che disconosce il significato stesso della festa cristiana e che intende gestire la manifestazione secondo capricci e finalità spesso innominabili». Il riferimento è chiaramente agli interessi della ’ndrangheta, che sulle feste fa ricchi affari. «In questo modo – prosegue infatti Mondello – le feste religiose, sempre più spesso, hanno tristemente smesso di essere feste del popolo cristiano; e sono di fatto diventate, nel loro svolgersi, proprietà di gruppi, alle volte mafiosi, che preferiscono, per i loro fini, presentare forme più o meno paganeggianti della stessa festa».Ma l’arcivescovo non si ferma alla denuncia, indicando quale strada seguire. «Abbiamo sottolineato la necessità che sia il Consiglio pastorale a dare le indicazioni per la celebrazione di tali eventi. Molto spesso, quando sento parlare di contrasti tra gli organizzatori delle feste e il parroco, mi domando: dov’è la comunità cristiana? Non dovrebbe essere questa a far valere gli aspetti autenticamente cristiani senza farsi strumentalizzare da alcuno?». E l’intervento si conclude con un auspicio: «Nutro speranza che le nostre feste religiose, che tanta fede hanno suscitato e continuano a suscitare nel popolo cristiano, possano essere finalmente gestite dalla comunità cristiana e ridiventare autentica testimonianza, che rinsaldi la fede dei credenti e diventi occasione privilegiata di evangelizzazione per tutti». Ma, avverte il presidente della Cec, «purché non si tolleri che credenze e devozioni, pur pie e legittime, mettano in ombra la parola di Dio, la liturgia, l’insegnamento del magistero, la centralità della carità e la continua esigenza di conversione».