Osservasalute . Crescono cronicità e spesa sanitaria. Differenze di genere e territorio
La Cronicità non è uguale per tutti: genere, territorio, età, istruzioneIl quadro sulla cronicità ha nel nostro Paese una spiccata connotazione sociale, con significative differenze di genere, territoriali e di condizione socio-economica. Le donne sono più frequentemente affette da patologie croniche, il 42,6% delle donne vs il 37,0% degli uomini, divario che aumenta per la multicronicità che affligge quasi un quarto delle donne vs il 17,0% degli uomini. Si tratta di differenze in parte dovute alla struttura per età che, come è noto, è più anziana nelle donne. Particolarmente elevati i divari, a svantaggio delle donne, per l’artrosi/artrite e l’osteoporosi, di cui soffrono, rispettivamente, il 20,9% e il 13,2% delle donne vs l’11,1% e il 2,3% degli uomini.Le differenze di genere si acuiscono con l’età, nel periodo adulto della vita (45-54 anni) si inverte il divario rispetto all’ipertensione a svantaggio degli uomini (14,1% tra gli uomini, 11,4% tra le donne), crescono le differenze a svantaggio delle donne rispetto alle artrosi/artrite (7,5% tra gli uomini, 12,7% tra le donne), all’osteoporosi (0,9% tra gli uomini, 4,9% tra le donne) e alle malattie allergiche (10,7% tra gli uomini, 13,0% tra le donne). Nella classe di età più anziana (65-74 anni) il divario cresce ancora, le donne sono molto più frequentemente multicroniche (42,6% tra gli uomini, 54,4% tra le donne), con problemi di osteoporosi (5,2% tra gli uomini, 31,2% tra le donne) e di artrosi/artriti (27,8% tra gli uomini, 48,3% tra le donne); lo svantaggio di genere per gli uomini cresce rispetto al diabete (17,6% tra gli uomini, 12,5% tra le donne) e alle malattie del cuore (14,4% tra gli uomini, 5,4% tra le donne) (cfr. Tavola 7).Patologie croniche per Regione: prima la Calabria, ultima Bolzano La prevalenza più elevata di almeno una malattia cronica si registra in Liguria con il 45,1% della popolazione.
In Calabria si registra la quota più elevata di malati di diabete, ipertensione e disturbi nervosi, rispettivamente 8,2%, 20,9% e 7,0% della popolazione. Il Molise si caratterizza per la prevalenza maggiore di malati di cuore, il 5,6% della popolazione, la Liguria per quella più elevata di malati di artrosi/artriti, il 22,6%, la Sardegna per la quota maggiore di malati di osteoporosi, il 10,4%, infine la Basilicata spicca per la prevalenza più alta di malati di ulcera gastrica o duodenale e bronchite cronica, 4,5% e 7,7% rispettivamente. La provincia autonoma di Bolzano presenta la prevalenza più bassa di cronicità per tutte le patologie considerate. I titoli di studio prevengono abbassano il rischio di cronicità Nel nostro Paese il livello culturale ha un effetto significativo sul rischio di cronicità. I dati dell’Istat evidenziano, infatti, che le persone con livello di istruzione più basso soffrono molto più frequentemente di patologie croniche rispetto al resto della popolazione, con un divario crescente all’aumentare del titolo di studio conseguito. Nel 2017, nella classe di età 45-64 anni, quella in cui insorge la maggior parte della cronicità, la percentuale di persone con la licenza elementare o nessun titolo di studio che è affetta da almeno una patologia cronica è pari al 56,0%, scende al 46,1% tra coloro che hanno un diploma e al 41,3% tra quelli che possiedono almeno una laurea. L’artrosi/artrite, l’ipertensione e il diabete sono le patologie per le quali si riscontrano i divari sociali maggiori, con riferimento ai titolo di studi estremi, le differenze ammontano, rispettivamente, a 13,1, 12,5 e 7,4 punti percentuali a svantaggio dei meno istruiti. Differenze anche rispetto alle professioni. Più colpiti da patologie croniche sono i disoccupati e gli autonomi. Costi in aumento, quali saranno le strategie del Servizio sanitario Di fronte all’allarmante prospettiva di un aumento della domanda di salute, il Servizio sanitario sta ponendo le basi di nuovi modelli organizzativi, centrati sulle cure territoriali e domiciliari, integrate, delegando all’assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti/complessi non gestibili dagli operatori sanitari delle cure primarie. «Il quadro che si sta prospettando impone, oltre che un nuovo approccio sistemico per l’assistenza ai malati cronici, un cambio di passo delle politiche di prevenzione», afferma il professor Walter Ricciardi, attraverso la promozione di stili di vita salutari e di prevenzione di secondo livello, cioè analisi periodiche per diagnosi precoci.