Attualità

IDEOLOGIA E GIUSTIZIA. Punire l'omofobia Rispettare le opinioni​

Giovanni Grasso mercoledì 17 luglio 2013
Sono moltissimi (circa 350) gli emendamenti depositati da esponenti, cattolici e non, di tutti i gruppi per neutralizzare le conseguenze più estreme del ddl contro l’omofobia di cui è iniziato da giorni l’esame alla Commissione Giustizia di Montecitorio. Esame che dovrebbe concludersi oggi per andare all’approvazione dell’Aula il 22 prossimo. In discussione, spiegano in coro i promotori degli emendamenti, non c’è assolutamente la contrarietà a inasprire le pene per chi si macchia di violenze a sfondo omofobico o comunque legato ai comportamenti sessuali. Tuttavia si vuole assolutamente evitare che questo provvedimento si trasformi in una sorta di bavaglio al libero pensiero, parificando chi commette violenze o discriminazioni con chi, per motivi religiosi, morali o per convinzioni culturali o personali, indichi nella famiglia tradizionale, formata da un uomo e una donna, la via preferibile da seguire. O chi, per gli stessi motivi, consideri non positiva l’adozione di figli da parte di coppie omosessuali. Un altro punto delicato riguarda la discriminazione per «orientamento sessuale» nei posti di lavoro. Va da sé che gli orientamenti sessuali non devono costituire elemento di discriminazione. Ma, d’altra parte, non si può certo impedire per esempio alle istituzioni religiose, di selezionare, per incarichi di educazione o formazione, persone in linea con le direttive morali dell’istituzione stessa. Gli emendamenti presentati da esponenti del Pdl (Roccella, Costa e altri), di Scelta Civica (Marazziti, Binetti e altri), della Lega e del Pd (Preziosi, Bobba, Fioroni e altri) vogliono proprio evitare che la legge, da strumento di tutela per persone oggetto di violenza e di discriminazione, diventi strumento di imposizione di modelli culturali uniformanti e non condivisi. Spedendo in tribunale chi, per esempio, considera peccato la pratica omosessuale. Altri punti contestati (e per i quali si propongono modifiche) sono l’introduzione dell’identità di genere e il divieto di associazione. Ma una cosa, spiega Eugenia Roccella (Pdl), «è combattere le associazioni razziste, un’altra è chiedere lo scioglimento forzato per associazioni che si battono contro il matrimonio gay». La formulazione degli emendamenti di Scelta Civica, per esempio, prevede che le norme previste dal disegno di legge «non si applicano nel caso in cui le idee sulle persone oggetto di tutela da parte della presente legge siano diffuse limitatamente all’ambito educativo, didattico, accademico, scientifico, letterario, teologico, catechistico, purché non incitino alla discriminazione, all’odio o alla violenza». E, allo stesso modo, «non si considera pratica discriminatoria e risulta pertanto esclusa dall’applicazione delle disposizioni la selezione di persone per incarichi di lavoro o per l’ammissione a corsi di insegnamento e formazione all’interno di agenzie educative, formative, culturali o religiose, se intesa ad evitare l’inclusione di persone che sostengano o propagandino orientamenti di natura ideologica, culturale o religiosa in contrasto con i valori e le finalità che caratterizzano l’agenzia stessa». Nonostante l’esistenza di un largo fronte trasversale e la contrarietà di quasi tutto il Pdl, l’approvazione di questi «emendamenti di buon senso non è per nulla scontata», come afferma Beppe Fioroni, cattolico del Pd. Nel senso che c’è in Parlamento una ancora più larga maggioranza (buona parte del Pd, Sel e M5S) che potrebbe respingerli. Da qui la proposta di una pausa di riflessione, rinviando il testo all’autunno. «È davvero necessario – dice ancora Roccella – spaccare il Parlamento e il Paese in un momento in cui la grave crisi economica dovrebbe farci concentrare in un impegno unitario?».