Attualità

Coronavirus. «Pazienti svegli e 3D: così non ho fermato gli interventi per cancro»

Vito Salinaro mercoledì 17 giugno 2020

Un intervento chirurgico ai tempi del coronavirus

«Quelle settimane di marzo e aprile, tra la spola delle ambulanze, il Pronto soccorso affollato, le terapie intensive allo stremo, i turni massacranti, la paura…, sembrava che il mio ospedale si fosse trasformato in un’enorme reparto di rianimazione senza soluzione di continuità, dove si consumava una corsa contro il tempo per salvare vite alimentate da un respiratore. Spesso abbiamo perso». Trattiene come meglio può la commozione Alberto Vannelli, direttore della Chirurgia generale dell’Ospedale Valduce di Como, dove nei giorni scorsi – fa sapere il nosocomio della Congregazione delle Suore Infermiere dell’Addolorata – è stato eseguito, «per la prima volta in Italia», un innovativo intervento di chirurgia oncologica utilizzando la tecnologia 3D.

In quei giorni, alle mille preoccupazioni, se ne unisce un’altra: «Sono un chirurgo oncologo – spiega Vannelli –, opero soprattutto i pazienti con tumori, ed era questo il mio cruccio: dedichiamo, mi dicevo, ogni sforzo possibile sul Covid-19 ma gli altri pazienti, come quelli oncologici, che fine faranno in questo periodo? Il cancro non va in vacanza e agli interventi chiamati "differibili" io credo poco, perché un paziente con il cancro non può aspettare». Da qui la decisione: «Non rinvio nulla, dissi ai miei collaboratori, ma il problema è che non avevo neanche un posto in terapia intensiva, reparto spesso necessario per una fase post-operatoria». E allora? «Abbiamo eseguito decine di interventi utilizzando l’anestesia regionale e dimenticandoci di quella generale, che talvolta richiede una coda in terapia intensiva».

Ma anche in questo caso c’è una sorta di "controindicazione": «L’angoscia dei pazienti», racconta Vannelli. Che offre una testimonianza significativa: «Qualche tempo fa, durante una colonscopia, un paziente scopre di avere un tumore del retto, un brutto male. In piena emergenza Covid, con la mancanza di posti in terapia intensiva e il rischio di contagio, ho operato in anestesia regionale. Il paziente, isolato e con un intervento da sveglio pesante da sopportare, era molto spaventato». È allora che l’équipe di Vannelli cerca e trova, a qualche migliaio di chilometri, una soluzione che vince l’apprensione del paziente immergendolo in una «realtà creata su misura».

«Abbiamo scoperto un’azienda cinese, la "Royole", che produce tecnologie di interfaccia uomo-macchina di nuova generazione – afferma il chirurgo –. Tra i suoi prodotti c’era quello che faceva al caso nostro: un caschetto con modalità 3D. Dopo averli contattati ed esposto il nostro progetto, abbiamo riscontrato un grande interesse, tanto che hanno voluto regalarcene alcuni: si tratta di una tecnologia avanzata, capace di isolare il paziente e trasferirlo in una realtà virtuale, alleviando così l’ansia e la preoccupazione del momento». E per rendere più efficace l’esperienza, i sanitari del Valduce esplorano una possibilità vincente: «Con la nostra complicità, la moglie del paziente ha raccolto dei video di incoraggiamento di alcuni parenti, anche persone che il marito non vedeva da anni. E così, mentre operavo in anestesia combinata - spinale con peridurale -, lui "aveva accanto" la sua grande famiglia».

Insomma, la realtà virtuale, che aiuta il chirurgo in tanti casi (chirurgia delle ernie, neurochirurgia, parti con cesareo, tecniche per operare i nascituri ancora nel grembo materno) stavolta è entrata in sala operatoria per sostenere il paziente. «Siamo orgogliosi perché così al Valduce abbiamo realizzato il primo intervento in Italia di tumore del retto, da sveglio, utilizzando una tecnologia 3D. I vantaggi sono impressionanti, l’intervento è andato bene, il paziente non si è accolto di nulla, e dopo cinque giorni è tornato a casa». Sul viso di Vannelli la commozione lascia il campo all’entusiasmo: «Sa cosa diceva il comico americano Milton Berle? "Se l’opportunità non bussa, costruisci una porta"».