Attualità

Università. Ricerca, persi un miliardo e 10mila giovani

Paolo Ferrario lunedì 13 febbraio 2017

La ricerca pubblica italiana è un volano di sviluppo per il Paese, che avrebbe bisogno di maggiori risorse e, invece, deve fare i conti con tagli importanti. Ciononostante, in rapporto agli investimenti e al personale a disposizione, l’Italia si colloca ai vertici mondiali, con un impatto della produzione superiore alla media dell’Unione Europea.
In sintesi, è questa l’analisi dello stato di salute della ricerca pubblica nazionale, emerso questa mattina durante un incontro promosso dalla Consulta dei presidente degli enti pubblici di ricerca e dalla Conferenza dei rettori delle Università italiane (Crui).

Investimenti scarsi

L’Italia, è stato ricordato, investe meno di altri Paesi in ricerca e sviluppo (1,33% del Pil nel 2015 contro una media europea pari a 2,03%, secondo Eurostat) e ha un numero inferiore di ricercatori rapportato alla popolazione (nel 2015 la percentuale dei ricercatori ogni mille occupati in Italia era pari al 4,73% contro una media europea del 7,40%, stando a dati Ocse). Inoltre, ha sottolineato il presidente della Crui, Gaetano Manfredi, dal 2008 ad oggi la ricerca universitaria ha perso un miliardo di euro e 10mila ricercatori.
«Se riuscissimo a recuperare sia i fondi sia i ricercatori – ha aggiunto Manfredi – torneremmo a una situazione nella quale eravamo sottodimensionati, ma almeno avevamo l’opportunità di avere dei giovani ricercatori. Che, invece, formiamo a livello dei Paesi in cima alle classifiche, ma che ogni anno rischiamo di perdere per le difficoltà di reclutamento».

Produzione ottima

Ed è davvero un peccato, perché, almeno a livello di risultati, lo stato di salute della nostra ricerca pubblica è «buono» e per certi versi «ottimo». Stando al Report 2016 dell’Anvur, la quota sul totale della produzione scientifica italiana delle pubblicazioni su riviste eccellenti (presenti nel top 5% internazionale in base al fattore di impatto) è superiore alla media mondiale. Analogamente, nel periodo 2011-2014, l’impatto della produzione italiana, risulta superiore alla media dell’Unione Europea. Inoltre, l’Italia è posizionata poco sotto gli Stati Uniti per impatto medio, ma con valori molto superiori per quota di pubblicazioni su riviste di eccellenza.

Risorse su progetti eccellenti

Per mantenere queste performance, evitando la dispersione delle (scarse) risorse a disposizione, l’impegno della Consulta è rivolto a indirizzare e catalizzare i fondi su pochi ma importanti progetti europei. «Siamo impegnati a formulare proposte concrete per un miglior funzionamento della ricerca pubblica italiana, dalla valutazione al reclutamento – ha sottolineato il presidente della Consulta, Massimo Inguscio –. Chiediamo più risorse per poter essere sempre più competitivi, per poter affrontare le grandi sfide internazionali e per consentire l’inserimento di giovani ricercatori nel sistema». Invece, ha denunciato Inguscio, negli ultimi anni il sistema ha subito tagli per 60-70 milioni di euro. «I fondi destinati alla ricerca non sono spese correnti, da controllare e tagliare, ma investimento – ha aggiunto –. Non ridurre i fondi per la ricerca è un modo per investire nella crescita del Paese. Ridurli sarebbe, invece, un suicidio».