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Ricorso. Referendum, M5S al Tar: la scheda è uno spot

Angelo Picariello giovedì 6 ottobre 2016
Lo scontro sul referendum arriva in tribunale. Sinistra Italiana e M5S hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio contro quello che definiscono un «quesito-truffa». Il Quirinale, chiamato in causa, è costretto a ricordare che sulla materia è competente l’ufficio centrale del referendum della Cassazione, mentre Matteo Renzi si fa beffe dei ricorrenti, ricordando che la legge, titolo compreso (finito nel quesito referendario, come sempre in questi casi) è stata votata dal Parlamento, non dal governo. Ma, per i ricorrenti, «il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di 'spot pubblicitario', tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo. I cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale ». Particolarmente duro l’ex capogruppo al Senato di M5S Vito Crimi: «Il testo del referendum è una truffa, una propaganda ingannevole, l’ennesima trovata di Renzi per prendere in giro gli italiani», dice il senatore grillino, membro della commissione Affari costituzionali. Crimi si appella come fa anche Gaetano Quagliariello -all’articolo 16 della Legge 352 del 1970 (istitutiva dei referendum) che prevede, fra le diverse formulazioni possibili, anche l’indicazione degli articoli oggetto di revisione, mentre il titolo oggetto di referendum così risulta «palesemente ingannevole per i cittadini» insiste Crimi: «Una vera e propria truffa».Il quesito referendario «predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione», è scritto nel ricorso. «Su questo il Presidente della Repubblica non può tacere. Il quesito imbroglia i cittadini perché non dice cosa cambierà realmente » attacca Crimi.Ma una nota ufficiosa del Colle, nel pomeriggio, chiarisce seccamente che «è improprio attribuire alla Presidenza della Repubblica la formulazione del quesito referendario», e quello che comparirà sulla scheda «è stato valutato e ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione, in base a quanto previsto dalla legge - ricorda il Quirinale - e riproduce il titolo della legge quale approvato dal Parlamento».Più tardi ecco Matteo Renzi. «Caro comitato del no, questo significa dire bugie e prendere in giro gli italiani », attacca il presidente del Consiglio. «Non c’è nessun genio del marketing che ha creato il quesito del referendum del prossimo 4 dicembre, perché è il quesito che la legge prevede», dice il premier da Treviso. «Il quesito è facile, a parte Luigi Di Maio lo capiscono tutti», ironizza: «Non ditelo al Comitato del No, ma se il titolo non piaceva, potevano emendarlo, visto che sulla legge costituzionale gli emendamenti sono stati numerosi ma il titolo della legge andava bene a tutti». «Il M5S sfiora il ridicolo», interviene il senatore renziano Andrea Marcucci. «La loro malafede sostiene - è dimostrata anche dal fatto che il comitato per il No ha raccolto le firme per il referendum costituzionale sullo stesso quesito oggi contestato». Inoltre, per il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex senatore dem, «il titolo non può che riprendere, dopo tre letture, quello votato dalle Camere. E il richiamo ai singoli articoli - ricorda - non c’era neanche nelle due precedenti consultazioni».