Attualità

L'alleanza delle coop a Expo. Patto di legalità: coop alla prova dopo gli scandali

Paolo Viana venerdì 3 luglio 2015
Don Ciotti ha appena finito di parlare quando il segretario della Cei esordisce con un «firmo tutto quello che ha detto Luigi» e per un istante l’assemblea nazionale dell’Alleanza delle Cooperative Italiane non sa se applaudire o chinare il capo. Il clima si rasserenerà solo quando monsignor Galantino dirà che «i vescovi italiani continuano ad aspettarsi tanto dalla cooperazione che deve continuare a dimostrare sul campo tutti i giorni, com’è nello spirito della maggioranza delle cooperative italiane, la sua diversità rispetto alle imprese di capitali. Siate poeti di sviluppo e di inclusione».  Il rassemblement che lavora per l’unificazione del mondo cooperativo – quasi 40mila imprese, 1,1 milioni di lavoratori e l’8% del Pil – è ancora provato dagli scandali di Mafia Capitale. «Non mettiamo la testa sotto la sabbia, siamo in prima linea per fare pulizia» assicurano il presidente Rosario Altieri e i copresidenti Maurizio Gardini e Mauro Lusetti all’assise – svoltasi ieri all’Expo di Milano – dove però il presidente di Libera arriva intenzionato a non fare sconti. Ciotti non li fa prima di tutto all’Esposizione. Malgrado segga di fronte al ministro delle Politiche agricole se la prende subito con i «governi canaglia » che affamano l’Africa e dichiara la propria fatica a «visitare gli stand dei Paesi in cui c’è ancora la pena di morte o che incarcerano i giornalisti…» Maurizio Martina tenta di replicare che l’Esposizione sta già elaborando nuovi paradigmi di sviluppo e sugli scandali delle coop invita a «non buttare a mare le cose che abbiamo», se non che don Ciotti è un fiume in piena. Sgorga dalle denunce di Pignatone – serve una riflessione sulle coop – s’ingrossa sulle «mafie che vivono e crescono tra di noi» e rompe gli argini sulla «pulizia» che va fatta «dall’interno del mondo cooperativo e delle associazioni», perché «firmare i protocolli è facile, ma il primo codice etico deve stare dentro le coscienze».  I capi dell’Alleanza hanno appena annunciato la firma del protocollo della legalità con il Viminale e il lancio di una proposta di legge d’iniziativa popolare finalizzata a fermare il proliferare delle false coop, che impiegano 120mila persone. Ciotti e Galantino li incoraggiano a proseguire sulla strada dell’unità ma anche a fare di più. «Oh! Firmare i protocolli con i ministri non basta – esclama Ciotti, con Martina sempre seduto lì vicino – e non basta raccogliere firme per cacciare i criminali; il cambiamento deve cominciare dentro le nostre realtà e soprattutto bisogna accorciare i tempi». Il tema della fretta ritorna nell’intervento di monsignor Galantino. Il segretario generale della Cei spiega che «la cooperazione sana deve insistere per avere controlli più stringenti (la campagna sulle false coop va in questa direzione, ndr) e non farsi strumentalizzare». Definisce l’Alleanza una «visione moderna del corporativismo che punta a ridurre i conflitti interni; difatti molto spesso non si fa pulizia dei corrotti proprio perché ci sono dei conflitti interni che lo impediscono». Ammonisce a non perdere di vista la visione antropologica – «se una coop ha solo il problema di fare profitto prima o poi andrà a ingrossare le file di Mafia capitale » – che per i cattolici è anche un riferimento ermeneutico: «Evitiamo di consegnare l’enciclica Laudato si’ ai verdi e all’ecologia utopica – avverte Galantino –. Questa è un’enciclica antropologica, il Papa ha voluto richiamare che al centro c’è la persona e che se si fa male all’ambiente si fa male l’uomo, quello concreto che oggi non ha lavoro». Il pensiero del segretario Cei va alle famiglie che «non sanno dove sbattere la testa» e ai giovani delle piccole cooperative del Sud – «Aiutateli di più, sosteneteli, vi prego» – ma anche al futuro di queste quarantamila imprese in crisi di identità per gli scandali. Bisogna «generare una circolarità virtuosa tra politica, etica e economia», spiega, e anche lui preme sull’acceleratore del cambiamento. «Spesso la politica allunga i tempi per rendere possibile ai delinquenti, anche ben vestiti, di inserirsi. Ridurre i tempi limita questo pericolo».