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Milano. Processo Eni-Nigeria, la Procura rinuncia all'appello. Assoluzioni definitive

Redazione Internet mercoledì 20 luglio 2022

La Procura generale di Milano mette una pietra tombale sul processo con al centro Eni e Shell e il caso della Nigeria e con la rinuncia ai motivi di appello, rende definitive le assoluzioni di primo grado di tutti gli imputati a partire dall'ad Claudio Descalzi e dal suo predecessore Paolo Scaroni.

Ha parlato per circa mezz'ora, il sostituto procuratore generale milanese Celestina Gravina, quanto è bastato per polverizzare, davanti alla seconda Corte d'Appello, anni di accuse e per chiudere il procedimento sotto il profilo penale lasciandolo aperto solo per le questioni civili. Con una mossa, finora quasi mai vista in un'aula di giustizia, ha ritenuto di dover 'bocciare' l'atto di impugnazione firmato dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale con la richiesta di ribaltare la sentenza con cui l'anno scorso il Tribunale aveva scagionato i 15 imputati, società comprese, ai quali era stata contestata la corruzione internazionale. E nel proporre ai giudici la "declaratoria di passaggio in giudicato" del verdetto, ha affermato che "questo processo deve finire perché non ha fondamento", aggiungendo che chi "per 7 anni è stato sotto procedimento, ha il diritto di vedere cessare questa situazione che è contra legem rispetto all'economia processuale e alle regole del giusto processo".

Nel suo intervento il pg ha sottolineato non solo come l'atto scritto e firmato dal pubblico ministero sia "fuori dai binari della legalità", oltreché incongruo e insufficiente, ma anche come abbia pesato sulla sua scelta la sentenza assolutoria passata in giudicato nei confronti di Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, i presunti intermediari della ipotizzata ma non provata maxi tangente. "Il pm continua a sostenere le sue posizioni come se nulla fosse accaduto - ha proseguito -. Come se non ci fosse un'assoluzione definitiva. Questa è una violazione delle regole di giudizio".

Il pg Gravina ha poi fatto alcune severe osservazioni. Accanto a citazioni di giurisprudenza e di storia, il magistrato non ha esitato a dare spazio ad alcune 'bacchettate': dalle "vicende buttate lì come una insinuazione" alla "esilità e assoluta insignificanza degli elementi" portati dalla Procura per sostenere l'accusa.

Dalle "chiacchiere e opinioni generiche che toccano i governanti degli ultimi 10 anni in Nigeria" al "colonialismo della morale" da parte "del pm". Il quale "ha una idea vaga - ha proseguito - e per questo ha chiesto la confisca" di oltre 1 miliardo di dollari, ossia l'importo complessivo versato dalle due società per acquisire i diritti di esplorazione sul giacimento petrolifero Opl245. E ciò perché "non riesce ad individuare" le presunte tangenti e "ripara sul fatto che questa operazione non doveva farsi".

Chiusa la requisitoria, il processo è andato avanti con la parte civile. L'avvocato Lucio Lucia, legale della Repubblica Federale della Nigeria, che ha chiesto di valutare i danni in separata sede e una provvisionale pari alla somma versata per i diritti di esplorazione del giacimento, ha sottolineato che con la rinuncia del pg e la trasformazione del processo. è cambiato anche canone di prova: è passato da "al di là di ogni ragionevole dubbio" a quello del "più probabile che non". Si ritorna in aula il 19 e il 30 settembre, giorno in cui la corte deciderà.

"È stata una requisitoria molto penetrante, argomentata, anche sintetica e pacata che però ha frantumato completamente l'accusa", ha commentato l'avvocato Paola Severino, legale di Descalzi. Per il gruppo oggi è stata sancita "la fine della immotivata e sconcertante vicenda giudiziaria penale" sorta attorno alla concessione Opl245.