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L'indagine. Regali per le nomine, s'allarga l'inchiesta sulle toghe romane

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 31 maggio 2019

(Ansa)

Un presunto ginepraio di legami opachi fra magistrati, avvocati e imprenditori, con scambi di informazioni riservate e tentativi di favorire carriere togate in cambio di denaro e regalie. È lo scenario tratteggiato negli atti dell’inchiesta della procura di Perugia che sta sollevando una bufera nella Capitale. Ieri mattina la Guardia di Finanza ha perquisito l’ufficio del pm di Roma Luca Palamara, già presidente dell’Anm ed ex membro del Consiglio superiore della magistratura e ora indagato dalla procura perugina per corruzione. Oltre a lui, interrogato ieri per 4 ore, ci sarebbero diversi iscritti nel registro degli indagati, alcuni per corruzione, altri per differenti ipotesi di reato. Fra loro l’imprenditore Fabrizio Centofanti e gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore (entrambi già coinvolti in altre inchieste su sentenze 'aggiustate' al Consiglio di Stato).

Presunta tangente di 40mila euro

L’indagine della procura di Perugia, iniziata oltre un anno fa, si è avvalsa anche di intercettazioni e di 'cimici' virtuali (come un programma spia «trojan» inserito nel cellulare del pm Palamara). Secondo gli inquirenti, l’ex togato del Csm, mentre era in carica a Palazzo dei marescialli, avrebbe ricevuto 40mila euro da Calafiore e Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, poi non avvenuta. Proprio Longo (arrestato nel febbraio 2018 in un’inchiesta a Messina su casi di corruzione in atti giudiziari), interrogato dai pm siciliani nel luglio 2018 sui rapporti tra Amara, Calafiore e il Csm, disse che «Calafiore gli avrebbe riferito di aver dato unitamente ad Amara la somma di euro 40mila a beneficio di Palamara per la sua nomina a procuratore di Gela». Una nomina, precisò Longo, non concretizzatasi, in base a quanto sostenuto da Palamara, «a causa di un intervento diretto del Presidente della Repubblica ». Ancora, secondo la ricostruzione contenuta nel decreto di perquisizione dei pm perugini, Centofanti avrebbe corrisposto a Palamara sin dal 2011 (quando il pm non ricopriva ruoli al Csm) utilità e vantaggi economici. Regali destinati non solo a lui, ma anche alla sorella Emanuela e alla sua amica Adele Attisani (compreso un anello da 2mila euro) fra cui soggiorni a Taormina, Favignana, in Toscana e a Dubai.

«Mai preso soldi, né fatto favori»

Nel pomeriggio, Palamara è stato ascoltato per 4 ore in una caserma romana della Gdf: «Su di me si stanno abbattendo i veleni della Procura di Roma, ma non mi faccio intimidire – avrebbe detto il magistrato –. Sto chiarendo tutto, non ho ricevuto pagamenti, né regali, né anelli e non ho fatto favori a nessuno». L’ex consigliere del Csm, assistito dagli avvocati Buratti e Di Lembo, sarà ascoltato anche oggi: «Non ho mai parlato di Giancarlo Longo, né ho danneggiato qualche altro collega», ha aggiunto, esibendo poi «le ricevute dei pagamenti dei viaggi». Al vaglio degli inquirenti ci sono i file di un computer sequestrato nella perquisizione.

Segreti d’ufficio rivelati

Un altro filone dell’indagine si basa su accuse nei confronti di Luigi Spina, attuale consigliere del Csm (della corrente centrista di Unicost, come Palamara) indagato per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale. Secondo i pm, avrebbe rivelato al suo collega notizie relative all’inchiesta di Perugia nel quale era indagato, apprese per il suo ruolo nel Csm. Negli atti si menziona una conversazione dello scorso 9 maggio «tra Spina, Palamara e due parlamentari (...)» (non menzionati) che per i pm dimostrerebbe che lo stesso Palamara era «già consapevole del suo procedimento pendente a Perugia, tanto da parlarne con un parlamentare imputato ». Indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio è anche Stefano Rocco Fava, pm in servizio a Roma (autore di un esposto al Csm contro il procuratore Giuseppe Pignatone, ora in pensione, e l’aggiunto Paolo Ielo) e viene sospettato di aver rivelato notizie sulle indagini a carico di Palamara, che peraltro avrebbe acquisito informazioni pure attraverso un commercialista, consulente della Procura. Uno scenario da chiarire, ma che intanto getta ombre su Piazzale Clodio, rallentando la decisione del Csm sul nuovo capo della procura.

Chi è Luca Palamara

L’ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, oggi indagato per corruzione, inizia da avvocato nel 1995 e l’anno successivo diventa magistrato. La carriera nella magistratura inizia nella Procura della Repubblica di Reggio Calabria e, dal 2002, nella Procura di Roma; nel 2018, a soli 39 anni, viene eletto presidente dell’Associazione nazionale magistrati, guadagnando il record di presidente più giovane nella storia dell’Anm. Dal 2014 è componente del Csm.