Attualità

IL NUOVO WELFARE. Novara, «affido» tra famiglie per combattere la crisi

Paolo Ferrario sabato 19 gennaio 2013
«Perché aiutate solo me? Perché non aiutate anche i miei genitori? La mia famiglia ne ha bisogno quanto me». Questo appello di un minore in affido diurno è stato il primo mattone del progetto “Una famiglia per una famiglia”, nato dieci anni fa a Torino su iniziativa della Fondazione Paideia (che da vent’anni si occupa di bambini in difficoltà), oggi presente in diverse città d’Italia. L’ultima, in ordine di tempo, a farlo proprio è stata Novara, dove la sperimentazione partirà entro fine gennaio e si svilupperà nel corso di 15-18 mesi a seconda delle problematiche affrontate. Promotori sono il Comune di Novara, con il suo Centro per le famiglie, la Fondazione Paideia, la Cooperativa Elios, il Centro servizi per il volontariato della Provincia di Novara, la Fondazione De Agostini e la Fondazione della comunità novarese. Queste ultime contribuiscono finanziariamente con 80mila euro in due anni: 50mila la Fondazione De Agostini e 30mila la Fondazione novarese.Innovativa forma di affido, il progetto prevede che una famiglia sostenga e aiuti un’altra famiglia in situazione di temporanea difficoltà, attraverso il coinvolgimento attivo di tutti i componenti di entrambi i nuclei. Tra le due famiglie si viene così a stipulare un vero e proprio patto con un obiettivo e una durata stabiliti. Ogni patto è unico perché si riferisce alle problematiche riscontrate all’interno della famiglia che ha richiesto l’aiuto e che è segnalata dalle associazioni del territorio e dai Servizi sociali. Durante il periodo di sperimentazione, a Novara saranno attivati otto progetti di affiancamento che faranno capo al Centro per le famiglie.A livello generale, invece, l’obiettivo è duplice. Da una lato, intervenire precocemente sulle problematiche familiari, per evitare l’allontanamento dei minori dal loro nucleo di origine. La seconda finalità è aumentare l’interazione tra famiglie, enti e servizi, per creare una collaborazione efficace tra pubblico e privato sociale.«A differenza delle tradizionali forme di affido – spiegano alla Fondazione Paideia – in cui l’intervento è principalmente orientato al minore, in questo progetto tutti i membri di una famiglia offrono al nucleo destinatario le proprie specifiche competenze, determinate da età, professione e inclinazioni differenti».Esemplificando, la madre può dare una mano nelle incombenze quotidiane e nella gestione della casa, il padre nei piccoli lavori e nella manutenzione dell’alloggio e i figli si possono occupare dei compiti scolastici. «L’affiancamento tra famiglie – proseguono alla Fondazione Paideia – permette di instaurare un rapporto di parità e reciprocità che sostiene senza dividere, con uno sguardo diverso sulla famiglia, vista come una risorsa e non come un problema».Dove è stato applicato, questo metodo ha dato buoni risultati, contribuendo, per esempio, ad abbattere il muro di diffidenza, se non di aperta sfiducia e anche di timore, tra le famiglie in difficoltà e i servizi sociali. L’esperienza di chi opera in questo settore dice, infatti, che spesso le famiglie non si rivolgono ai servizi perché ritengono che non siano efficaci ma anche per paura di vedersi sottrarre i figli. Il progetto “Una famiglia per una famiglia” ha contribuito a smantellare questa credenza, «lanciando un messaggio positivo alle famiglie circa la collaborazione dei servizi», come ha testimoniato un’assistente sociale di Torino, dove l’iniziativa è già strutturata.Le associazioni e le reti di famiglie sono, di conseguenza, «uno dei fulcri del progetto, perché hanno un punto di osservazione e un accesso privilegiato nella relazione con nuclei familiari in situazione di fragilità non ancora conclamata e spesso non nota ai servizi».