Attualità

Quirinale. Il flop di Casellati riapre i giochi. Il Parlamento «chiama» Mattarella

Matteo Marcelli venerdì 28 gennaio 2022

Sergio Mattarella

La spallata di Matteo Salvini si infrange sul muro dei franchi tiratori interni al centrodestra. Circa 70, probabilmente non del partito dell’ex ministro dell’Interno, ma abbastanza per decretare il flop e bruciare la candidatura di Elisabetta Alberti Casellati alla prima votazione di ieri. La prova di forza sul nome della presidente del Senato – una decisione maturata già nella tarda serata di giovedì –, invece di mostrare la compattezza della coalizione ne svela le fragilità e si risolve in un totale di 382 voti. Sono 71 in meno rispetto alla quarta chiama, quando invece l’ordine di scuderia era stato seguito fedelmente. A nulla serve la chiamata alle armi di Silvio Berlusconi che in comunicato invita i grandi elettori di «tutte le forze parlamentari» a convergere su Casellati, assicurando lui stesso sulla sua equidistanza e «adeguatezza» alla carica.

Quando è ormai chiaro che la seconda carica dello stato fallirà l’obiettivo, iniziano i malumori. Giorgia Meloni si scaglia su Forza Italia: «C’è chi in questa elezione ha lavorato per impedire l’elezione di un presidente di centrodestra. Occorre prenderne atto e ne parlerò con Matteo Salvini per sapere cosa ne pensa». La coalizione prova a sciogliere le tensioni con un nuovo vertice da cui scaturisce la strategia dell’astensione per il voto pomeridiano. Dalla sponda opposta, anche qui a seguito di un confronto tra i leader di Pd, M5s e Leu, la scelta è per la scheda bianca, alla quale si associa anche Matteo Renzi.

La sconfitta sull’indicazione di Casellati costringe però al dialogo e tra una chiama e l’altra i contatti si moltiplicano. «Si è aperta una trattativa con il centrosinistra », ammette la capogruppo del Senato di Fi, Anna Maria Bernini, e di lì a poco arriva la notizia di un colloquio tra Conte, Letta e Salvini negli uffici del Movimento. Nel frattempo si tiene anche un bilaterale tra il leader della Lega e il premier Mario Draghi: in un palazzo vicino a via Veneto, lontano da telecamere e flash, i due vengono visti uscire a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro. Circostanza che fa salire nuovamente le quotazioni del presidente del Consiglio.

Terminato il “conclave ristretto”, è il segretario del Pd il primo a commentare: «Con Salvini abbiamo discusso in modo franco e aperto. Ora si comincia veramente». Ma il colpo di scena arriva dall’ex ministro dell’Interno, che prima si rammarica per l’occasione persa con Casellati, poi però si mostra fiducioso e offre alla stampa la notizia del giorno: «A breve, senza andare lunghi con veti, perdite di tempo, liti, sto lavorando perché ci sia un presidente donna in gamba, non un presidente donna in quanto donna. Un presidente donna in gamba». Il pensiero della maggior parte dei cronisti e dei commentatori va a Elisabetta Belloni, un nome già spuntato nei giorni scorsi, che piace anche a Meloni. La candidatura prende decisamente quota quando a rompere il silenzio è anche il capo dei 5 stelle: «Spero che ci sia la sensibilità per avere un presidente donna». Il nome non è però gradito a Matteo Renzi, secondo il quale «il capo dei Servizi segreti non può diventare presidente della Repubblica ». Ma anche da Pd, Fi, Leu e Coraggio Italia filtra contrarietà.

Mentre proseguono le speculazioni sull’intesa tra Salvini e Conte, lo spoglio della seconda chiama del giorno regala l’altra notizia del giorno: il nuovo exploit del capo dello Stato in carica, Sergio Mattarella ottiene 336 voti. Un dato che costringe al ridimensionamento i molti che avevano salutato “l’opzione donna” come l’esito di un accordo finalmente condiviso e obbliga a rilevare che molti elettori non sono disposti ad accodarsi ai diktat dei rispettivi leader.