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Dopo la prolusione. Antonetti: «Resta valida la lezione di Sturzo e De Gasperi»

Vincenzo R. Spagnolo mercoledì 24 gennaio 2018

«Rispetto all’impegno dei cattolici in politica, l’esperienza di grandi figure del passato, da don Sturzo ad Alcide De Gasperi o Aldo Moro può insegnarci molto». Presidente dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma, il professor Nicola Antonetti è docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Parma. A suo parere, l’invito a «guardare al passato per costruire il futuro» formulato dal presidente della Cei Gualtiero Bassetti è assolutamente condivisibile: «Col loro impegno, i cattolici sono stati protagonisti in stagioni politiche ben più ardue di questa, come la ricostruzione post bellica o gli anni della guerra fredda e del terrorismo. Pensiamo alla scrittura della Carta costituzionale, figlia delle capacità di proporre e mediare dei cattolici: a quel tempo, le ideologie erano ben più radicate che adesso. E un compromesso fra De Gasperi e Togliatti era impresa molto più difficile di una trattativa fra partiti d’oggi».

Cosa rese possibile quel risultato?
Il fatto di guardare al bene complessivo del Paese, di lavorare per un’umanità migliore.

Nella campagna elettorale si rincorrono promesse roboanti. Gli inviti alla «sobrietà» del capo dello Stato e del presidente della Cei non trovano terreno fertile...
Purtroppo, è una campagna elettorale condotta all’insegna di un vuoto ideale e di un insieme di slogan che fanno paura. C’è un desolante abbassamento della cultura politica e civile.

Per quei cattolici che provano a discernere, sarà difficile scegliere per chi votare. Cosa ne pensa?
La mia esperienza alla guida dell’istituto Sturzo mi porta a una riflessione. O mettiamo tutte le nostre energie per ricostruire una formazione che unisca i principi cattolici alla capacità di leggere laicamente il mondo per ciò che è, o la nostra voce si spegnerà.

Dopo vent’anni, davvero è ancora tempo di sentirsi 'orfani' della Democrazia cristiana? Non sarebbe più pragmatico, al netto delle diverse collocazioni partitiche, collaborare per il bene comune?
Nello scenario attuale, collaborare resta l’unica opzione percorribile per essere, nella visione evangelica, 'il sale della società'. È ciò che si può fare in questa stagione: non sappiamo quando finirà e se ne seguirà una nuova, in cui noi cattolici avremo di nuovo in politica una posizione unitaria. Ciò che sappiamo, è che oggi non possiamo nasconderci o evitare forme d’impegno, per il solo fatto di non avere un partito che ci rappresenti tutti.

Punti cardine, per i cattolici impegnati in politica, debbono essere la cura dei poveri e la difesa della vita, «senza intermittenze».
Non si può lasciare questioni così essenziali a chi intende spesso strumentalizzarle. Prendiamo le migrazioni: sono drammi che coinvolgono uomini, donne e bambini e che, come famiglia umana, ci riguardano. Ed è grave che qualche politicante le rappresenti come un problema di frontiere o di sorveglianza. La politica deve risolvere i problemi, non agitare spauracchi, perché è servizio, è «carità».

Eppure molti cattolici se ne tengono a distanza, ritendola 'marcia'.
Bisogna che se ne sentano protagonisti. Credo fermamente che, se questo appello a un impegno in politica, fatto di valori e di sobrietà, passerà a livello delle singole persone, il Paese potrà salvarsi dal declino. Io sono un 'vecchio' lettore di documenti ecclesiastici. E, a parer mio, le quattro pagine del cardinal Bassetti sono straordinariamente dense, un esempio di concinnitas, di sintesi e di chiarezza, che vale più di tante relazioni o congressi di partito.

Cosa le rende preziose?
L’ispirazione di fondo, oltre che le singole riflessioni. La Chiesa italiana, a mio modo di vedere, sta continuando il suo percorso postconciliare in merito ai rapporti con la politica, avendo come punto di riferimento la visione delineata nella Populorum Progressio. I tre verbi scelti dal cardinal Bassetti («ricostruire, ricucire, pacificare ») ci consegnano l’immagine e la sostanza di una Chiesa esperta in umanità, che legge il mondo e ne interpreta problemi e lacerazioni alla luce della propria esperienza e degli insegnamenti del Vangelo.

Una Chiesa per la quale, ricorda il cardinal Bassetti citando papa Francesco, «dialogare» con la politica non è «negoziare».
La Chiesa non è un partito, né un’azienda. Non tratta con la politica, offre gratuitamente la propria esperienza in umanità. E non lo fa per dirigere, ma per testimoniare come si può vivere, e costruire soluzioni insieme, in una società così complessa e lacerata. Oggi, la mia preoccupazione più grande è per i giovani, che rischiano di essere 'massa di manovra' di veri e propri avventurieri della politica.

Come evitarlo?
Bisogna formarli. Altrimenti, nell’era dei blog e dei social network, finiranno per essere bersagliati solo da martellanti campagne di chi specula sulle paure della società.