Attualità

PALAZZO CHIGI. Legge elettorale, accordo striminzito

Roberta D'Angelo mercoledì 22 maggio 2013
Basta poco, per qualcuno pochissimo, e il governo si mette «in sicurezza», per dirla con il premier. Basta la risposta dell’esecutivo alla Corte costituzionale, vale a dire l’impegno a modificare entro l’estate il Porcellum, per quella parte che attribuisce uno spropositato premio di maggioranza al partito o alla coalizione che prende più voti, ed evitare una pronuncia di incostituzionalità sulla legge elettorale che ha eletto questo Parlamento. Ma la «clausola di salvaguardia» sul governo, decisa ieri dopo il gran discettare di sistemi di voto, non è la legge elettorale con cui si andrà alle urne alle prossime elezioni. Il presidente del Consiglio ci tiene a specificarlo e a ridimensionare un accordo, sia pure decisivo per le sorti dell’esecutivo che presiede, ma non risolutivo per quello che ci si attende. E soprattutto un accordo di massima, ma molto di massima, perché a poche ore dalla sigla di prima mattina in pompa magna a Palazzo Chigi, le polemiche e i sospetti si trasferiscono in Parlamento, dove Pdl e Pd mettono in luce le divergenze (comprese quelle interne al Pd).Letta, però, cerca un viatico della sua maggioranza su una questione determinante come la legge elettorale. Ma – mette in chiaro – il sistema con cui voteremo sarà quello «che uscirà al termine del processo di riforma costituzionale, quindi spero a cavallo della fine dell’anno, e sarà una legge elettorale di riforma complessiva, che terrà conto della nuova forma di governo».Il punto messo a segno dal premier, però, è ancora solo di metodo e rischia di essere vanificato nel merito dalle proposte che si accavallano. Silvio Berlusconi è disposto solo a rivedere il meccanismo del premio di maggioranza, portando la soglia di accesso al 40 per cento. Il Pd considera una riforma minimalista di questa sorta una revisione in senso proporzionale della odiata legge Calderoli e chiede piuttosto il superamento delle liste bloccate. «Più che sul Porcellum, il governo punta in realtà ad una clausola di salvaguardia su sé stesso», si vocifera nei corridoi. Per i democratici, invece, potrebbe essere l’occasione di reinserire almeno le preferenze e rivedere i collegi. E allora Dario Franceschini, per calmare i malumori già diffusi durante l’assemblea del gruppo pd alla Camera, assicura che le ipotesi in circolazione sono solo «frutto di invenzioni» del Pdl. A Largo del Nazareno, però, resta la preoccupazione che si passi «dal Porcellum al Porcellinum». E se l’unico risultato della riforma minimale sarà alzare la soglia al 40 per cento per accedere al premio di maggioranza, si vocifera, il governo godrà di vita più lunga, visto che nessun partito allo stato attuale può ambire a raggiungere percentuali così alte, a maggior ragione in un sistema politico attualmente quadri-polare. Una prospettiva che lascia molti dubbi nei renziani, che vedono allungarsi il tempo per la discesa in pista del sindaco di Firenze.Sta di fatto che mercoledì prossimo le mozioni con l’iter per la salvaguardia arriveranno in Parlamento (prima al Senato e poi alla Camera) e si attende una mozione unica per la maggioranza. A introdurre il dibattito dovrebbe essere lo stesso presidente del Consiglio. Sarà quella la data per avviare il percorso riformatore e ci si attende che entro l’estate si possa partire anche con il ddl costituzionale di istituzione del comitato parlamentare, che sarà l’organismo redigente delle riforme. «Questa fase di tregua può consentire di fare quello che non è stato fatto in trenta anni di tragici fallimenti – auspica Franceschini – : è stato individuato un percorso ambizioso che dovrebbe consentire in un tempo ragionevolmente breve di correggere almeno la legge elettorale» e mettere mano alle altre riforme.