Attualità

Web e politica. Quei 140 caratteri che servono a rottamare ma non bastano per governare

Angelo Picariello giovedì 17 novembre 2016

la copertina del libro di Antonio Palmieri

Internet come strumento, non luogo, né tantomeno obiettivo della contesa. Spaziando da Grillo a Obama, passando per Renzi e Salvini. Se andassimo a rovistare nelle statistiche dei social network di soli 5 anni fa scopriremmo ai primi posti per numero di amici e followers, fra i politici, tre assoluti protagonisti della politica attuale: Beppe Grillo che aveva aperto la strada, e i due Matteo, Renzi e Salvini, che si erano buttati a capofitto sulla stessa strada lanciando un’opa sui rispettivi partiti che avrebbero conquistato di lì a poco. Forza Italia, il partito che ha cambiato la politica con una videocassetta, ha faticato a capire che si stava passando dall’era della televisione a quella digitale, complice la crisi dei partiti e la crisi economica che hanno finito per privilegiare, entrambe, la formula pauperistica del Web.

La strategia

Ma Forza Italia non parte da zero. Antonio Palmieri, responsabile del sito Internet e della strategia online delle campagne elettorali di Silvio Berlusconi mette a disposizione la sua ultra-ventennale esperienza con un agile prontuario da lui curato ("Internet e comunicazione politica. Strategie, tattiche, esperienze e prospettive", FrancoAngeli editore). Perché, come l’esperienza di questi anni insegna, lo stile veloce e aggressivo della comunicazione digitale si adatta bene ai progetti di rottamazione e opposizione sia essa all’interno del Parlamento o dei singoli partiti. Ma poi, completata la scalata, diventa complicato alimentare una cultura di governo senza aiutarsi - che so - almeno con qualche slide.
E quella che Palmieri propone al grande pubblico è senza dubbio una strategia di governo. Che conosce, ma non cavalca, le semplificazioni. Il libro parte da alcuni assunti semplici e realistici. Il primo, la «irreversibilità» del processo di personalizzazione della politica. Che rende inevitabile percorrere la strada del Web, «luogo per antonomasia di relazione e rapporto diretto. Per sua natura ambito ideale della personalizzazione». Ma quello di Palmieri non è un approccio fideistico o assolutistico alla Rete, nella convinzione che «non è con Internet che si vincono le elezioni. Ma che senza, di sicuro, si perdono». E che «l’aspetto virtuale non può soppiantare la realtà, che viene prima».


No quindi agli effetti speciali per coprire il vuoto di idee e proposte, ma disponibilità ad immergersi nella «campagna elettorale permanente» che l’era virtuale comporta. Ma, per chi sta al governo (o punta ad andarci) il compito è più complicato: «Il racconto delle cose fatte non basta. Serve un leader, un programma e una visione adeguata per costruire il futuro». Per «alimentare il rapporto con i cittadini e di conseguenza il consenso». Nella consapevolezza che «l’obiettivo è aumentare i voti, non gonfiare il numero dei followers».