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IL VERTICE DI BRUXELLES. Il Ppe in pressing su Monti: vada avanti per l'Italia e la Ue

Giovanni Maria Del Re venerdì 14 dicembre 2012
​La giornata di Mario Monti a Bruxelles si apre nel migliore dei modi. In mattinata, dopo un incontro a porte chiuse al think-tank Bruegel da lui co-fondato, il Professore si chiude in un colloquio di oltre un’ora con il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso al Palazzo Berlaymont. «I costi finanziari dei titoli sovrani decennali per l’Italia hanno toccato il loro livello minimo dal 2010 - esordisce - questo è direttamente legato alla credibilità del governo italiano e alle misure intraprese». Adesso, avverte, «le elezioni del 2013 non possono né costituire un’interruzione né una scusa per rallentare l’agenda di riforme e consolidamento». Barroso rivela di aver avuto un colloquio telefonico con Silvio Berlusconi, mercoledì pomeriggio, «gli ho sottolineato l’importanza che per noi riveste la stabilità dell’Italia».È l’inizio, il meglio deve venire. Gli occhi sono puntati sul vertice del Ppe a livello di capi di Stato e di governo, all’Accademia Reale Belga, dov’è atteso Berlusconi. L’atmosfera appare tesa, dopo le dure bordate del capogruppo Ppe all’Europarlamento Joseph Daul, anche il presidente del Ppe, l’ex premier belga Wilfried Martens ieri avverte: i Popolari europei, dice, sono «uniti contro il populismo e l’antieuropeismo». Sembra un fuoco di sbarramenti nei confronti del Cavaliere. Oltretutto in mattinata girava voce che il cancelliere tedesco Angela Merkel potesse disertare il pranzo per evitare Berlusconi. Invece lei ci va. Si capisce presto perché, ed è l’autentico coup de theâtre di Martens: quando i leader sono già seduti compare, per molti completamente inatteso, lo stesso Mario Monti, che pure non è membro del Ppe. «È stato come uno choc» rivelerà uno dei partecipanti. «Volevamo un chiarimento tra lui e Berlusconi - spiegherà a fine riunione lo stesso Martens ai cronisti - e poi molti leader mi avevano fatto capire che non si sarebbero presentati». Il riferimento è trasparente.Per il premier italiano è una sorta di apoteosi. Come ha riferito lo stesso Monti, dopo di lui parlano Berlusconi, poi la Merkel, poi il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, quindi Barroso, poi di nuovo Berlusconi e infine Martens. Tutti, esprimono sostegno per lui. «Io appoggio la strada di riforme portata avanti da Monti» dice la Merkel, anche se il governo tedesco smentirà seccamente che sia arrivata fino a invitarlo a candidarsi («tocca al popolo italiano decidere»). Vari leader uscendo dall’incontro trasmetteranno il clima ai cronisti in attesa. «Vogliamo un’Italia stabile», sottolinea il finlandese Jyrki Katainen. Parole simili da Juncker fino al bulgaro Boris Borisov. «Abbiamo voluto esprimere tutto il nostro sostegno a Mario Monti - dirà poi Martens ai cronisti - non soltanto per la sua azione in Italia, ma anche perché essa è essenziale per la stabilità in Europa. Sarebbe una grave perdita se Monti sparisse dalla scena politica italiana». Anche se - si affretta a precisare - «la decisione sulla candidatura sarà presa in Italia». Nessuna richiesta formale, dunque, anche se il messaggio è chiarissimo. L’unico a candidare ufficialmente l’ex commissario Ue a restare a Palazzo Chigi è Berlusconi.Monti, com’era prevedibile, non si sbilancia, anche se Elmar Brok, presidente della Commissione Esteri dell’Europarlamento, vicinissimo alla Merkel, dice: «Abbiamo avuto un buon feeling». Nel suo intervento, il Professore, come racconta egli stesso, ha «ricordato le condizioni in cui il governo italiano ha iniziato, quello che ha svolto» in questi mesi, nonché «le condizioni che hanno determinato la mia decisione (di annunciare le dimissioni, ndr) dopo le dichiarazioni di Angelino Alfano», visto che alla Camera «è mancata la fiducia». «Il governo è in carica - assicura poi - e vi resterà per gli affari correnti, immagino fino al momento di passare il testimone a quello che sarà costituito dopo le elezioni». Poi, a tranquillizzare i partner: «Ho espresso la speranza e la convinzione che quale che sia il prossimo governo, questo si collocherà nel solco della partecipazione europea perché è anche nell’interesse nazionale». Soprattutto se sarà lui a guidarlo, sembra voler far capire.