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RETROSCENA. Berlusconi: non mi fido, pronto a elezioni «Il Pd sta tramando per Prodi al Quirinale»

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 29 marzo 2013
«Torno a Roma. Voglio ascoltare cosa ci dirà il capo dello Stato...». È sera quando Silvio Berlusconi ribadisce a chi gli sta accanto la sua decisione di lasciare Milano e tornare nella Capitale, in quello che, per la politica italiana, si preannuncia come un autentico venerdì di passione. Dopo le dichiarazioni giunte dal Quirinale e dal presidente del Consiglio incaricato Pier Luigi Bersani, il leader del Pdl si è consultato a lungo con lo stato maggiore del partito. La linea resta ferma: «Ripeteremo al presidente Giorgio Napolitano ciò che abbiamo già detto più volte, anche durante il colloquio col premier incaricato. L’Italia ha bisogno di un governo in tempi rapidi, per arginare la crisi con riforme economiche». Il Cavaliere tuttavia resta guardingo: «Le difficoltà di Bersani sono emerse con chiarezza. Speriamo perciò che non ci sia la volontà di "tutelare" la sua posizione oltre misura. Noi lavoriamo per costruire qualcosa, ma anche dall’altra parte ci deve essere la medesima volontà, che finora è mancata». Ad esempio, sull’imminente elezione del nuovo capo dello Stato: «Insistiamo, serve una personalità moderata di alto profilo e non un nome che sia espressione di una sola parte, come Romano Prodi» avverte il Cavaliere, che preme per l’individuazione di una figura di garanzia, che in qualche modo possa fare argine qualora «l’accanimento giudiziario» nei suoi confronti divenga eccessivo. Anche l’ipotesi di un «governo del presidente» guidato magari da Giuliano Amato o da "tecnici" di alto profilo, che potrebbe rappresentare una via d’uscita, viene guardata senza entusiasmo: «Potrebbe andar bene - mette le mani avanti Berlusconi -, ma a patto che non duri sei mesi, perché sarebbe un favore a Grillo, e che s’impegni a realizzare non solo le misure economiche, ma anche la legge elettorale e riforme come l’elezione diretta del capo dello Stato».Se però se il segretario democratico dovesse continuare ad impuntarsi, senza concedere nulla, allora il Pdl si batterà per il ritorno alle urne, contando su sondaggi favorevoli. Un voto "rapido" potrebbe anche ostacolare la corsa di Renzi (che il Cavaliere considera il vero antagonista elettorale). Tutti ragionamenti che però restano in stand by, in attesa del colloquio con Giorgio Napolitano. Lo ribadiscono tutti i big del partito, ad iniziare dal segretario Angelino Alfano, che insieme ai capigruppo di Senato e Camera, Renato Schifani e Renato Brunetta, comporrà la delegazione del Pdl (per la Lega stavolta dovrebbe esserci Roberto Maroni, accompagnato dai capigruppo Massimo Bitonci e Giancarlo Giorgetti): «Bersani non è uscito dal vicolo cieco - afferma Alfano -. Dobbiamo evitare che ci finisca l’Italia. La nostra linea è stata costruttiva e non cambierà. Incontreremo fiduciosi il presidente Napolitano».​