Attualità

Trieste. Obiezione alla pillola del giorno dopo, farmacista (di nuovo) assolta

Francesco Ognibene martedì 3 luglio 2018

Assolta anche in appello. La scelta di Elisa Mecozzi, la farmacista di Monfalcone a processo per essersi rifiutata di vendere una confezione di "pillole del giorno" appellandosi alla clausola di coscienza, ha superato a pieni voti anche il secondo grado di giudizio, che ha confermato il verdetto del primo. La Corte d’Appello di Trieste ha assolto la dipendente della farmacia comunale della cittadina friulana per la quale il pubblico ministero – come già in primo grado nel processo davanti al Tribunale di Gorizia, a fine 2016 – aveva chiesto quattro mesi di condanna per il reato di omissione o rifiuto di atti di ufficio in quanto incaricata di pubblico servizio. I giudici triestini hanno dunque escluso la punibilità della condotta di fatto riconoscendo il diritto all’obiezione anche in farmacia.

I fatti e il giudizio

I fatti risalgono al giugno di 5 anni fa. La farmacista, in turno di notte, aveva servito una donna che le si era rivolta con la prescrizione del suo ginecologo per l’assunzione in giornata della pillola del giorno dopo – commercialmente nota come Norlevo –, farmaco che va assunto entro le 24 ore da un rapporto potenzialmente fecondo. Il principio attivo impedisce l’annidamento nell’utero dell’ovocita eventualmente fecondato, e dunque dà luogo a un aborto sebbene precocissimo. La tesi è contestata da chi sostiene che la gravidanza inizia solo con l’annidamento e dunque non si potrebbe invocare l’obiezione di coscienza ex legge 194, tesi accolta dall’Agenzia europea del farmaco che ha imposto anche all’Italia di mettere in vendita il Norlevo (come anche EllaOne, la pillola dei cinque giorni dopo) nella categoria dei farmaco da banco ma solo per le maggiorenni, senza dunque dover esibire la ricetta al farmacista. Ma la delibera dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa è del marzo 2016, quindi successiva all’episodio di Monfalcone, con la duplice sentenza che perciò resta esemplare e destinata ad aprire la strada alla libertà di fare obiezione di coscienza anche ai farmacisti, una facoltà sinora assai contestata. L’articolo 3 del Codice deontologico della categoria prevede infatti che «il farmacista deve operare in piena autonomia e coscienza professionale, conformemente ai princìpi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto per la vita» ma sinora si è sostenuto che il farmacista non potrebbe rifiutare contraccettivi più o meno d’emergenza se le autorità di farmacovigilanza non gli attribuiscono più la qualifica di «abortivi». Va detto che nel verdetto dei giudici di Gorizia prima e di Trieste ora ha certamente pesato anche il fatto che il diniego della farmacista non ha impedito alla richiedente di rivolgersi a un’altra farmacia con professionisti non obiettori in servizio, e dunque non è stato leso alcun diritto o libertà.

Gli avvocati: basta processi penali per gli obiettori

La Corte giuliana ha «finalmente confermato l'assoluzione, riconoscendo la particolare tenuità del fatto e l'infondatezza delle pretese accusatorie»: lo sottolineano gli avvocati della farmacista Simone Pillon (oggi senatore della Lega) e Marzio Calacione. «Siamo ben felici– aggiungono i legali – che anche la Corte abbia voluto mandare esente da responsabilità penale la nostra assistita, che ha scelto coraggiosamente di seguire la voce della propria coscienza per difendere la vita umana fin dal concepimento. Speriamo tuttavia che nessuno sia più costretto a subire un processo penale per aver semplicemente messo in pratica i principi etici dettati dalla propria coscienza. Il nostro ordinamento giuridico già prevede la libertà di coscienza, come dimostrato da questa assoluzione, ma forse uno specifico chiarimento normativo potrebbe evitare infondati ma faticosi ricorsi allo strumento penale».

Il Movimento per la Vita: farmaci abortivi

Soddisfatto per la sentenza anche il Movimento per la vita italiano che tramite la sua presidente nazionale Marina Casini ricorda che «sulla base di autorevolissimi pareri e di studi (Comitato nazionale per la bioetica, Istituto superiore di sanità, Società italiana procreazione responsabile...)» si è già «dimostrato che la pillola del giorno dopo così come la pillola dei cinque giorni dopo, se il concepimento è avvenuto, ha un effetto uccisivo sull'embrione già formato. A riguardo, il Movimento per la Vita ha redatto il X Rapporto sull'attuazione della legge 194 ("Dopo 40 anni per una prevenzione vera dell'aborto volontario") a commento dell'annuale relazione ministeriale presentata il 7 dicembre 2016. Va aggiunto che anche nel caso di dubbio nessuno può essere costretto a compiere azioni che possono eventualmente sopprimere un essere umano».