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Egitto. Patrick Zaki a casa dopo due anni di carcere: «Grazie all'Italia»

Redazione Internet giovedì 9 dicembre 2021

Zaki con la sorella, la fidanzata e un'amica all'uscita dal commissariato di Mansur

«Sono ancora un po' confuso, tutto sta andando velocemente. Ma ora sono felice, sono qui con la mia famiglia, con tutte le persone che amo. Tutto qui» e «Grazie a chi mi ha sostenuto. La speranza fa rimanere vivi». Queste le prime parole dopo il suo rilascio di Patrick Zaki in un'intervista al Corriere della Sera.
«Non mi hanno annunciato che sarei stato rilasciato. All'improvviso mi hanno portato al commissariato, e hanno iniziato a prendermi le impronte. Non capivo cosa stesse succedendo, non c'erano segnali che mi stessero per scarcerare. Ero confuso. Non posso dire tutti i dettagli e preferisco non parlare delle condizioni di detenzione. Ma poi ho capito che c'era una speranza. È la speranza, sai, la cosa più difficile da tenere in vita quando ti tolgono la libertà», ha affermato Zaki.

"Una delle cose che più ti fa soffrire quando sei in carcere è il pensiero del dolore che provochi alle persone cui vuoi bene. Io devo solo dire grazie, grazie all'Italia per essere stata vicina a me e alla mia famiglia. Grazie a tutti quelli che hanno tenuto accesa la luce. E l'elenco è lunghissimo", ha concluso Zaki.

Dopo 22 mesi è finalmente finito, almeno per il momento, il calvario di Patrick Zaki. L'attivista e studente dell'Università di Bologna, arrestato a febbraio 2020 in Egitto, è stato scarcerato a Mansura, dopo l'udienza di martedì che ne aveva stabilito il rilascio, ma non l'assoluzione. A dare la notizia, in tarda mattinata, l'associazione con la quale il ricercatore collabora, Egyptian Initiative for Personal Rights in un tweet, pubblicando una foto del ricercatore in strada abbracciato alla sorella Marise George.

Zaki con la sorella appena liberato in una immagine rilasciata su Twitter dalla ong egiziana con cui collaborava, Egyptian Initiative for Personal Rights - Twitter di Eipr

Il processo riprenderà il 1 febbraio prossimo. Zaki dovrà affrontare un giudice monocratico che - in qualsiasi udienza e in maniera inappellabile - potrebbe assolverlo ma anche condannarlo. Per la "diffusione di notizie false" in Egitto e all'estero attraverso l'ormai celebre articolo del 2019 sulle discriminazioni dei copti, il ricercatore e attivista rischia fino a cinque anni di carcere. Non è chiaro se, nel caso, gli possano essere abbonati i quasi due anni di custodia cautelare che ha già trascorso in cella. E, soprattutto, non è prevedibile quanto a lungo il processo potrebbe durare. Per tenere solo le tre udienze del processo vero e proprio (senza contare tutte quelle che di 45 giorni alla volta hanno prolungato la sua custodia cautelare), ci sono voluti quasi tre mesi. La prima si era tenuta a il 14 settembre scorso, la seconda dopo due settimane, facendo pensare a un procedimento relativamente rapido per gli standard della giustizia egiziana. Ma poi anche solo per ottenere un accesso agli atti che non fosse una frettolosa consultazione in un ufficio giudiziario, e quindi poter fare fotocopie da studiare con i cinque colleghi del pool difensivo, la legale Hoda Nasrallah ha dovuto attendere a lungo: la terza udienza - quella della scarcerazione - si è tenuta solo martedì 7 dicembre, a quasi tre mesi dall'inizio del procedimento.

Ma intanto Zaki ha di che festeggiare. E lo fa subito, appena uscito dal carcere, abbracciando la mamma e la sorella, vestito di bianco con l'abito dei prigionieri ma sorridente, come si vede nelle foto postate sui social. Poi arriva a casa e finalmente torna nei suoi panni. Jeans e maglia nera a maniche lunghe, sorridente, regala le prime parole a un video di Repubblica.it: "Sto molto bene ora, sono felice, non mi hanno spiegato che mi stavano rilasciando, non sapevo cosa stesse accadendo. Sono con la mia famiglia, la mia ragazza, la mia sorella. Sono felice di rivederli. Sto realizzando ora quel che è successo. Voglio ringraziare l'Italia, tutti i partiti politici che mi hanno sostenuto, e Bologna e la mia università. Tornerò il più presto possibile, è casa mia. Grazie a Amnesty Riccardo Noury".

Felice e frastornato. Come chi sa che la lotta non è ancora finita. Ma sa anche che oggi è il giorno giusto per festeggiare la ritrovata libertà. "Da 22 mesi aspettavamo di vedere quel sorriso", scrive su Twitter Amnesty Italia. E la stessa felicità è condivisa da gran parte del mondo politico, a partire dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che posta su Facebook la foto dello studente appena uscito dal carcere di Mansura che abbraccia la sorella e scrive: "Un abbraccio che vale più di tante parole. Bentornato Patrick!".

Si unisce il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che parla dell'immagine di "un giorno bello, di speranza". E, ancora, i deputati del M5S che ringraziano la diplomazia ma auspicano "si arrivi presto alla totale assoluzione di Zaki. Per questo dobbiamo continuare a non abbassare la guardia insistendo nelle mobilitazioni internazionali e facendo pressioni all'Egitto". Auspicio che è lo stesso del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, che spiega che "l'impegno per la libertà continua".


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Una nota di colore arriva dal Bologna Calcio, squadra per la quale Zaki ha tifato durante il periodo trascorso in Italia: "Patrick ti aspettiamo presto al Dall'Ara".

Come ha passato il tempo Patrick mentre era detenuto? In alcune dichiarazioni ai giornalisti nell'abitazione di famiglia a Mansura, sul delta del Nilo, lo studente egiziano ha precisato di aver letto molto e di amare molto, fra i non-egiziani, "Dostoevskij, Saramago e la letteratura napoletana", in particolare Elena Ferrante.