Attualità

L'INTERVISTA . Quagliariello: «Il Pd si liberi dall'ossessione Berlusconi»

Arturo Celletti mercoledì 9 ottobre 2013
​«Chi dice che ci siamo dimenticati di Silvio Berlusconi lancia un’accusa infamante. La sua vicenda riguarda lo stato di diritto in Italia. Quindi riguarda tutti noi». Gaetano Quagliariello lancia il primo avvertimento al Pd e ad Epifani: «Se la vicenda Berlusconi fosse stata una vicenda personale, allora in giunta sarebbe stato trattato come qualsiasi altro senatore. Si sarebbe approfondita l’applicazione di una legge controversa, sulla quale tanti giuristi anche di sinistra hanno espresso dubbi». Una pausa leggera precede il nuovo messaggio. «Bisogna trovare il modo per correggere una brutta pagina della nostra storia parlamentare. Mi creda: non è ancora troppo tardi». Siamo in un salottino al primo piano di Palazzo Madama. Il ministro delle Riforme ragiona sull’attualità politica, Sulla decadenza, sullo scontro che scuote il Pdl. Poi, quasi all’improvviso, il tema del giorno diventa il messaggio di Giorgio Napolitano alle Camere. C’è l’invito al Parlamento a valutare amnistia e indulto. Ci sono le reazioni. Ci sono i sospetti del Pd. Quagliariello legge sul cellulare le ultime dichiarazioni, poi spedisce il secondo messaggio ai democratici: «Sulla giustizia e sulle carceri non faccia come nella giunta sulla legge Severino. Ascolti le parole del capo dello Stato, si liberi dell’ossessione di poter favorire indirettamente Berlusconi e guardi alla sostanza dei problemi. Quando c’è gente che soffre e i problemi sono così drammatici, questo è l’unico metro con il quale non ci si sbaglia».Ministro, l’amnistia e la riforma della giustizia possono essere traguardi raggiungibili?  Se si vuole dare all’Italia stabilità istituzionale, dignità morale, forza politica e pienezza democratica dobbiamo farcela. Il governo è pronto e il Parlamento non lascerà cadere l’appello del capo dello Stato. È il momento di muoversi. Anzi di spingere con decisione. Magari ripartendo dal documento conclusivo del gruppo di lavoro politico-istituzionale istituito da Napolitano dopo le elezioni. Per realizzare la gran parte delle proposte di quel testo basterebbero leggi ordinarie. Torniamo alla giunta...Serviva eccezionale prudenza, assoluta responsabilità e invece c’è stato solo un brutto spettacolo. La sinistra è entrata a gamba tesa. Ma sarebbe stato esiziale reagire a quel fallo con una testata che avrebbe messo in ginocchio il Paese. Noi abbiamo detto no. Con convinzione. Per scongiurare una crisi che avrebbe ferito a morte un’Italia ancora in difficoltà. E ci avrebbe fatto perdere il contatto con il nostro elettorato: quando il Pdl ha deciso di puntare sul governo è salito dal 21 al 28 per cento, quando ha provato a mettere in discussione quel sostegno, creando instabilità, è ridisceso al 21. Sette punti in meno in una sola settimana».Ministro sia onesto: non formalizzare lo strappo con l’area Verdini-Santanchè creando nuovi gruppi parlamentari è stato un errore? Era forse giusto chiudere subito (e definitivamente) la partita?La politica ha una sua logica e quando la si ignora ci si fa male. Nuovi gruppi sarebbero stati indispensabili se nel voto di fiducia il Pdl si fosse spaccato: se una parte avesse detto "avanti con il governo" e un’altra parte avesse risposto gridando "l’esperienza si chiude qui". Questo non è successo e nuovi gruppi non li facciamo certo ora perchè ce lo chiede Epifani. La nostra sfida è più ambiziosa: è parlare al Paese ancora prima che al partito, è spiegare che cosa abbiamo fatto al governo e che cosa faremo ancora nei prossimi mesi quando il quadro potrebbe diventare ancora più difficile.La guerra nel Pdl potrà davvero chiudersi senza scissioni e senza strappi?Io non faccio l’indovino. Non faccio nemmeno liste di proscrizione né partecipo alla stesura di organigrammi. Il problema è la linea politica. Questa si è affermata nel vivo di una battaglia senza precedenti. C’è stato uno scontro e noi abbiamo vinto. Ora la linea non può essere più in discussione e finchè riusciremo a realizzare in condizioni così difficili parte del nostro programma, il governo non avrà nulla da temere.  Chi non capisce è fuori?L’adesione a un partito non è un atto di fede, ma certo le distanze devono essere sopportabili. Se avessimo perso, il problema ce lo saremmo posto noi. Ora, invece, appartiene ad altri: devono riflettere e decidere. Poi ci sarà comunque un momento nel quale ruoli ed equilibri dovranno essere rivisti e gli strumenti di democrazia interna attivati. Tenendo però sempre conto che il centrodestra ha tolto nel ’94 lo scettro dalle mani dei partiti e lo ha consegnato in quelle degli elettori. Su questo non si deve tornare indietro.È un altolà al congresso chiesto da Fitto?Un tradizionale congresso di partito in questo momento significherebbe tornare indietro a prima del ’94. sarebbe come dire: mettiamo da parte il berlusconismo e contiamo il peso delle correnti. Ci sono altri modi per garantire gli equilibri e la democrazia interna.E le primarie? Giuste o sbagliate?Solo se collegate al vertice dell’esecutivo, non per scegliere i parlamentari. Queste ultime sono state il disastro del Pd e una delle cose che ci hanno portato in questa situauzione: hanno messo i candidati alla mercè dei loro follower su twitter o dei fan su Facebook.Ministro, parlava di linea politica... Ha vinto un’idea di un partito di centrodestra nel quale c’è posto per i moderati perchè sta con tutti e due i piedi in un’Europa che pure vuole cambiare; un partito che crede nell’economia sociale di mercato, che vuole la riforma dello Stato e della giustizia. Un centrodestra che ambisce a vincere e per questo punti a integrare tutti, dall’Udc a Fratelli d’Italia. E sia chiaro: non guardo alle sigle, ma agli elettori di riferimento.Banco di prova il voto europeo di primavera?Non penso che in otto mesi possa prendere forma un soggetto unico, senza l’ausilio di una riforma delle istituzioni. Le europee possono essere la tappa intermedia per il consolidamento di una leadership e di una coalizione che possano vincere nel 2015. Quando ci saranno nuove regole istituzionali e i cittadini - come auspico - potranno scegliere direttamente il capo dell’esecutivo. Altro che neo centrismo, i veri neo centristi sono gli sfascisti.Voto allora nel 2015?Non prima del 2015.E sarà Alfano il leader?La politica si fa sul campo e Alfano sul campo in questi ultimi giorni ha dimostrato capacità di leader.Scommette davvero sul bipolarismo?A regime dobbiamo costruire un sistema basato due forze alternative. Le larghe intese sono l’eccezionalità. Ma questa condizione non si realizza senza una profonda riforma delle istituzioni e quindi dei partiti. In Francia le istituzioni funzionano mentre i partiti sono deboli; in Germania non si riesce ad avere un governo anche se un partito prende più del 40 per cento, ma i partiti tengono; in Italia, invece, si stanno squagliando sia partiti che le istituzioni. O ci si rimbocca le maniche e si affronta questa situazione, oppure si lascia campo libero a tanti soloni che paventano neocentrismi e vocazioni consociative, mentre nei fatti, lasciando le cose come sono, stanno costruendo le premesse perchè ci siano larghe intese all’infinito. Torniamo alla decadenza: lei dice al Pd "Berlusconi va tutelato", ci crede?Il percorso in Giunta avrebbe dovuto essere molto più approfondito. Serie ragioni di merito non sono state prese in considerazione. E invece c’è stata solo una folle e irrazionale rincorsa del Pd ai Cinque Stelle. Ora però sembra che qualcosa possa cambiare: ci sono i tempi supplementari che si giocano in Aula a Palazzo Madama. Non perdiamo l’occasione, proviamo ad affrontare nel merito la questione. Berlusconi ai servizi sociali è fuori dalla politica?Berlusconi è ancora l’uomo politico che ha più voti di tutti, in Italia e nel centrodestra. Certo, per ragioni di realismo, il suo ruolo dovrà essere diverso da quello che ha avuto fino ad ora. Ma sbaglia chi dichiara chiusa una stagione, chi parla di ventennio finito: Berlusconi non è più forte né meno forte, deve svolgere un ruolo differente. Ma in ogni condizione sarà importabnte perchè il carisma non si imbriglia con una sentenza. Nella storia c’è chi lo ha esercitato persino con il silenzio.Quagliariello, chiudiamo sulle riforme: alla fine è ancora ottimista?Per fare le riforme servono diciotto mesi. Ero ottimista quando pensavo che il governo avesse davanti 18 minuti di vita. A maggior ragione sono ottimista oggi che di vita ne abbiamo conquistata un po’. Ora però bisogna saperla impiegare bene.