Attualità

Le riforme costituzionali. Renzi: sul nuovo Senato puntiamo al referendum

lunedì 9 marzo 2015
"Sarà il popolo a decidere se la nostra riforma del Senato va bene o no". Non i Fassina, non i Brunetta. E neanche Silvio Berlusconi, che annuncia il no di Forza Italia alla Camera. "Puntiamo al referendum", dichiara Matteo Renzi. Alla vigilia del voto finale alla Camera sul ddl costituzionale di oggi (inizio seduta alle 15), è un messaggio tanto ai partiti di opposizione, quanto alla minoranza Pd. "Nessuno può permettersi di fermare il cambiamento", dichiara "tosto e deciso" il premier. E ribadisce che il testo dell'Italicum sarà approvato così com'è, senza modifiche. Un proposito che, lo avverte la sinistra dem, rischia di spaccare il Pd e far saltare l'intero percorso delle riforme.    Il pomeriggio di riposo in famiglia, a Pontassieve, Renzi lo dedica alla newsletter che periodicamente invia ai suoi elettori. Alle spalle il primo anno di governo, davanti un quadro economico in miglioramento, tant'è che "è probabile che nel primo trimestre il Pil torni positivo". Il merito, rivendica il leader del Pd, non è solo delle favorevole congiuntura internazionale, ma della "solidità delle riforme" del governo. Come quel Jobs act che, dopo essere stato martellato da "polemiche ideologiche", renderà "ancora più facile assumere. Dunque, "guai a sedersi" proprio adesso: si "accelera", annuncia Renzi ai suoi sostenitori. Dopo l'elezione di Sergio Mattarella, spiega, è "chiaro a tutti" che Parlamento e governo andranno avanti fino al 2018, "attaccando" ogni "potere di rendita" per produrre "profondo" cambiamento. In settimana il Consiglio dei ministri varerà il ddl di riforma della scuola, ma è pronto a intervenire in qualsiasi momento con un decreto se il Parlamento non sarà abbastanza veloce e farà ostruzionismo. Con un metodo che sarà applicato anche alla riforma della Rai, per la quale in Cdm nei prossimi giorni ci sarà un primo esame.  Martedì verrà compiuto un nuovo passo nel cammino delle riforme istituzionali. Ed è su quel punto che si focalizza il dibattito (e lo scontro) politico. In mattinata Silvio Berlusconi - con il plauso di Matteo Salvini - annuncia che Fi domani voterà contro il ddl costituzionale, per dire "no alla prepotenza" di Renzi. Un "errore politico" e - osserva Lorenzo Guerini - un segno di debolezza che mantiene la distanza tra gli ex "pattisti" del Nazareno, tanto che appena inizia a circolare la voce di un incontro tra premier e Cav già oggi, viene seccamente smentita da entrambe le parti. La situazione, affermano i renziani, non è irreversibile ma non dovrebbe cambiare da qui al voto per le regionali. Perciò in molti prevedono che il nuovo passaggio dell'Italicum alla Camera e del ddl Boschi al Senato verranno compiuti solo dopo le amministrative di maggio. Senza Fi a Palazzo Madama la riforma costituzionale rischia grosso, visti i numeri risicati della maggioranza e il dissenso della minoranza Pd. E anche la legge elettorale a Montecitorio, sotto il fuoco dei voti segreti, non è al riparo da modifiche. Perciò anche la minoranza Pd invita Renzi a non insistere in forzature: "Si rischia una spaccatura nel partito che avrebbe ripercussioni sul percorso riformatore", avverte Alfredo D'Attorre. Stasera (dopo che in molti torneranno a disertare l'incontro convocato al partito da Renzi su fisco, P.a. e terzo settore) gli esponenti delle diverse aree di minoranza si vedranno per decidere come votare martedì. I bersaniani per "coerenza" dovrebbero confermare il sì, mentre singoli deputati come Pippo Civati e Stefano Fassina non parteciperanno al voto. Renzi, però, non sembra preoccupato. L'Italicum, ripete, non si cambia più: la prossima sarà "la lettura finale". E sulla riforma costituzionale si farà il referendum: allora si vedrà i cittadini a chi daranno ragione.