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IL PASTICCIO KAZAKO. Il Pd dilaniato anche sulla sfiducia ad Alfano

Gianni Santamaria giovedì 18 luglio 2013
Il Pd non voterà la sfiducia al ministro dell’Interno Angelino Alfano per il caso kazako. Alla fine di una giornata in cui la temperatura interna al partito si è fatta al calor bianco, la segreteria - riunitasi per parecchie ore sin dal pomeriggio allo scopo di discutere la linea insieme ai capigruppo di Camera e Senato - ha deciso così. «Il governo deve proseguire nell’opera di risanamento e per dare le risposte di cui il Paese ha bisogno di fronte alla crisi più dura della sua storia», si spiega in una nota. Questa la linea ufficiale, espressa anche dal segretario Guglielmo Epifani, il quale ha però subito aggiunto che «bisogna usare queste ore per chiarire gli aspetti ancora non chiari» della vicenda Shalabayeva.Ma nel Pd resta nutrito il fronte - renziani in prima fila - di chi spinge per arrivare alle dimissioni del ministro dell’Interno Angelino Alfano. L’attacco al ministro dell’Interno, inevitabilmente, si trasforma in un fendente verso Enrico Letta, che lo difende. E ieri si è assistito a una serie di colpi reciproci. Escono allo scoperto per primi i senatori che fanno capo al sindaco di Firenze, per denunciare che la posizione di Alfano è «oggettivamente indifendibile». Di qui la richiesta al partito di perorarne «il passo indietro», che servirebbe a «restituire al governo la necessaria credibilità sul piano internazionale e nazionale». Dal Pdl, ma anche dal Pd e da Scelta civica, per tutto il giorno arrivano al sindaco di Firenze accuse di tramare in modo irresponsabile contro il governo. Lui a sera replica stizzito, riprendendo il titolo del Giornale che in mattinata lo accusava di voler «pugnalare Letta». Di qui la serie di «dichiarazioni fotocopia» del Pdl e di «statisti» del Pd, che «potrebbero far ridere se non fossero legate a una vicenda triste». I primi lo aversano perché li manderebbe a casa, i secondi perché pensano alle poltrone. Poi assicura di nuovo lealtà al premier (con il quale si è parlato, fa sapere Letta), che - dice - non ha «alcun interesse» a far cadere. Anche se ciò avvenisse, avverte, «non si vota. E se anche si formasse un nuovo governo non sarei io candidabile, avendo più volte detto che se andrò a Palazzo Chigi un giorno, ci andrò forte del consenso popolare, non di manovre di Palazzo». Infine, non è tenero con il suo partito. Prima attacca i «miracolati dal capolavoro di Bersani». Infine, contrattacca sul fronte kazako: «Se scelgono questa vicenda per regolare i conti tra le correnti del Pd, mi vergogno per il Pd».Ma non sono solo i renziani a dare battaglia. Anche Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria boccia la ricostruzione fatta da Alfano davanti al Parlamento. È «largamente insoddisfacente. Siamo di fronte ad un fatto gravissimo, di gravità enorme. Si è determinata una ferita che noi non possiamo ritenere sanata dalle dichiarazioni del ministro». E lo invita a dimettersi. Così come fa - sul fianco sinistro del Pd - anche Laura Puppato. E pure Anna Finocchiaro, sollecita il titolare del Viminale al passo indietro, «gesto che rafforzerebbe l’azione, l’immagine e l’autorevolezza dell’esecutivo». Proposta, in sostanza, sconfessata dalla segreteria. «Se io fossi il ministro dell’Interno Alfano andrei dal presidente del Consiglio e rimetterei le deleghe», esterna poi in serata Massimo D’Alema nel suo intervento alla festa del Pd di Livorno.La Conferenza dei capigruppo ieri ha stabilito che la mozione sarà discussa domani solo a Palazzo Madama e non a Montecitorio. C’è stata unanimità, perché - viene spiegato - il voto del Senato è sufficiente.Intanto Davide Zoggia, responsabile organizzazione, avverte che il Pd non può andare in ordine sparso. «Non saranno consentite posizioni che si differenziano da quelle del gruppo». L’esponente pd non nasconde che «l’alleanza con il Pdl per noi è complicata» e ricorda che «l’abbiamo fatto nella cornice del discorso del Presidente della Repubblica per far uscire il paese dalla crisi». Ma è altrettanto fermo nell’ammonire che «la situazione è complessa e va gestita in modo unitario».Il deputato del Pd Khalid Chaoukiè e molto diretto contro i renziani. Parla di «strategia della tensione volta a mettere in difficoltà il nostro premier». E a Renzi non le manda a dire: «È incoerente con quello che ha professato in queste settimane, non sta per niente sostenendo questo governo». Anche da Scelta civica arrivano toni forti per stoppare il sindaco di Firenze, di cui il deputato Gianfranco Librandi deplora le «ambizioni senza freno». Fanno muro i capigruppo Pdl, Renato Schifani e Renato Brunetta. «Alfano non si deve dimettere e non si dimetterà», dice il primo.