Attualità

L'intervista. Epifani: «Renzi rifletta, rischio tensione»

Arturo Celletti venerdì 31 ottobre 2014
Una notte per interrogarsi. Per chiedersi il perché di quella carica, di quei manganelli. Per riflettere su quelle immagini. «Sono la spia di un Paese che soffre, segnalano un malessere. Vero, profondo... Guai a sottovalutarlo». Guglielmo Epifani mette in fila pensieri. Poi, per un attimo, apre una parentesi e fissa un punto con un messaggio netto. «Bisogna spiegare quello che è successo e soprattutto farlo in fretta. Poi, chi ha sbagliato, dovrà pagare: si è trattato di un atto irresponsabile e pretendiamo verità e trasparenza». Parole nette, quasi una richiesta di un di più di chiarezza ad Alfano: «Non basta il rincrescimento, serve la verità. Insisto: il ministro dell’Interno deve chiarire e prendere dei provvedimenti perché chi ha sbagliato deve pagare. È stata la polizia che ha deciso da sola o qualcuno ha ordinato quella carica? Ripeto: subito la verità. Poi l’impegno vero, convinto, che una cosa così non accada mai più. Il Viminale deve sapere che non si può più sgarrare». All’improvviso, però, il ragionamento di Epifani torna a spostarsi su un’Italia ancora in ginocchio per «questa crisi senza fine» e su un governo che «non può e non deve mettere il sindacato nell’angolo». Siamo al secondo piano di Palazzo Montecitorio nell’ufficio del presidente della commissione Attività Produttive. Epifani conosce bene la Cgil e il Pd. Ha guidato il sindacato di corso d’Italia dal 2002 al 2010 dopo Sergio Cofferati ed è stato segretario del Pd per sei mesi nel 2013, dopo Pier Luigi Bersani e prima di Matteo Renzi. «Non si era mai arrivati a un punto così profondo di contrapposizione», ripete a bassa voce. E chiosa: «E questo è un male. Non per il Pd, non per la Cgil. È un male per il Paese e su questo punto Renzi deve riflettere. In una stagione segnata da una crisi così profonda le forze sociali hanno un ruolo di cui non si può fare a meno. È così: senza quel ruolo il potenziale conflitto sociale si scaricherà sul governo». Epifani, teme una stagione segnata da nuovi scontri? Il rischio che si apra una stagione di tensione c’è, è reale. E la miscela è la sofferenza sociale che si lega a un conflitto permanente tra governo e sindacato. Un conflitto che anziché essere ricomposto, giorno dopo giorno, rischia di salire di intensità, di esasperarsi. E questo va evitato. Leggevo una dichiarazione del Vescovo di Terni. Pensava alla vertenza, agli operai, diceva 'bisogna trovare tessitori di accordi'. Ecco il punto. Accordi per gli operai e accordi per il Paese: siamo in una fase in cui i ponti vanno gettati, non tagliati. Renzi che farà? L’ha sentito? Su Terni il premier si sta impegnando. So come sta seguendo queste cose, so quanto ha a cuore il destino degli operai, so quanto ha fatto per l’Electrolux... Ma non basta. Renzi deve sapere che non si governa una società complessa in un momento di crisi come questo senza un rapporto positivo con le forze sociali. Io la vedo così. Renzi è accorto, intelligente, credo se ne possa rendere conto, anzi deve rendersene conto. Può contestare il merito di una scelta dei sindacati, delle forze sociali; ma non può contestare il loro ruolo. Quello gli viene dato dal peso che hanno nella società, quello non è eludibile. E mettere all’angolo questa rappresentanza sarebbe un errore imperdonabile, un errore che rischia di far pagare un prezzo alto al Paese. Un errore dietro cui prende forma una stagione di nuove tensioni? Se salti il rapporto con le parti sociali e se lo consideri con sufficienza accentui l’esasperazione individuale e corporativa e rischi di accendere il radicalismo e la violenza. Ma presto capiremo come ha deciso di muoversi il presidente del Consiglio: sarà il Jobs act il primo vero banco di prova. Se il governo mette la fiducia dà un segno di chiusura sbagliato; deve accettare che nel dibattito parlamentare si affrontino nodi irrisolti. Deve farlo anche perché toccare il tema dell’articolo 18 è stata una scelta infelice, un errore grave: dopo sette anni di crisi l’Italia conta un milione di licenziati e aveva senso ora aprire una discussione sulla facilità di licenziare? Era questo il momento? Crede che esista la possibilità di una scissione nel Pd? È una cosa senza senso, una pura invenzione. Non esiste nulla di tutto questo, c’è solo una minoranza del Pd che chiede un altro rapporto tra il partito e il mondo del lavoro. Bisogna rendersi conto che il Paese è su una polveriera ed è il momento di ricalibrare scelte e comportamenti. Bisogna capire che questa è una crisi che accentua le differenze. C’è un pezzo del Paese che rischia di perdere tutto e va preso per mano. Se perdi un lavoro a quarant’anni, perdi tutto. Come dai risposte a questa parte del Paese? Come avvicini le condizioni di chi ce la fa con quelle di chi è rimasto indietro? Epifani, c’è chi vede un collegamento tra la sfida alla Cgil della Leopolda e le cariche di ieri. Non vorrei che si sopravvalutasse il dibattito della Leopolda e non vedo nessuna vera relazione. Le stupidaggini del finanziere Serra sono solo stupidaggini, non possono certo essere un messaggio per la polizia. Detto questo, si deve dire con assoluta chiarezza che la libertà di manifestare è intoccabile e che solo interrogarsi su questo è sciagurato. L’impressione è che tutti abbiano una parte di responsabilità. Anche la Camusso quando dice che Renzi è arrivato a Palazzo Chigi grazie ai poteri forti. La Cgil ha sulle spalle anni difficili, anni di sofferenze, anni di crisi. Ogni giorno è a contatto con chi perde il lavoro, con chi chiede risposte, con chi non sa dove sbattere la testa. C’è un’esasperazione che va compresa perché la Cgil sta perennemente in trincea, è il primo filtro. Renzi si è mai chiesto che cosa sarebbe successo senza il suo ruolo? Insisto; la frase di Camusso sui poteri forti è stata o no infelice? Renzi è arrivato a Palazzo Chigi con il voto delle primarie, con il sostegno larghissimo del popolo del Pd, con il sì forte della direzione del partito. Ma se c’è stata una frase inquietante è stata quella di Marchionne. 'L’abbiamo messo lì', ha detto l’Ad di Fca (il nuovo nome di Fiat, ndr). Non è così e quella è una frase arrogante e padronale. Come si permette Marchionne di dire ce l’abbiamo messo noi? Ha sentito gli operai di Terni? Conosco gli operai di Terni. Sono arrabbiati, ma sono gente seria, onesta, perbene. Hanno il senso della misura e non l’hanno mai superato. Ho sentito loro e ho sentito i leader sindacali che erano con gli operai delle acciaierie. Mi hanno raccontato di una manifestazione pacifica e di una carica senza motivo, senza logica. Credo che dicano la verità; anzi non ho dubbi che abbiano detto la verità. Ma il punto vero è il rapporto governo-sindacato. Renzi deve ascoltare di più; deve perdere tempo e capire che è tempo ben speso. C’è un Paese che soffre e il governo ha davanti una sfida che richiede responsabilità.