Attualità

Chaimaa Zouine. «Oggi parlo italiano con le mie sorelle e i miei fratelli»

Stefano Pasta mercoledì 23 agosto 2017

«Lasagne, tiramisù, gnocchi». Comincia dall’elenco dei piatti preferiti la "professione di italianità" di Chaimaa Zouine, ventiseienne originaria di Casablanca che da tempo vive al quartiere Barriera di Milano a Torino. Di cibo se ne intende: ha fatto la scuola alberghiera e successivamente ha svolto stage e ha lavorato in ristoranti importanti come aiuto-cuoca. In questo momento sta facendo una sostituzione estiva alla mensa di un ospedale, ma fino alcuni mesi fa aveva avviato un tirocinio in un prestigioso hotel di Parigi. «Ho dovuto rinunciarvi – racconta – perché il passaporto marocchino e il permesso di soggiorno italiano non bastavano. Se avessi avuto la cittadinanza, non avrei perso quest’occasione». La beffa è che Chaimaa, che a Torino ha frequentato le medie e le superiori, è rimasta l’unica "straniera" di famiglia: quando il padre, in Italia dal 1992 ha ottenuto la cittadinanza, i suoi fratelli e sorelle l’hanno "ereditata", mentre lei no poiché era già maggiorenne. Eppure Chaimaa non ha dubbi, l’Italia è il Paese a cui sente di appartenere: «Al Marocco, il paese degli zii, associo i ricordi dell’infanzia. Ora è sette anni che non ci torno, ma, anche quando andavo, mi mancava l’Italia». Per la ragazza, la scuola - e quindi lo ius culturae previsto dalla riforma approvata dalla Camera ma in stallo al Senato - è la vera chiave della cittadinanza per i figli degli immigrati: «Tra i banchi della classe sono nate le amicizie più importanti, si è formato e modificato il nostro modo di pensare e, lì, l’italiano è diventato la lingua principale, quella che oggi parlo anche con i miei fratelli e le mie sorelle».