Attualità

Terra dei fuochi. I rifiuti del lavoro nero uccidono la Campania e i suoi bimbi

Maurizio Patriciello martedì 27 agosto 2019

Un incendio nella Terra dei fuochi. Materiali provenienti da lavorazioni in nero finiscono così con il distruggere l'ambiente e minare la salute degli abitanti di queste zone (Kontrolab)

È sconcertante leggere ciò che l’assessore all’ambiente della regione Campania afferma in una nota stampa. Rispondendo a un consigliere dell’opposizione sul dramma della “terra dei fuochi”, dopo avergli ricordato che il suo partito niente fece quando era al governo, il dottor Bonavitacola elenca tutte le cose fatte e i soldi spesi dalla propria amministrazione. Se ho bene fatti i conti siamo quasi a 22 milioni di euro. « Leggo le solite dichiarazioni in pieno stile propagandistico sul problema dei roghi tossici…E’ opportuno ricordare che il governo nazionale, al di là delle tante chiacchiere, non ha stanziato 1 euro per sostenere le azioni regionali, mentre ha tagliato i fondi per 30 milioni di euro annui destinati a sostenere la corretta gestione del ciclo dei rifiuti in Campania…». Quindi, niente era stato fatto fino a due anni fa e nulla sta facendo oggi lo Stato centrale.

I lettori di “Avvenire” ricorderanno che il giornale che hanno tra le mani, fin dal luglio del 2012, accogliendo l’invito di chi scrive, si schierò senza tentennamenti a fianco della popolazione frustata e umiliata dal dramma dei rifiuti. Per anni, rischiando anche di annoiare qualcuno, ha rilanciato in prima pagina quello che rischiava di diventare un vero disastro umanitario.

Anche i vescovi campani scesero in campo, accanto alle popolazioni a loro affidate. Accompagnati e sostenuti dai loro pastori, non solo idealmente, ma fisicamente, i credenti ripresero a sperare. A credere che anche nel più astuto degli inquinatori - siano essi camorristi con la coppola e la lupara o industriali disonesti con rolex e abiti firmati - anche nel più astuto degli inquinatori, dicevo, si cela un cuore. Un cuore umano. Un cuore che ancora sa commuoversi davanti a una tragedia dalle dimensioni immani.

Quante battaglie sono state combattute in questi anni. Quanta sofferenza, quanta fatica, quante speranze. Quante volte abbiamo dovuto ricominciare daccapo, facendo finta di non capire. Quante volte abbiamo dovuto misurare e pesare le parole, le azioni, gli scritti, per denunciare il male senza, però, scoraggiare e deprimere la gente. Non è stato facile. Essere invitato nelle varie commissioni parlamentari, una, due, tre volte, per raccontare che cosa stia accadendo alla tua terra è confortante. Inizi a credere che qualcosa di buono, finalmente, stia accadendo.

Poi, niente, il velo dell’oblio ritorna prepotente. Aspetti, continui a credere che qualcosa accadrà. Passano i mesi, gli anni. Intanto, qualcuno che un tempo ti aveva sussurrato la propria preoccupazione, giunto al potere, ha il coraggio di affermare l’esatto contrario. La “terra dei fuochi”? Non esiste. Non solo. Ma chi ha provveduto a divulgare questa diceria, sappia che ha reso alla sua terra un danno economico incalcolabile. Possibile? Ma, se è vero, perché questi “allarmisti” non sono stati denunciate per procurato allarme? Intanto le promesse fatte dai responsabili della Cosa pubblica, cadono nel dimenticatoio.

Il Governatore della Campania, appena eletto, promise che in due anni le cosidette ecoballe d’ immondizie impacchettate e custodite a Giugliano - sei milioni di tonnellate! - sarebbe finalmente state smaltite. Noi, gente semplice, credemmo alla promessa fatta da un galantuomo. Ebbene, i due anni sono passati ma solo una piccola parte di quel pattume puzzolente è stata eliminata. Certamente ci saranno dei validi motivi. Le promesse, però, vanno mantenute, in caso contrario, meglio non farle, soprattutto in campagna elettorale.

Da anni i cittadini hanno denunciato che senza la tracciabilità dei rifiuti industriali, non si arriva da nessuna parte. Silenzio assoluto da parte delle autorità preposte a riguardo. Da sempre hanno gridato al mondo e nelle stanze di ministri, deputati, senatori, presidenti della Repubblica, prefetti, procuratori, che gli scarti industriali provenienti dal lavoro in nero, in Campania superano di mille tonnellate al giorno quelle delle nostre case. E che non potranno mai essere bruciati negli inceneritori. Ahi!

Abbiamo messo il dito nella piaga. La vera, sanguinante, purulente, piaga che affossa la nostra economia, il nostro ambiente, la nostra salute. “Come è pensabile eliminare in Campania il lavoro in nero? Si rischia di condannare alla fame intere famiglie” mi disse un alto rappresentante dello Stato. E la serpe torna a mordersi la coda. Mentre il dottor Bonavitacola fa il conto del denaro speso, e confessa l’assoluta assenza dello Stato centrale, in questi giorni decine di roghi tossici sono tornati ad ammorbare l’aria e l’umore.

Lunedì a Lusciano, nel Casertano, migliaia di persone si sono date appuntamento per protestare, ancora una volta, contro questa mortificante miseria civile e politica. A dispetto dei quasi 22 milioni di euro spesi. Durante la marcia sono stato raggiunto da un giovane papà con la figlioletta in braccio di sette, otto anni. Con la voce rotta dal pianto, mi ha detto: « Padre ha la leucemia. La stiamo curando al Bambin Gesù. Non ci abbandonate, padre». Questa notte, inutile dirlo, non ho dormito. Non sto dicendo che i roghi tossici siano la sola causa della malattia, ma sfido chiunque, a cominciare dagli oncologi e dai politici, ad affermare che per questa bambina – emblema di tutti i nostri ammalati – inalare fumi tossici e puzzolenti in “terra dei fuochi” sia la stessa cosa di quando suo padre poteva nutrirsi di aria pura scorazzando nelle fertili campagne dell’Agro Aversano.