Attualità

Coronavirus. Quel che (ci) resta della quarantena: volti e idee per ripartire / 2

lunedì 18 maggio 2020

La forza del prossimo cura la mia fragilità

Giuseppe Gatti magistrato antimafia, 45 anni, Bari - .

Il Covid ci ha ricordato anzitutto la nostra fragilità, ma abbiamo anche compreso come la vita e le sorti di un uomo, di una regione, di una nazione, di un continente siano collegate a quelle degli altri. Questa esperienza dice che è proprio affidandoci gli uni agli altri che possiamo curare la nostra fragilità. Riscoprire nella vita la presenza dell’altro e la forza del noi: la relazione e la solidarietà come essenza della nostra realizzazione umana. Non è un caso se proprio ora abbiamo riscoperto la nostra appartenenza comunitaria sentendoci parte di un’unica grande realtà, secondo quel modello di “legalità circolare” che sognarono i nostri padri costituenti: libertà e uguaglianza sono diritti che stanno insieme proprio grazie al dovere di solidarietà. Sono verità delle quali spero che ognuno di noi faccia memoria, una ragione di impegno e di responsabilità. Che sia finalmente giunto il tempo di un nuovo modello di convivenza fondato sulla “legalità del noi”.

testo raccolto da Antonio Maria Mira

Impariamo a rispettare gli uomini e il pianeta

Filippo Grandi alto commissario dell’AgenziaOnu per i rifugiati, 63 anni, Ginevra - .

Nell’isolamento ho avvertito un paradosso: un senso di comunanza fortissimo, nel momento in cui eravamo più separati che mai, più separati di sempre. È stata una sensazione molto forte che ha attraversato tutto questo periodo. Per il futuro mi porto due riflessioni in particolare. La prima è conseguenza del 'paradosso' di cui parlavo: che questo senso di comunanza ci spinga finalmente a capire che viviamo in un mondo di sfide globali difficili. Non c’è solo il coronavirus, ma anche il clima, le migrazioni forzate, le disuguaglianze e la povertà. Per affrontarle dobbiamo fare ricorso alla comunanza, non alle divisioni. La seconda: il coronavirus è stato un po’ anche la nostra Torre di Babele: ha indicato i limiti della nostra potenza, perciò spero che questo tempo sia anche un’occasione di umiltà e una lezione attraverso la quale impariamo a rispettare di più il nostro pianeta, gli altri esseri umani, chiunque essi siano. Viviamo in un mondo arrogante ed egoista, perciò davvero auspico che questa lezione ci serva.

testo raccolto da Nello Scavo

La pizza della mamma e tutte le cose nuove

Pietro Mosa 8 anni, Milano - .

A me del coronavirus è piaciuto tutto. Mi dispiace per le persone che sono morte e faccio delle preghiere per loro. Penso però che per tutti gli altri sia stato positivo perché è stato un’esperienza nuova. Chi era mai stato tanto tempo senza uscire? Quante persone hanno fatto una cosa per la prima volta? Mia mamma ha fatto la pizza. Cucinare è stata una delle cose che mi sono piaciute di più, diventerà una delle mie passioni. Poi in questo periodo ho provato tutte le emozioni: tristezza perché non è venuta la nonna, rabbia quando non volevo fare le call di scuola e felicità per la mia cameretta che è diventata bellissima. Abbiamo appeso i miei lavori coprendo tutte le pareti. Davanti alla finestra ho creato il mio giardino, con piccole piante. E in un angolo con delle coperte appese ho fatto la mia chiesa. È lì che ho pensato alle persone che muoiono o si ammalano. Volevo dire un’altra cosa: l’uomo è l’unico essere vivente che si sa adattare. L’ha detto la direttrice della mia scuola. Secondo me è importante.

testo raccolto da Anna Maria Brogi

La mia canzone per fare rumore

Antonio Diodato cantante, 38 anni, Taranto - .

Il percorso che la vita mi ha regalato in questi due mesi (compreso il David di Donatello) ha dell’incredibile. Quando ho scritto 'Fai rumore', ero partito dalla mia intimità e l’ho presentata al Festival come invito ad abbattere i muri dell’incomunicabilità . Con la vittoria a Sanremo avevo pensato già di aver raggiunto il picco emotivo, ma mai mi sarei aspettato l’emozione fortissima di vedere la mia canzone diventare un urlo di liberazione per esprimere la propria umanità: sentirla cantare dai balconi dei palazzi mi ha sconvolto. E mi ha riempito di orgoglio, ieri, rappresentare l’Italia nel mondo a 'Europe Shine a Light' con questo brano. Tutto questo mi ha ricordato il perché faccio musica, gli ha dato un senso più profondo, mi ha riconnesso alla volontà di scrivere canzoni in cui tutti possano riconoscere i propri sentimenti. Durante la quarantena, ho dapprima vissuto un momento molto riflessivo; poi è arrivato il momento della creatività e ho cominciato a buttare giù su un foglio le mie sensazioni. Arriverà presto nuova musica.

testo raccolto da Angela Calvini

Studenti in cerca di «realtà»

Elena Ugolini preside Liceo Malpighi, 60 anni, Bologna - .

In questi mesi abbiamo vissuto un’emergenza sanitaria che è simile a quella educativa. Il cuore del cuore del sistema sanitario e di quello scolastico sono persone disposte a dare letteralmente la vita per gli altri. Solo adulti disposti spendersi totalmente per chi è stato loro affidato possono trasformare l’istruzione in una porta capace di aprire alla positività della vita. L’insegnamento a distanza ha fatto emergere in modo ancora più forte la necessità di una “vicinanza”, capace di riportare la forza della realtà nel ritmo di una giornata sospesa tra il divano e la play station, e sono emersi degli aspetti importanti che potrebbero aiutarci a migliorare anche la scuola in presenza. Ma ora basta! I bambini e i ragazzi sono stanchi di seguire le lezioni da un video, hanno voglia di tornare a scuola, di trovarsi con i compagni e di stare con i propri insegnanti, questa clausura forzata li ha messi duramente alla prova. E’ sacrosanto essere prudenti, ma sarebbe folle se “per non aver problemi” si ponessero condizioni talmente difficili , costose e inutili, da rendere impossibile ricominciare veramente scuola e università.

testo raccolto da Paolo Ferrario

Un pungolo per nuove soluzione

Davide Lauri medico di famiglia, 65 anni, Milano - .

La pandemia mi ha offerto, accanto alle criticità (in primis la mancata comprensione, all’inizio, del ruolo delle cure territoriali per arginare il contagio), anche alcuni elementi di stimolo professionale. Ho assistito a un radicale cambiamento nella relazione medico-paziente, con un riconoscimento positivo del ruolo del medico come difensore della salute altrui a discapito della propria: sono numerosissimi i messaggi di solidarietà ricevuti da noi medici di famiglia. Come presidente di cooperativa, l’epidemia è stata uno stimolo a cercare nuove soluzioni a difesa dei pazienti e del nostro lavoro. Insieme ai colleghi di Legnano, abbiamo realizzato una app che ci permette di gestire e monitorare i nostri assistiti a casa loro – con videovisita e monitoraggio di dati clinici eseguito dal paziente (febbre, pressione, frequenza cardiaca e respiratoria, saturimetria) – e di ricevere alert precoci. Abbiamo così mantenuto una continuità attiva delle cure, contenendo il rischio di contagio.

testo raccolto da Enrico Negrotti

A Codogno per gli altri. E per il mondo nuovo

Claudio Malguzzi caposcout, 23 anni, Codogno - .

Durante la quarantena mi sono offerto come volontario insieme ad altri due capi scout, Anna e Paolo, e ad Aldo, nel gruppo di Protezione Civile di Codogno. Ho scoperto la grande forza e solidarietà che il mio territorio ha saputo sprigionare. Alcune decine di persone si sono messe a disposizione della cittadinanza. Abbiamo portato la spesa a casa delle persone che non potevano muoversi poiché contagiate, risposto alle telefonate di chi cercava aiuto per medicinali, consegnato le mascherine e il disinfettante, e la Domenica delle Palme distribuito le uova di Pasqua ai bambini. Questo periodo di emergenza segnato da troppi lutti mi ha fatto capire quanto siano importanti la vita e i valori veri che la devono riempire, e come in momenti di emergenza i normali dissidi delle persone volino via, lasciando il posto all’unità di intenti, alla solidarietà e al servizio. Mi auguro che questi valori ci appartengano sempre più: così lasceremo il mondo migliore di come lo abbiamo trovato.

testo raccolto da Alessandro Saccomandi

L’emozione del primo che torna a camminare

Silvia Pedretti fisioterapista, 45 anni, Bresso (Mi) - .

Come fisioterapisti siamo intervenuti per facilitare il recupero dei pazienti Covid positivi dopo la fase più critica della malattia. Abbiamo la fortuna di accompagnare le persone in un percorso verso un futuro migliore, dopo un infortunio o un’altra malattia. Ce ne prendiamo cura. E forse per questo ci vogliono bene, anche se i nostri trattamenti sono a volte faticosi o dolorosi. Durante le sedute di fisioterapia si instaura spesso un bel rapporto con i pazienti, ancora di più in questa situazione in cui eravamo tra le poche persone con cui potevano parlare. E così ci hanno raccontato delle loro vite prima del ricovero, degli affetti... In questo periodo niente è stato più emozionante del momento in cui, insieme ad una collega, abbiamo visto camminare il nostro primo paziente dopo settimane di immobilità in terapia intensiva. A pochi giorni dalla Pasqua, una prima luce in un periodo veramente impegnativo, che ci ha costretto a rivoluzionare tutto in ospedale e in famiglia.

testo raccolto da Francesco Riccardi

Sentinella e custode in questi giorni «senza»

Elena Granata docente di Urbanistica, Politecnico di Milano - .


«Ho dato un significato nuovo al termine “presenza”. Fare didattica con intensità anche “senza” poter vedere in aula i miei studenti. Stare vicina ai miei genitori, alle sorelle, ai nipoti che crescono o agli amici “senza” vederli. Fare riunioni di lavoro, quelle dove si discute con animosità e passione, “senza” potere capire bene gli umori dei colleghi, senza poter dire, beh adesso ci prendiamo un caffè. Stare a casa con i miei tre figli “senza” dovere sempre correre da qualche altra parte. Muovermi a piedi “senza” dover prendere l’auto. Pensare al futuro “senza” che abbia un nome o un verso preciso. Accompagnare nell’ultimo saluto una cara zia “senza” affidarsi alle parole di un sacerdote, perché nei giorni in cui neppure i preti hanno potuto muoversi, siamo diventati sentinelle e custodi gli uni degli altri. Mi rimarranno, di queste settimane, tutti gli infiniti modi – leggeri o faticosi, gioiosi o complicati – in cui ho provato a riempire di senso quell’assenza».

testo raccolto da Massimo Calvi​

Chi sceglie non torna più indietro

Bruna Mangiola volontaria Caritas, 67 anni, Reggio Calabria - .

Sono una persona positiva. Non riesco a soffermarmi sul lato drammatico di ciò che accade. In questo periodo abbiamo assistito a tante cose negative, ma penso che ne usciremo. Ho visto tanta gente che mai si era impegnata, darsi da fare per aiutare gli altri. Tanti che non si erano mai accostati al volontariato e che proprio nel momento più difficile hanno deciso di agire per non abbandonare chi aveva bisogno. Tanti giovani – e anche meno giovani – hanno recapitato i pacchi della spesa a 730 famiglie seguite dalla Caritas. Un impegno faticoso ma assolto fino in fondo da ragazzi che mai si erano avvicinati prima d’ora a contesti di servizio e che con molta semplicità sono venuti da noi a chiedere “cosa posso fare?”. Penso che domani queste persone non abbandoneranno i poveri. Ho la speranza che sapranno guardare il mondo con occhi diversi, più attenti. È come se il Signore ci avesse fatto vedere l’altra faccia della medaglia: non solo il “bello”, ma anche ciò che è scomodo e fragile.

testo raccolto da Antonio Maria Mira​