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Intervista. Bonaccini: «Ora si rischiano i fischi, serve una svolta. Scaricherò la app»

Eugenio Fatigante venerdì 1 maggio 2020

Stefano Bonaccini, presidente Pd dell'Emilia-Romagna

Stefano Bonaccini lo dice subito: «Anche se da presidente della Conferenza Stato-Regioni non mi sono mai permesso di giudicare le decisioni di altri governatori, stavolta faccio un’eccezione: considero una forzatura sbagliata quella di Jole Santelli, pur non mutando la mia stima e amicizia per lei».

Governatore, cosa non sta funzionando nel dialogo fra governo e Regioni?

Il dialogo è stato costante dall’inizio dell’emergenza. Resto convinto che da questa crisi ne usciamo solo se restiamo uniti e lavoriamo insieme. Il ministro degli Affari regionali, Boccia, ci ha riconosciuto che nel 95% dei casi le ordinanze delle Regioni sono assolutamente corrette e conformi ai vari Dpcm, il che fa giustizia di tante inesattezze che circolano.

Quale linea va tenuta sulle aperture?

Serve mantenere la massima cautela e attenzione affinché i contagi non ripartano. Allo stesso tempo, se il contagio continuerà a scendere, mi auguro possano essere anticipate le aperture già programmate per inizio giugno, come bar e ristoranti o parrucchieri ed estetiste: è la richiesta che abbiamo avanzato al governo.

Impossibile definire una posizione univoca fra i governatori?

Io sento costantemente i miei colleghi. E sottolineo che nella quasi totalità delle scelte abbiamo adottato decisioni restrittive, ognuno per le peculiarità peraltro del proprio territorio, assolutamente corrette.

Vede aprirsi una frattura fra Nord contro il Sud o fra Regioni di centrodestra contro il centrosinistra?

Qualora dovesse verificarsi uno di questi scenari, sarebbe un grave errore. E io continuo a lavorare perché ciò non avvenga. Sono presidente da quasi 5 anni e ho avuto a che fare con ben 4 governi differenti: oltre il 90% delle volte abbiamo sempre approvato all’unanimità decisioni e accordi. Verrà il momento in cui ci divideremo di nuovo, magari anche aspramente. Ma questo non è il momento degli steccati politici o geografici.

Quando partirà, lei scaricherà la app Immuni?

Lo farò, senza problemi. Dovrà garantire la massima garanzia di protezione dei dati personali, insieme all’efficacia ovviamente, e allora potrà essere davvero fondamentale per contribuire a garantire la sicurezza nella ripartenza.

L'Emilia-Romagna ha fatto quasi la metà dei tamponi del Veneto e ha avuto il doppio dei decessi. Cosa ha funzionato meno?

Non sono situazioni paragonabili. Il Veneto ha avuto un cluster partito dal piccolo comune di Vo' Euganeo: è stato giustamente e meritoriamente isolato e contenuto. Piacenza e il suo territorio sono invece un tutt'uno, separati da un ponte, con il basso Lodigiano, laddove è esploso il focolaio. E quando è stato rilevato con ogni evidenza il contagio era già dilagato a Piacenza, ma anche lungo la via Emilia. Abbiamo vissuto settimane drammatiche, con le strutture ospedaliere che hanno subito uno stress fortissimo e siamo stati capaci di aumentare del 600% i posti in terapia intensiva e per pazienti acuti, senza peraltro raggiungere mai la saturazione. Quanto ai tamponi, ormai ne facciamo una media di 5mila al giorno, ma li raddoppieremo a brevissimo.

Ei test sierologici?

Abbiamo quasi completato lo screening su tutti gli operatori sanitari, i 60mila dipendenti del servizio sanitario regionale, allargandolo agli operatori dei servizi socio-assistenziali, delle Cra (Clinical research associate, ndr), delle forze dell’ordine, polizie locali e vigili del fuoco. E' partita adesso la fase dei luoghi di lavoro attraverso laboratori autorizzati dalla regione, che seguiranno un protocollo molto stringente. E poi proseguiremo con campagne mirate sui cittadini, a partire dalle province di Piacenza e Rimini e nel comune bolognese di Medicina, le aree più colpite. Ma la regia resta in mano pubblica.

Non trova assurda la difficoltà italiana nel reperire dispositivi come le mascherine?

La loro produzione era stata abbandonata in tutta Europa, non solo da noi, per il bassissimo valore aggiunto. Tutti i Paesi occidentali inizialmente si sono trovati spiazzati. Però nella nostra regione ci sono numerosi esempi di aziende che si sono riconvertite in poche settimane. Noi abbiamo predisposto un vademecum e ci sono due laboratori che ne testano la validità prima della distribuzione.

Si deve fare qualcosa di più per il settore-chiave del turismo?

Stiamo già al lavoro perché si possa ripartire in sicurezza. E ci affidiamo alla genialità degli operatori romagnoli. È un settore troppo importante per noi: in 5 anni è cresciuto dall’8 al 13% del Pil regionale, una crescita straordinaria. Abbiamo definito dei protocolli e ci sono già diversi milioni di euro a disposizione per le sanificazioni di bar, alberghi e campeggi. Ho firmato un’ordinanza che permette l’avvio dei lavori nelle strutture, nei parchi tematici, negli stabilimenti balneari e negli esercizi commerciali. Ma da soli non bastiamo. Il governo deve garantire al settore - tra i più colpiti e che rischia di partire più tardi (perché non esporta merci, ma importa persone) - proroga d’imposte, ma anche risorse a fondo perduto, accesso al credito, bonus famiglie per le vacanze da spendere nelle strutture ricettive del Paese.

Compiti fatti sulle liste per la Cassa in deroga?

Sì, siamo stati la prima Regione a firmare gli accordi. Mi auguro si acceleri al massimo l’arrivo delle risorse a tutti.

Quale merito riconosce al governo Conte? E cosa si attendeva di più?

Il governo si è trovato a gestire una situazione di una gravità senza precedenti. Siamo stati il primo Paese occidentale a fronteggiare l’epidemia. Il premier ha fatto moltissimo nell’emergenza e credo si percepisca che sia stato molto apprezzato. Ora però comincia la fase della 'ripartenza' e, se prima a ogni misura restrittiva si prendevano applausi, ora si rischiano i fischi, specie di quanti temono di non riaprire più la propria azienda o di perdere il proprio posto di lavoro. Al primo posto la tutela della salute - ci mancherebbe -, ma, facendo rispettare i protocolli firmati tra sindacati e imprese, dovremo cercare di far ripartire quanto più il mondo della produzione e del lavoro, pur tenendo alta l’attenzione dal punto di vista sanitario. Dal prossimo decreto mi aspetto un forte impulso all’economia e tutele ai più deboli. Servono, anche con l’aiuto dell’Europa, tanta liquidità e un gigantesco piano di investimenti.