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ESECUTIVO IN BILICO. Il premier: avrò due fiducie La crisi è da irresponsabili

Arturo Celletti giovedì 18 novembre 2010
Ripete una sola parola Silvio Berlusconi: «Iattura». Ecco l’apertura di una crisi di governo sarebbe un’«assoluta iattura». Il premier, al Quirinale per la cerimonia di premiazione dei nuovi Cavalieri del Lavoro, si ferma tra i giornalisti e, partendo da lì, scandisce l’atto d’accusa contro Fli: «Solo con una assoluta irresponsabilità si poteva pensare di mettere in crisi un governo con cento deputati di maggioranza e tre anni di legislatura ancora davanti». Lontano una manciata di metri il capo dello Stato rinnova l’appello al senso di responsabilità, in una fase di turbolenze finanziarie, e apprezza l’intesa raggiunta da maggioranza e opposizione a varare la legge di stabilità prima di affrontare la discussione sulla crisi politica. Poi con l’occhio rivolto oltre le prossime scadenze e dunque oltre al doppio voto fissato per il 14 dicembre avverte: «Avremo bisogno di altri segni di senso di responsabilità nei tempi a venire».È un confronto a distanza. I cronisti riferiscono al premier l’appello di Napolitano e Berlusconi annuisce. «Responsabilità? E per quale motivo, secondo voi, io mantengo un profilo così basso e lavoro così tanto in Europa?». Una pausa leggera, poi ancora spiegazioni. «Lo faccio per le preoccupazioni che deriverebbero dall’instabilità di governo e per l’attenzione che manifestiamo sui titoli di Stato che dobbiamo vendere ogni giorno: il prossimo anno sono 250 miliardi». Vuole andare avanti Berlusconi. Vuole una doppia fiducia il 14 dicembre. E, nelle conversazioni più private, non nasconde l’ottimismo: «Al Senato già c’è, alla Camera ci sarà. Mi basta un voto in più, poi sarà tutta un’altra partita... Il giorno dopo i voti in più saranno dieci, forse di più». Si vuole provare a tenere duro. E la data del 27 marzo (oramai decisa qualora il 14 il premier finisse al tappeto) viene, per ora, allontanata dai ragionamenti di Berlusconi. Parla solo di responsabilità, il premier. «Mi sento assorbito da questa responsabilità. E credo che chi è responsabile non può volere la crisi del governo e quindi la crisi del Paese». Ma non c’è solo uno scenario. E quando è già notte Roberto Maroni avverte secco: «Inutile fare dietrologie, il 14 dicembre sarà il D-day. Se il governo prenderà la fiducia alla Camera e al Senato, continueremo; se non l’avrà né alla Camera né al Senato, dovrà dimettersi e sarà il presidente della Repubblica a valutare se esiste una maggioranza alternativa per dare vita a un governo tecnico; se la fiducia ci sarà in una Camera e non anche nell’altra, non ci sarà nessun’altra maggioranza possibile e allora credo sarà inevitabile andare alle elezioni». Perché – spiega Maroni – «nessuno di voi è disponibile in ogni caso a entrare in un governo che tradisca il voto degli elettori, che hanno dato alla Lega e al Pdl il mandato di governare».