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Massi (Uneba). «Dalle Rsa una rete per aiutare i fragili»

Paolo Viana, inviato a Lignano Sabbiadoro (Udine) venerdì 8 ottobre 2021

Pnrr, riforma dell’assistenza alla non autosufficienza, spazi e ruolo del no profit, ma anche la lezione appresa dall’emergenza Covid: Franco Massi, presidente di Uneba, l’Unione delle istituzioni e iniziative dell’assistenza sociale, che riunisce oltre mille realtà in Italia, ieri ha aperto il congresso in corso a Lignano Sabbiadoro con un intervento a 360 gradi. Ecco le questioni che affronterà il congresso, cui parteciperà, oggi, il ministro della Salute, Roberto Speranza.

In questi giorni, un anno fa si moriva ovunque ma le morti nelle case di riposo italiane facevano notizia, e non poco. Cosa è successo dopo?

Hanno fatto clamore e le notizie circolanti non mettevano in rilievo un semplice dato: nelle Rsa gli anziani e le persone con disabilità ospitate in quei mesi avevano ricevuto cure e farmaci dai medici, dagli infermieri e dagli altri operatori sociosanitari e assistenziali, nonché dagli animatori ed educatori. A domicilio, molte persone, purtroppo sono decedute, in alcuni casi, senza neanche ricevere la telefonata del medico di famiglia. Anche i medici di famiglia e la rete sanitaria territoriale, pressoché inesistente, hanno vissuto drammaticamente quelle settimane.

Durante l’emergenza avete avuto un aiuto dal governo?

Nei primi mesi della pandemia tutti gli aiuti sono stati indirizzati agli ospedali. Ora qualche capitolo di bilancio prevede finanziamenti limitati in grado di aiutare solo in minima parte gli enti. Sono in corso richieste, anche alle Regioni, di ulteriori risorse per rimborsare almeno in parte i maggiori costi sostenuti. Abbiamo chiesto ristori anche per il nostro settore. Il pressing sul governo e sulle Regioni è continuo.

Oggi, qual è il livello di sicurezza delle Rsa?

Con grandi sforzi e con impiego di ingenti risorse le Rsa, seppur nell’incertezza interpretativa di leggi, Dpcm, circolari ministeriali e delibere regionali, talvolta fra di loro non proprio compatibili, hanno messo in atto tutte le misure necessarie a garantire la salute delle persone anziane e dei lavoratori: modifiche organizzative, riduzione dei posti letto, formazione ed informazioni sempre aggiornate per gli operatori. Speriamo di non dover affrontare ancora mesi terribili di emergenza. Quanto vissuto lo scorso anno resterà perennemente nelle nostre menti e le conseguenze negative e i molteplici problemi emersi ci accompagneranno nei prossimi anni. Oggi il grado di responsabilità, di maturità e di preparazione di tutti i nostri addetti ci consentirà, se necessario, di affrontare le future difficoltà.

I lavoratori operano in condizioni di sicurezza?

Finalmente le ultime disposizioni legislative hanno fatto chiarezza. Ora non esistono più alibi, né per gli enti, né per tutti gli operatori , né per le organizzazioni sindacali. La sicurezza, se si attuano le norme, è garantita per tutti: persone anziane e disabili residenti nelle strutture, lavoratori e parenti. E il contratto nazionale di lavoro Uneba ha dotato i nostri enti di strumenti normativi moderni e lungimiranti. È l’unico contratto collettivo nazionale a prevedere norme sull’assistenza domiciliare. E questa norma è stata scritta prima del Covid.

Cosa chiedete al ministro Speranza e al governo?

Chiediamo al ministro Speranza maggiore attenzione al socio-sanitario e alla rete da costruire per rispondere ai bisogni delle persone fragili. La visione prevalentemente 'ospedalocentrica' nelle prime fasi della pandemia ha mostrato enormi limiti. Il socio-sanitario fa parte a pieno titolo del Ssn. Chiediamo al governo e al Parlamento: l’estensione del 110% Roma agli enti religiosi, oggi utilizzabile, dietro nostra richiesta, solo alle Onlus e alle organizzazioni di volontariato; la proroga dei termini dal 2022 al 2023 (come per gli ex Iacp); la proroga per gli infermieri extracomunitari; la proroga per gli adempimenti antisismici; la condivisione delle proposte delle Regioni per poter impiegare, dopo adeguata formazione, gli Oss specializzati, con la terza 'S'.

Si sono udite al congresso delle riserve sul forum del Terzo settore. Perché?

Da tempo chiediamo al Forum, di cui ne facciamo convintamente parte, e alle associazioni che lo costituiscono, maggiore attenzione verso le Onlus e le organizzazioni di volontariato. Sono però certo e fiducioso di trovare nella nuova portavoce e nel coordinamento ascolto e proficua collaborazione. La riforma del Terzo settore, avviata con la legge istitutiva del 2016, non è ancora conclusa e siamo in attesa dell’emanazione dei decreti ministeriali mancanti, importantissimi per i nostri enti, e per citarne uno, quello relativo alla normativa fiscale.

Cosa pensa del lavoro della commissione per la riforma dell’assistenza della popolazione anziana?

Il documento conclusivo della commissione ministeriale consegnato al governo contiene analisi generali condivisibili. Si tratta ora di rendere concretizzabili nel futuro le indicazioni suggerite partendo dalla realtà. Le Rsa e l’assistenza domiciliare sono risposte assistenziali non alternative ma complementari all’interno della rete di servizi che comprendono i centri diurni, gli alloggi protetti e le comunità alloggio. L’istituzionalizzazione delle persone anziane e disabili richiedenti cure continuative sanitarie e assistenziali è l’unica possibile. L’enfatizzazione delle cure domiciliari per queste persone, sostenuta da qualcuno, e da noi criticata perché posta in alternativa alla residenzialità, ha portato alla scrittura del Pnrr con contenuti non rispondenti ai reali bisogni dei non autosufficienti.

Quando avremo una riforma dell’assistenza e che riforma sarà?

L’auspicabile riforma dell’assistenza spero trovi una definizione concreta in breve tempo. Una legge quadro serve, è indispensabile se si intende porre ordine nell’intero comparto e si dovrà, finalmente dare attuazione ai Lea sanitari e, aggiungo ai Lea sociali.

Non c’è il rischio che si smantelli una rete secolare di strutture sociosanitarie fondate sulla professionalità e sull’amore per il prossimo per favorire iniziative privi degli stessi standard di assistenza?

Il rischio c’è. Siamo preoccupati. Nel titolo del nostro congresso si parla di accoglienza, non semplicemente di assistenza. E non è un semplice aggiornamento verbale: è una precisa indicazione programmatica. Cosi come lo è il passare dal 'curare' al 'prendersi cura'. E ciò non è solo una scelta che porta a modificare le nostre azioni e i nostri comportamenti, ma è una necessità improrogabile per le strutture assistenziali cresciute e radicate nelle nostre parrocchie, nei nostri comuni quale testimonianza nei decenni e nei secoli di testimonianza di carità cristiana. La pandemia, ma anche la presenza sempre più pressante di entità commerciali e fondi italiani e esteri, ci obbliga a cambiare. Ma non a cambiare per sopravvivere, ma a cambiare per migliorare.

Emergenza Covid, riforma dell’assistenza agli anziani, riforma del Terzo settore e soprattutto gestione dei rapporti tra il Ssn e le realtà Uneba. Alla luce di ciò che non funziona, si può dire che lo Stato ha un’idea sbagliata del no profit?

Il mondo del no profit sembra dare fastidio, intralciare i vari processi educativi, assistenziali e produttivi. Ecco perché chiediamo per tutti i settori della nostra comunità nazionale che non si consideri, nell’evoluzione dei processi della vita associata, solo il pubblico e il privato, ma il pubblico, il privato e il no profit. È un salto culturale. Ma di questo una comunità nazionale unita e solidale ha bisogno.