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Sentenza Eternit. Primi in Europa per processi «ammazzati» La riforma è urgente

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 21 novembre 2014
C’è voluto lo tsunami emotivo suscitato dalla sentenza della Cassazione sul processo Eternit per riportare, fra le priorità della politica, l’urgenza di modifiche all’istituto penale della prescrizione, che dispone l’estinzione del reato quando sia trascorso un certo lasso di tempo (proporzionale alla gravità del fatto: se la pena è l’ergastolo, il reato non si prescrive). Nelll’ultimo decennio, il Parlamento non è riuscito a tornare con efficacia su un tema tabù, perché motivo di scontro fra centrodestra e centrosinistra per via dei processi riguardanti Silvio Berlusconi. L’ultimo intervento corposo è la legge 251 del 2005, che ha innovato l’articolo 157 del codice penale, accorciando in sostanza i tempi. Una legge passata alla storia come Ex Cirielli, perché 'ripudiata' perfino dal senatore di An che allora la propose. E che, comunque la si pensi, non ha risolto granché dei problemi che affliggono la macchina giudiziaria. A cosa serve la prescrizione? Oltre a garantire il diritto di difesa, risponde a un principio di economia. Lo Stato, cioè, rinuncia a impegnare risorse giudiziarie su vicende commesse da troppo tempo e punta a favorire la ragionevole durata del processo. Ma qui sta il primo paradosso, ben riassunto nel 2013 dal presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio: «L’Italia ha il triste primato in Europa del maggior numero di declaratorie di estinzione del reato per prescrizione, circa 130mila nell’ultimo anno, e paradossalmente del più alto numero di condanne della Corte europea dei Diritti dell’uomo per la irragionevole durata dei processi». In un Paese oberato da 3 milioni e mezzo di procedimenti penali arretrati (altro triste record europeo), le norme attuali più che sveltire, hanno ammazzato processi vanificando, lamenta l’Anm, «l’azione di polizia e magistratura».  Ora le parole del premier e l’attivazione delle Camere sembrano indicare che lo sdegno abbia generato quell’idem sentire  necessario al rapido esame dei ddl giacenti in Parlamento. Con qualche distinguo: in Forza Italia (la nota del Mattinale  pare indicarlo) il tema viene guardato con cautela e l’universo dei penalisti resta contrario. Poi c’è il ddl del governo: prevede che dal deposito della sentenza di primo grado, la prescrizione verrà sospesa, ma con la necessità di giungere a sentenza in Appello entro due anni. In caso di assoluzione, la prescrizione ricomincerà a correre, recuperando anche la sospensione. Passerà con questi contenuti? Non è detto, ma di una riforma seria c’è assolutamente bisogno.