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Camaldoli. Parolin: no a nostalgie totalitarie. Partecipare alla vita democratica

Redazione romana lunedì 24 luglio 2023

Il cardinale Parolin

Si è concluso domenica 23 luglio, presso il monastero di Camaldoli, il Convegno di studi dedicato all'80esimo anniversario del Codice di Camaldoli, documento redatto da intellettuali cattolici che ebbe una grande influenza sulla Carta costituzionale. Alla prima giornata di lavori, venerdì 21 luglio, è intervenuto, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Zuppi. Nella giornata conclusiva, la celebrazione eucaristica è stata presieduta dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede.

"In contesti diversi, in mondi diversi rimane necessario, indispensabile il discernimento del proprio tempo. Comprendere la storia in atto e le sue necessità, a partire dall’ispirazione cristiana, significa elaborare una cultura adeguata che oggi è in larga parte inedita. Ci sono parole da scrivere che allarghino l’orizzonte stesso del magistero. «Doveri ignoti ad altre età», come ebbe a dire Pio XII nel 1942. È questa è oggi una responsabilità di tutto il Popolo di Dio". Così il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, ha sintetizzato l'eredità e la lezione del Codice di Camaldoli a 80 anni dallo storico incontro di intellettuali cattolici impegnati a immaginare il tempo che sarebbe arrivato dopo il ventennio fascista.

Certo, "altri sono i tempi storici nei quali viviamo: là eravamo dentro la catastrofe del fascismo e della guerra, alla vigilia della costituzione di quel che sarà il Partito cattolico" ora siamo trent’anni dopo la sua fine, in una situazione geopolitica totalmente diversa, anche se una inopinata guerra nel cuore dell’Europa sembra voler ravvivare macabre nostalgie totalitarie", spiega Parolin. E altre sono "le condizioni ecclesiali: allora si era lungi dall’immaginare il rinnovamento del Concilio Vaticano II, ora stiamo vivendo una profonda trasformazione ecclesiale e stiamo sperimentando una svolta antropologica che sembra voler mettere in discussione la fede stessa".

Per il Segretario di Stato è necessario "aumentare i luoghi di incontro, di formazione, le occasioni di riflessione comune non solo sui temi civili e sociali, ma anche su quelli della fede: sia nella forma ecclesiale (il Sinodo in corso, voluto da Papa Francesco, ne è un’espressione); sia nella forma laicale, attraverso un autonomo e responsabile esercizio di laicità del credente". Un vero e proprio ritorno alla "partecipazione alla crescita democratica della società civile e delle istituzioni", che "ha oggi bisogno di donne e di uomini cristiani, consapevoli della loro fede, che testimonino, in ogni ambito del vivere comune, la loro ispirazione, i valori e i comportamenti che la loro fede continua a fermentare, senza i quali questa società non sarà migliore. L’individualismo esasperato di oggi non restituisce alle persone la libertà sperata, la felicità cercata, bensì il consumo di sé stessi. Abbiamo bisogno di recuperare la passione dell’altro, il riconoscimento dell’altro, l’accoglienza dell’altro".

Un lavoro dai tempi lunghi e incerti. "Ma il Regno dei cieli - rassicura Parolin - non ha i nostri tempi. Il campo su cui cade il seme è il cuore di ognuno. Noi siamo gettati nel campo della storia, lievito nella pasta, grano accanto alla zizzania. Solo Dio sa come il suo Spirito scende su ognuno di noi, su ogni storia umana, su ogni volto. Il Regno dei cieli cresce invisibilmente nella storia umana, là dove vivono il desiderio della piena dignità umana; l’amore per la libertà dei singoli e dei popoli, attraverso il diritto e la giustizia; la compassione per gli altri, che è già la nostalgia di Dio".