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Pandemia. «Pronto soccorso, rischio collasso». Si apre il caso dei pazienti non Covid

Vito Salinaro sabato 11 dicembre 2021

Il pronto soccorso dell’ospedale di Pescara, andato in tilt giovedì per un eccesso di richieste di ricoveri, non è stato un fulmine a ciel sereno. Nello stesso reparto dell’ospedale San Francesco, a Nuoro, una decina di medici ha rassegnato le dimissioni per la grave situazione in cui versa quell’unità operativa, «da tempo sotto organico». E sono «vicini al collasso», a detta della Società italiana di medicina di emergenza e urgenza (Simeu), gli altri pronto soccorso della Sardegna, mentre mostrano «criticità» quelli della Puglia, della Campania e del Lazio. Non darebbero garanzie neppure le regioni storicamente meno in difficoltà, «come Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna», oltre a quelle delle aeree più esposte alle conseguenze della propagazione della pandemia: Friuli Venezia Giulia, Veneto e Marche.

Insomma, ci «sono ospedali in cui si fatica a ricoverare i pazienti entro le 24-36 ore», evidenzia la Simeu. La situazione «non è ancora drammatica » ma rischia di diventarlo. Ciò che è «drammatico – sottolineano gli specialisti – è l’impossibilità di ricoverare tanti pazienti non Covid ». È come essere tornati ai livelli pre-Covid, spiega Beniamino Susi, primario del Ps a Civitavecchia-Bracciano e responsabile Rapporti con le Regioni della Simeu, «ma con la pandemia in corso. Questo super afflusso è dovuto anche al diffondersi di sindromi influenzali e parainfluenzali». In quanto ai pazienti Covid, «molti arrivano da noi con sintomi gravi, già in parziale carenza di ossigeno e che necessitano di un ricovero urgente, a volte anche direttamente in terapia intensiva ». Inoltre, «siamo sommersi di pazienti che vengono anche per banalità da codice bianco». A causa della riconversione di alcuni reparti «anche per pochi pazienti Covid», denuncia Susi, «si tagliano i posti letto per altre patologie», in un contesto in cui «i medici sono affaticati e vivono una quotidianità deprimente e sempre più insostenibile. Stiamo per combattere l’ennesima battaglia senza un adeguato esercito e le giuste armi».

Il sistema dell’emergenza urgenza, incalza Susi, «sta crollando: cosa deve ancora succedere perché se ne renda conto chi potrebbe intervenire con provvedimenti urgenti e straordinari?». Il primo? Gli specializzandi universitari «vengano mandati e integrati nei servizi ospedalieri subito, se questo non accadrà i ps rischiano di chiudere».

Anche perché i numeri del contagio pandemico richiedono massima attenzione: in 24 ore, 20.497 nuovi contagi e 118 vittime per Covid-19 (non accadeva dal 28 maggio). L’incidenza ha toccato quota 176 casi per 100mila abitanti, l’indice di trasmissibilità è stabile a 1,18 e le terapie intensive sono in sofferenza in un numero crescente di regioni. Il tasso di positività, invece, cala al 2,8%, rispetto al 4% di giovedì. La Calabria passerà, da lunedì, in zona gialla, seguendo così il Friuli Venezia Giulia e l’Alto Adige. Parla a chiare lettere il governatore della Liguria, Giovanni Toti, invitando i suoi corregionali a «non illudersi sulla possibilità di restare in zona bianca per il periodo natalizio». In terapia intensiva ci sono adesso 816 pazienti (+5), i ricoverati nei reparti ordinari sono 6.483 (+150 in un giorno).

Il tasso nazionale di occupazione in terapia intensiva arriva all’8,5% ed il tasso di occupazione in aree mediche sale al 10,6%. Sette regioni hanno superato la soglia di allerta del 10% per i posti letto occupati in rianimazione per Covid e tutta l’Italia – tranne il Molise – si classifica a rischio moderato, con 5 regioni che hanno però un’alta probabilità di passare a rischio alto (sono Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Marche e Veneto). Un quadro complesso, insomma, che per la settima settimana consecutiva vede un aumento generalizzato dei nuovi casi e che richiede di spingere ulteriormente sulla campagna vaccinale, come avverte il ministro della Salute Roberto Speranza. «Siamo ancora in una fase non facile, e questa nuova ondata di Covid, molto seria e consistente – osserva – sta toccando molto significativamente l’Europa e anche in Italia c’è una oggettiva crescita dei nuovi contagi, anche se siamo ancora uno dei Paesi con un quadro epidemiologico migliore: ciò grazie alla campagna di vaccinazione che è la leva primaria. Dobbiamo avere fiducia nella scienza».