Attualità

Riforme costituzionali. Senato, ddl Boschi in aula tra le proteste

giovedì 17 settembre 2015

Riforme al via al Senato tra le proteste: le opposizioni, infatti, avevano chiesto di fare slittare l'inizio dei lavori a dopo l'arrivo del parere della commissione Bilancio sul finanziamento delle missioni internazionali. Richiesta rimasta inevasa, visto che la maggioranza è andata subito all'esame del ddl Boschi. Una scelta che ha fatto parlare le opposizioni di "inaccettabile accelerazione". Nel pomeriggio anche le pregiudiziali sono state respinte. Renzi: riforma attesa da 70 anni. Ma a rispondere è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi: "Se sei mesi a lettura vi sembra un andare di fretta... Questa riforma è attesa da 70 anni, la prima commissione risale al 1983, quando io andavo alle elementari", ha sottolineato durante la conferenza congiunta con il collega lussemburghese Xavier Bettel. "Proseguiamo con la riforma costituzionale", ha poi confermato il presidente Grasso, "non c'è alcuna variazione del calendario". Sul merito della riforma, invece, si è espresso il leghista Roberto Calderoli per il quale il combinato di Italicum e ddl Boschi costituisce la base per un "ritorno al fascismo". Di regime in regime, il senatore di Forza Italia Lucio Malan parla di una "Soviet supremo" che verrebbe a crearsi con la riforma. Il ddl Boschi tornerà "alla Camera a gennaio e poi nell'estate-autunno 2016 ci sarà il referendum". È il timing indicato dal premier.

Il capo dell'Esecutivo, intanto, ribadisce la tabella di marcia già fissata da tempo: approvazione entro il 15 ottobre, a gennaio nuovo passaggio della riforma alla Camera, e referendum nel 2016. "I cittadini studieranno la riforma che riduce il numero  dei politici e aumenta il livello qualitativo della politica. Cosa si può volere di più dalla vita?". E sull'ipotesi di abolizione totale della Camera Alta del Parlamento, dopo aver smentito di aver detto di "volerne fare un museo", Renzi ha spiegato: "Se Grasso, se il presidente del Senato, deciderà per l'emendabilità dell'articolo 2 decideremo di conseguenza". Parole alle quali ha risposto a stretto giro il senatore della minoranza dem, Corradino Mineo: "Sono d'accordo con il segretario del Pd. E presenterò con altri senatori l'emendamento soppressivo del Senato", avverte. Lo scontro sul nuovo Senato. Al centro del contendere, all'interno del Pd ma anche tra governo e opposizioni, c'è la riforma del Senato. Il ddl prevede di modificare le funzioni e la composizione del Senato rendendolo non più elettivo, e di eliminare il “bicameralismo perfetto”: se la riforma sarà approvata, in sostanza, le leggi non dovranno più essere votate da entrambi i rami del parlamento e il governo sarà tenuto a ricevere la fiducia soltanto dalla Camera. Sarà formato da «95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali» più 5 senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.

La sinistra del Pd e le opposizioni (Fi, Lega, M5S) chiedono che venga riaperta la discussione sull'articolo due del testo della riforma Boschi in modo da ripristinare l'elezione diretta dei futuri senatori. La riforma prevede infatti che a scegliere i futuri senatori tra consiglieri regionali e comunali siano le assemblee regionali. L'iter per le riforme costituzionali prevede una doppia lettura: Camera e Senato devono approvare lo stesso testo. Il Senato ha dato un primo via libera un anno fa, la Camera lo ha approvato lo scorso marzo in prima lettura ma con delle modifiche. Adesso tocca di nuovo al Senato. La seconda lettura non prevede emendamenti, ci sarà solo il voto finale per il quale serve la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Se non si raggiunge il quorum dei due terzi, il ddl costituzionale può essere sottoposto a referendum.  Il "cavillo" sull'articolo 2. L'oggetto del contendere è l'articolo 2 e le "sfumature di testo differenti" adottate dalle due Camere sull'eleggibilità dei senatori. Il governo sostiene che il dibattito su quell'articolo è chiuso, mentre le opposizioni e la minoranza Pd chiedono di riaprire la discussione. Toccherà al presidente del Senato Pietro Grasso decidere se ci sono i margini per riaprire la discussione sull'articolo 2 e far votare gli emendamenti.