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Cinque anni dopo. Ombre, risposte, l'assoluzione di Foti: facciamo il punto su Bibbiano

Luciano Moia domenica 14 aprile 2024

Alcuni dei genitori di Bibbiano, che si videro sottratti i figli dagli assistenti sociali

Cinque anni dopo cosa resta di Bibbiano? L’assoluzione in via definitiva dello psicoterapeuta Claudio Foti, il principale imputato dell’inchiesta “Angeli e demoni”, ci obbliga a riconsiderare questa vicenda in una luce diversa. Non tutto è stato chiarito, naturalmente. Le ombre inquietanti che il caso ha allungato sul sistema di protezione dei minori fuori famiglia rimangono tutte. Gli interrogativi pesantissimi sull’operato dei servizi sociali, sul ruolo del tribunale minorile, sulle modalità con cui venivano assegnati agli psicologici gli incarichi di assistenza ai minori allontanati dalle famiglie, rimangono invariati. Ma per dare risposte a tutto questo dobbiamo attendere che la giustizia faccia il suo corso con gli altri 17 imputati tuttora coinvolti nel processo ordinario, ancora ben lontano dall’approdare alla sentenza di primo grado. Una conclusione attesa, se non ci saranno intoppi, per la primavera del prossimo anno. E poi, come è facilmente prevedibile, ci saranno ricorsi in appello e ancora in Cassazione. Insomma, anni e anni...
Intanto, sotto il profilo giudiziario, c’è un primo punto fermo. L’altro ieri la Cassazione ha confermato la sentenza d’appello che aveva fatto cadere tutte le accuse contestate a Foti in primo grado. Nel novembre 2021 lo psicoterapeuta era stato condannato a quattro anni, con il rito abbreviato, dal tribunale di Reggio. In appello invece è stato scagionato da ogni capo di imputazione. In primis “per non aver commesso il fatto” per quanto riguarda l’abuso d’ufficio contestato per un affidamento senza bando pubblico riguardante il centro “La cura” di Bibbiano. E poi, “perché il fatto non sussiste”, era stato assolto dal reato di lesioni dolose gravi nei confronti di una 17enne sottoposta a sedute di psicoterapia. Infine, è stata confermata pure l’assoluzione dall’accusa di frode processuale contro la quale la stessa procura aveva fatto ricorso per chiederne invece la condanna.

Carta di Noto, coordinamento Cismai

Questo vuol dire che Foti non è più il guru ambiguo e discusso della psicoterapia pediatrica e diventa un esempio luminoso per tutti gli specialisti del settore? Certamente no, l’acceso dibattito scientifico sul metodo del “disvelamento progressivo” utilizzato da Foti per l’ascolto dei minori rimane aperto. Come rimane aperto, sempre sul metodo di ascolto, il confronto tra i sostenitori della Carta di Noto e quella che, in modo un po’ approssimativo, è nota come “linea del coordinamento Cismai”. Questioni complesse, che non si possono certo risolvere in poche righe, ma va detto che entrambi i protocolli, il cui valore scientifico sarebbe confermato da studi internazionali di opposta tendenza, hanno rilevanza solo orientativa perché in Italia non c’è una legge che impone di seguire un determinato metodo. Ma non possiamo ignorare che la sentenza d’appello prima e adesso la Cassazione hanno accolto le tesi della difesa di Foti, costruite con il sostegno di un collegio di esperti in cui figurano alcune figure di spicco della psicoterapia italiana. La posizione, in sintesi è questa: i metodi psicoterapeutici non possono essere valutati dal punto dl punto di vista giuridico. Per esempio, l’idea che un terapeuta possa ingenerare falsi ricordi in un minore e condizionare l’andamento dei processi sarebbe contraddetta – secondo quanto spiegato dagli esperti - da tutta la letteratura scientifica sull’argomento. Non è possibile in sostanza indurre un falso ricordo con la terapia. Inoltre Foti ha consegnato personalmente i video delle sedute per dimostrare la sua buona fede. E i giudici ne hanno riconosciuto la correttezza. Dal punto scientifico e psicoterapeutico – hanno ripetuto gli esperti e riconosciuto i giudici - il suo lavoro è stato ineccepibile. Le perizie avrebbero confermato tutto. Priva di fondamento – come riconosciuto dalla Cassazione – anche il ricorso alla terapia Emdr, un trattamento che si basa sulla stimolazione sensoriale bilaterale la cui sua efficacia scientifica è stata dimostrata da oltre 30 anni di studi, con fotografie del cervello, prima e dopo la terapia, che certificano “un significativo miglioramento dei sintomi di sindrome post-traumatica da stress e un parallelo incremento dei volumi ippocampali”. Nel caso contestato a Foti c’è stata una sola seduta con Emdr, senza peraltro alcun utilizzo di macchinari.

Otto minori coinvolti,sette a casa, uno adottato

Chiuso, almeno dal punto di vista giudiziario, il capitolo Foti, rimane aperto, come detto, il processo ordinario. Il caso Bibbiano era scoppiato nel 2019, a seguito dell'inchiesta della Procura di Reggio Emilia, partita nel 2018, volta a verificare l'operato della rete dei servizi sociali della Val D’Enza. L’accusa era di aver falsificato decine di relazioni per riuscire ad allontanare un numero imprecisato di bambini – nell’inchiesta ne sono finiti otto - dalle loro famiglie e darli in affido ad amici e conoscenti. Due le ipotesi di reato. La prima riguardava le modalità di assegnazione da parte del Comune dell’incarico alla comunità Hansel e Gretel, per accertare se ci fosse stato un uso improprio dei fondi pubblici. La seconda puntava a far luce sulle sedute di psicoterapia dei minori e sui metodi utilizzati per verificarne i presunti abusi. I minori venivano poi seguiti nella struttura pubblica per minori vittime di abusi “La Cura”, sempre a Bibbiano, data in gestione alla onlus “Hansel & Gretel”, quella appunto fondata da Claudio Foti. Il 27 giugno 2019, ventiquattro persone erano state iscritte nel registro degli indagati e il giudice per le indagini preliminari, Luca Ramponi, aveva emanato misure cautelari per 17 di loro, amministratori, assistenti sociali e psicoterapeuti.

Ma che fine hanno fatto gli otto bambini “vittime” di quei servizi sociali? Ben prima dell’esplodere dell’inchiesta, il Tribunale per i minorenni di Bologna aveva disposto per sette di loro il ritorno alle famiglie d’origine, mentre per l’ottavo minore – i cui genitori con gravi patologie comportamentali non si erano opposti all’allontanamento disposto dai servizi sociali – è scattato il decreto di adottabilità e quindi è stato poi accolto in una nuova famiglia. Quindi tutto risolto? Sarebbe sbagliato trarre delle conclusioni mentre il processo è ancora in corso. Ma la grande domanda sullo sfondo rimane con tutto il suo carico di implicazioni anche sociali e politiche. Per quale motivo i bambini venivano allontanati dalle famiglie senza necessità? Chi traeva benefici illeciti da un sistema di affidi manipolato – secondo l’accusa - da relazioni infedeli e da terapie considerate inopportune se non dannose? Dopo cinque anni, nessuno sembra ancora averlo capito.