Attualità

Dall'Australia a Berlino. Così il movimento studentesco per il clima è divenuto globale

Daniele Zappalà sabato 9 marzo 2019

Studenti in sciopero per il clima

Disertano i banchi di scuola il venerdì, ma per 'dare una lezione' ai governi incapaci di battersi fino in fondo contro il surriscaldamento planetario. Il movimento giovanile degli scioperi scolastici per il clima, che conta già centinaia di migliaia di simpatizzanti in tutto il mondo, trae ispirazione dalla protesta intrapresa lo scorso agosto da Greta Thunberg, liceale svedese 16enne divenuta celebre anche grazie a una foto: seduta da sola a terra, spalle al muro, espone davanti al Parlamento del suo Paese una tavoletta che reca a grossi caratteri la scritta: 'Skolstrejk för klimatet'. Un modo per pretendere, dopo gli incendi estivi e le temperature record in Scandinavia, la concreta attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima.

Lo scorso dicembre, alla Cop24 di Katowice, in Polonia, Greta era divenuta la ’mascotte’ dell’evento, parlando in plenaria ai delegati del mondo intero. Ad Avvenire, aveva dichiarato: «Dobbiamo agire adesso, subito. Dobbiamo essere consapevoli che domani potrebbe essere troppo tardi. Il nostro futuro è in bilico».

Quella vetrina prestigiosa aveva conferito credibilità al movimento lanciato sui social da Greta: #FridaysForFuture. Ma è stata poi soprattutto l’onda d’insoddisfazione suscitata dalla conferenza Onu a nutrire un’emulazione positiva planetaria attorno all’esempio di Greta. In poche settimane, si è così assistito a un simbolico passaggio di testimone fra la diplomazia intergovernativa, bocciata da più parti, e una società civile internazionale al contrario sempre più impaziente, a cominciare dai giovani. Nell’Australia minacciata dalla siccità, le manifestazioni del venerdì hanno preso un’ampiezza che ha persino allertato il governo federale. Già il 30 novembre, alla vigilia della Cop24, gli studenti di decine di città avevano partecipato all’evento 'Strike 4 Climate Action'.

NEL NOSTRO PAESE L'onda verde dei giovani italiani di Daniela Fassini

In Europa, il movimento si è propagato soprattutto dall’inizio dell’anno, vivendo le sue prime intense fiammate in Belgio. Certe settimane, a Bruxelles e nelle altre principali città, la mobilitazione ha superato i 35mila partecipanti, con leader quasi sempre al femminile. Rapidamente, l’onda ha raggiunto la Germania, dove numerosi gruppi WhatsApp hanno cominciato ad alimentare e coordinare le proteste. Da metà gennaio, in una cinquantina di città tedesche, le manifestazioni hanno riunito ogni venerdì un totale superiore a 15mila studenti, decisi a chiedere innanzitutto al governo di anticipare al 2030 l’uscita del Paese dal carbone, programmata da Berlino nel 2038. Anche qui, una ragazza è divenuta il volto simbolo del movimento, la 22enne Luisa Neubauer, studentessa in geografia dell’Università di Gottinga. Sempre a metà gennaio, è stata contagiata pure la Svizzera, dove Losanna e Ginevra sono divenute gli epicentri di un movimento elvetico che ha riunito settimanalmente anche più di 12mila manifestanti. A partire dal 7 febbraio, si è unita pure l’Olanda, con diverse migliaia di giovani riuniti soprattutto all’Aia, sede delle istituzioni centrali. La settimana seguente, la protesta ha attecchito nelle scuole britanniche, soprattutto a Londra, Manchester, Brighton e Leeds. In Francia, dopo una prima timida manifestazione parigina il 15 febbraio, le proteste si sono amplificate a partire dalla settimana seguente, grazie anche alla presenza di Greta.

Ma adesso, la 'lezione' sembra produrre frutti inattesi. Un collettivo di 140 Ong transalpine ha annunciato di volersi mettere simbolicamente al seguito della grande manifestazione studentesca internazionale del 15 marzo, con una 'Marcia del secolo' prevista l’indomani.