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Migranti. Sant'Egidio al governo: 4 proposte per fare dell'immigrazione un'opportunità

Alessia Guerrieri lunedì 14 giugno 2021

Ci può essere una «giusta ripartenza», ci può essere un’immigrazione ben gestita, un’immigrazione che faccia incontrare il bisogno degli italiani con quello di chi emigra «in legalità e sicurezza». E per farlo la Comunità di Sant’Egidio presenta al governo Draghi quattro proposte, in vista del Consiglio Europeo del 24 e 25 giugno. Innanzitutto occorre ripristinare i flussi di ingressi regolari nei settori che hanno più bisogno di lavoratori, come la sanità, il turismo e l’agricoltura; poi per la comunità trasteverina serve reintrodurre il sistema di sponsorship private e «prestazione di garanzia» per far entrare lavoratori dall’estero; ampliare la best practice dei corridoi umanitari ed estenderli ad altri Paesi europei; infine superare il Regolamento di Dublino prevedendo la possibilità, per chi si sposta per i 3 mesi consentiti dal diritto di visita, di accettare un impiego in un Paese diverso da quello di arrivo e possibilità di sponsor privati che possano richiedere l’autorizzazione all’ingresso per ricerca di lavoro per un anno. La ripartenza, ricorda infatti il responsabile della comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, «dovrà essere in meglio, per creare un mercato del lavoro sano e combattere il boomerang dell’occupazione sommersa, non tenendo nessuno nell’illegalità». Ci sono infatti 600mila stranieri in attesa che, se regolarizzati, «aiuterebbero il gettito fiscale dello Stato, le pensioni e il welfare».

Il presidente di Sant'Egidio Marco Impagliazzo - Siciliani

Il problema di fondo è del nostro Paese è innanzitutto una questione demografica che mette a rischio la sostenibilità del sistema del welfare, a cui si aggiunge il saldo zero tra emigrazione e immigrazione, visto che «gli italiani all’estero sono aumentati del 60% in 10 anni, passando da 3,1 milioni a quasi 5 milioni – sottolinea Impagliazzo - Nel 2019 sono emigrate 180mila persone, di cui il 75% italiani e la metà laureati, un numero pari alle persone arrivate in Italia». Perdiamo giovani, competenze e attrattività nel mercato del lavoro, così «potremmo andare a cercare lavoratori qualificati nei Paesi extra-Ue». Manca ad esempio personale nel turismo e nella ristorazione, 7mila solo a Rimini – ricorda ancora il presidente della comunità fondata da Andrea Riccardi –. Mancano 5mila lavoratori in agricoltura e 60mila infermieri nella sanità. Le famiglie soffrono per le carenze nell’assistenza degli anziani. «Ci sono Paesi come il Perù, l’Argentina e la Romania che hanno scuole infermieristiche con livelli molto elevati, ma manca l’equipollenza dei diplomi. Chiediamo al governo italiano di riconoscere i titoli e impiegare immediatamente questo personale», aggiunge, insieme alla necessità di velocizzare le 220mila domande di emersione dal lavoro nero del governo Conte di cui «ne state accolte pochissime perché le pratiche non vengono lavorate». Tutte le proposte, conclude Impagliazzo, «sono nell’aria da tempo ma non si ha il coraggio politico di fare scelte semplici e di buon senso , che potrebbero essere messe in pratica nell’immediato».