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Riforme, «dopo 63 governi ora si cambia»

ROBERTA D’ANGELO martedì 3 maggio 2016
Renzi lancia il sì: è svolta radicale, faremo campagna casa per casa Proteste a Firenze e Matera. La replica: ai fischi preferisco i rischi ROMA La partita più importante la inizia a giocare in casa. Nella sua Firenze, Matteo Renzi i contestatori li conosce per nome, e la sfida – così come l’ha voluta trasformare – sembra meno ardua. Così, appena raggiunto il teatro Niccolini di buon mattino, tra qualche fischio di contestazione, scherza: «Ad accogliermi ho trovato alcuni che protestavano, benvenuti anche a loro. Non ho visto il Bargellini (leader del Movimento di lotta per la casa a Firenze, ndr) forse si è svegliato tardi...». Ma la battaglia non è facile e il presidente del Consiglio inizia a concentrarsi sul referendum confermativo della riforma costituzionale prima ancora delle amministrative di giugno. Su quel 'sì' ha scommesso la sua carriera. E allora, la sfida è proprio una risposta puntuale a tutte le contestazioni che incontra nel suo continuo tour per l’Italia. «Ai fischi di chi contesta per partito preso, preferisco i rischi che corrono le persone che agiscono, che lavorano e che si impegnano per la crescita del Paese», dice più tardi a Matera, «l’Italia la cambia chi rischia, non chi fischia». Dunque il premier-segretario del Pd stavolta, oltre la faccia, mette sul piatto anche la poltrona. «Io non sarei mai arrivato a Palazzo Chigi se non avessi avuto una straordinaria esperienza di popolo – dice – . Ora c’è una partita che da solo potrei anche vincere ma non basterebbe. Nel referendum la domanda è molto semplice: sì o no. Ma lì dentro c’è molto di più: c’è la riforma istituzionale». Per farsi capire con esempi pratici, come ama fare, Renzi spiega di che cosa sta parlando: «Con 63 governi in 70 anni, quando vai ai vertici internazionali non fanno neanche in tempo a ricordarsi la tua faccia ». Ovvero, «fino a due anni fa l’Italia era incartata». E le nuove regole servono proprio a sbloccarla. «Sono già passati due anni: non si può non raccontare la verità. Due anni fa l’Italia era incastrata in costante depressione politica. Ora le riforme hanno iniziato a realizzarsi». E «quando la cronaca politica parlerà degli ultimi 20 anni descriverà un Parlamento che improvvisamente si è svegliato. Il lavoro di questi due anni ha provocato un cambiamento radicale: il Pil è tornato positivo». Fatti che Renzi ama raccontare da Nord a Sud. Un incentivo per mobilitare «una gigantesca campagna casa per casa, porta per porta, per vedere se gli italiani vogliono entrare nel futuro a testa alta. Ho bisogno di voi, 10mila comitati in tutta Italia, composti da un minimo di 10 a massimo di 50 persone», dice alle reclute. «La nostra grande arroganza è far tornare l’Italia leader in Europa e nel mondo ». Tanto per capirsi, «dobbiamo essere convinti che essere italiani è segno di buona sorte». Perciò, per smontare le critiche, Renzi spiega che «con il referendum un presidente della regione non guadagnerà più del presidente del Consiglio», ma nemmeno «più del presidente degli Stati Uniti.... », come avviene ora in alcuni casi. E se non sta qui la questione più importante della riforma Boschi, è vero, per il premier, che «tutte queste cose determineranno divisione tra l’Italia che dice sì e l’Italia che sa dire solo no». La scommessa quindi non ha precedenti. «I senatori del Pd hanno fatto come i tacchini che inneggiano alla festa del Ringraziamento: un grande segnale di una classe politica che è disposta a rinunciare a qualcosa. Aspetto lo facciano anche i sindacati, gli imprenditori...». E in questa fase di «rottamazione», incalza, «io non mi risparmio: non siamo noi a vin- cere questa sfida. La rottamazione non vale solo quando si voleva noi.... Se non riesco vado a casa», conferma. «È essenziale che ognuno di voi si prenda un pezzettino e da domenica 15 maggio pubblicheremo come fare». C’è allora un gran bisogno, per il segretario del Pd, di recuperare entusiasmo e orgoglio: «C’è un’Italia che dice sì ed è più forte di tutto il resto». Insieme, aggiunge, «guarderemo con sguardo allargato a quello che succede in Europa e nel mondo. Lo faremo consapevoli di una grande storia dietro le spalle. Dobbiamo costruire un futuro per le famiglie e non solo per quelli che sanno soltanto lamentarsi. C’è un’Italia che dice sì: andiamo a scovarla e portiamola a votare a ottobre». Nessuno deve tirarsi indietro, fa eco da Roma Maria Elena Boschi. «Il referendum di ottobre è un’importante opportunità per la partecipazione democratica, e la collaborazione dei cittadini – per il ministro che ha firmato la riforma – è necessaria per completare il risultato». © RIPRODUZIONE RISERVATA