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Disarmo. Pressing sul M5s: «Basta vendere armi ai Paesi in guerra»

Nello Scavo venerdì 14 settembre 2018

Le attività di produzione nello stabilimento Rwm di Domusnovas, in Sardegna

L’esportazione di bombe che fanno stragi nello Yemen continua. E la multinazionale Rwm insiste nel progetto di ampliamento della fabbrica sarda. Intanto il pressing della società civile sul governo, a cui viene chiesto lo stop all’export di morte, potrebbe portare a una svolta.

Appena tre giorni fa il vicepremier Luigi Di Maio aveva detto che «non vogliamo continuare ad esportare armi verso Paesi in guerra o verso Paesi che è risaputo li vendono a chi è in guerra. Vogliamo innovare anche in questo campo ». Parole a cui le associazioni hanno reagito con cautela. Nei giorni scorsi, infatti, la Spagna aveva annunciato lo stop alla cessione di bombe adoperate dall’Arabia Saudita nel conflitto yemenita. Poi però, davanti alla minaccia di vedersi stracciare da Riad diversi contratti per forniture miliardarie di navi militari costruite nei cantieri iberici, Madrid ha fatto marcia indietro.

Il Movimento 5 stelle negli anni scorsi era stato in prima linea contestando proprio l’esportazione delle bombe assemblate dalla multinazionale tedesca Rwm in Sardegna. «Ci saremmo aspettati - commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Opal di Brescia - che il “governo del cambiamento” e soprattutto il M5S avesse mostrato subito un qualche segno di discontinuità rispetto al governo Gentiloni. Governo che i parlamentari del M5S avevano espressamente accusato in Parlamento di avere “le mani sporche di sangue” proprio per le forniture di bombe all’Arabia Saudita».

Qualcosa però adesso si muove. «Condividiamo pienamente le dichiarazioni del ministro Di Maio sulla necessità di cessare la vendita di armi italiane a Paesi in guerra e presto avvieremo iniziative parlamentari per imprimere un cambiamento anche in questo settore». Lo ha detto il senatore Stefano Lucidi, capogruppo M5S alla commissione Affari Esteri, sottolineando come «i precedenti governi abbiano violato la legge 185 del 1990 sull’export bellico e ignorato ben tre risoluzioni del Parlamento europeo continuando a vedere bombe all’Arabia Saudita accusata da Onu, Ue, Amnesty e Human Rights Watch di crimini di guerra in Yemen». Dalle parole di Lucidi, però, si intuisce che non sono state ancora prese decisioni: «È arrivato il momento di riaccendere i riflettori su questo delicatissimo aspetto della politica estera del nostro Paese». Perciò «continueremo il nostro lavoro e continueremo a chiedere al governo di fare una scelta», avverte Francesco Vignarca, uno dei leader di Rete Disarmo. «Si tratta di una decisione politica – aggiunge – che può e che deve essere presa, e con il coinvolgimento della società civile proseguiremo nel tenere alta l’attenzione su questi temi».

Il tempo degli slogan elettorali «è finito, ora bisogna misurarsi con la realtà, con la propria coscienza, con il rispetto della legge e della nostra Costituzione», insiste don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, che non nasconde un timore: che vada a finire come con i caccia F-35. «Gli esponenti M5S prima di andare al governo promettevano che l’Italia si sarebbe tirata fuori dalle spese folli per questi aerei da guerra, poi - ricorda don Sacco - una volta arrivati a Palazzo Chigi hanno cominciato a riconsiderare quelle promesse, dicendo che bisogna valutare con calma, che non si può tornare indietro».

Pochi giorni fa l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha ribadito che lo Yemen rappresenta attualmente la peggiore crisi umanitaria al mondo, con circa 22 milioni di persone, pari al 75% della popolazione, che necessitano di una qualche forma di assistenza e protezione umanitaria. È alta la preoccupazione per la popolazione civile colpita dal conflitto, in particolare per i circa 2,3 milioni di sfollati e oltre un milione di rimpatriati, così come per i 270 mila rifugiati e i 10mila richiedenti asilo presenti nel paese.

All’inizio di agosto un raid saudita aveva colpito uno scuolabus uccidendo 40 bambini e una decina di adulti. Secondo Human Right Watch sono state «oltre 50» le stragi di civili commesse dalla coalizione a guida saudita. «Individui nel governo dello Yemen e della coalizione, tra cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, potrebbero aver condotto attacchi che possono costituire crimini di guerra», ha denunciato una commissione incaricata dal Consiglio Onu per i diritti umani di indagare. Dall’inizio del conflitto, nel 2015, si stima che almeno diecimila persone siano state uccise, e tra questi più della metà erano civili. I raid aere compiuti dalla coalizione a guida saudita sono incessanti, al ritmo di decine per settimana.

Il fallimento del negoziato convocato a Ginevra la scorsa settimana non lascia presagire un termine imminente del conflitto. I sauditi, perciò, continuano ad approvvigionarsi. La branca italiana della tedesca Rwm, non a caso, insiste nel chiedere alla Regione Sardegna un ampliamento dello stabilimento di Domusnovas, nel quale compiere anche «sperimentazioni». Una prospettiva che suscita timori, tanto da far chiedere a organizzazioni territoriali e associazioni una approfondita valutazione, ma Rwm nei suoi ultimi documenti depositati a Cagliari invita la Regione a non tenerne conto.